Donald Trump e le strane primarie USA

Creato il 18 agosto 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Donald Trump by Michael Vadon

di Michele Marsonet. Prima dell’inizio ufficiale della campagna elettorale USA nessuno ipotizzava che un personaggio pur popolare, ma anche sgradevole da molti punti di vista, come Donald Trump balzasse subito in testa nei sondaggi per quanto riguarda il partito repubblicano. Invece è accaduto, e la sorpresa è stata grande. A capo di un impero economico e mediatico che lui stesso fa ammontare a 9 miliardi di dollari (anche se stime più prudenti riducono la cifra a 4 miliardi), il nostro è, per così dire, la quintessenza dello spirito americano nella sua versione più rozza e rampante.

Per intenderci, al suo confronto Silvio Berlusconi – l’unico politico italiano cui può essere accostato – fa la figura di un pretino timido ed educato. Già, perché il miliardario nato a New York nel 1946 (69 anni, quindi), era già notissimo per il suo linguaggio colorito e spesso volgare, di cui si vanta senza remore. E, nel corso dei dibattiti elettorali tra i candidati del GOP, ha confermato in pieno la sua fama attaccando a testa bassa tutto e tutti. Non solo Hillary Clinton e Barack Obama (entrambi aborriti), ma anche i colleghi di partito. Jeb Bush in primis, dato all’inizio come favorito, e che ora si trova a rincorrere il miliardario e showman distaccato di molti punti nei sondaggi.

Il termine “showman” che ho appena usato è estremamente importante. Trump ha infatti una grande esperienza televisiva, dal momento che gli americani lo conoscono anche (se non soprattutto) per il reality show “The Apprentice” trasmesso dalla NBC. Programma che ha poi avuto una versione italiana su Sky con protagonista (guarda caso) Flavio Briatore. Per farla breve, il buon Donald è uno che buca letteralmente lo schermo. Lo sa, e ne approfitta usando con grande abilità ogni trucco del mestiere.

Ciò detto, parrebbe logico non dare troppa importanza alla sua candidatura. E invece gli altri protagonisti repubblicani della campagna sembrano sempre più preoccupati. Giustamente, poiché quando lui entra in scena spopola e fa saltare il banco. E’ un personaggio che, come si suol dire, sa parlare alla pancia piuttosto che al cervello della gente, sfruttando a suo vantaggio temi che preoccupano l’opinione pubblica come quello dell’immigrazione clandestina (tutto il mondo è paese). Propone soluzioni estreme e roboanti, difficili da mettere in pratica, ma in grado comunque di catturare l’attenzione di vasti strati dell’elettorato USA. Si vanta inoltre di “aver sempre vinto” nel corso della sua vita e questo, in America, impressiona favorevolmente.

Qui bisogna però aprire una piccola e importante parentesi. Trump rammenta da vicino la vicenda di un altro miliardario, Ross Perot, il quale si candidò come indipendente nel 1992 e 1996. Ottenne un sacco di voti senza raggiungere la presidenza. Molti tuttavia ritennero che la sua presenza avesse favorito le due vittorie di Bill Clinton danneggiando parecchio i repubblicani. E infatti Trump ha già ventilato l’ipotesi di una sua corsa indipendente qualora venisse sconfitto nelle primarie del GOP. Ipotesi che per ovvi motivi è un incubo per i repubblicani e una lieta notizia per i democratici, che ricordano benissimo l’episodio di Perot.

In ogni caso questo incredibile candidato ha capito benissimo alcune cose. In primo luogo che attaccare il “politically correct” rende molto. Non si contano più le sue battutacce sulle donne, che pur dice di amare e di ammirare. Tra l’altro ora salta fuori che in passato avrebbe corteggiato in modo ossessivo, sino a sfiorare l’accusa di stalking, la principessa Diana d’Inghilterra, venendo da quest’ultima mandato al diavolo perché lo giudicava “disgustoso”. Ovvie e scontate pure le battute continue sui gay e sui matrimoni omosessuali.

Assai più delicato il tema dell’immigrazione – soprattutto quella clandestina – cui accennavo in precedenza. Trump ce l’ha soprattutto con i messicani e le sue esternazioni mettono in grande imbarazzo Jeb Bush, che ha sposato per l’appunto una messicana. Propone di erigere un muro “invalicabile” lungo l’intero e lunghissimo confine tra USA e Messico, scordando che nella storia i muri invalicabili non sono mai esistiti (neppure la Grande Muraglia cinese, che i mongoli superarono senza eccessive difficoltà). E’ inoltre nettamente contrario alla politica obamiana volta a legalizzare buona parte dei clandestini. A suo avviso occorre invece espellerli in massa e senza distinzioni, senza d’altro canto precisare come tale operazione dovrebbe svolgersi dal momento che coinvolgerebbe molti milioni di individui.

Superfluo – penso – citare tutte le “stranezze” della campagna del miliardario. Mi pare più utile notare che da qualche giorno lo attaccano anche i candidati democratici, e soprattutto Hillary Clinton, i quali prima l’avevano ignorato. Segno che la sua presenza viene percepita come un pericolo da tutto il mondo politico americano a causa del grande favore popolare di cui tuttora è detentore.

E, per finire, chiedo se è davvero possibile immaginare un Donald Trump come 45° Presidente degli Stati Uniti. A me non sembra, anche se ora l’apparenza indica il contrario. Occorre infatti rammentare che, giunto alla resa dei conti, l’elettorato americano non ha mai favorito le posizioni estreme, di destra o di sinistra che siano. Lo scenario più plausibile lascia intravedere Trump prima sconfitto dalla macchina del GOP, poi candidato indipendente e, in quanto tale, perdente nella votazione finale a dispetto delle somme enormi investite nella sua campagna. Il problema vero, pertanto, è che ancora non si capisce chi potrebbe vincere le primarie all’interno dei due partiti tradizionali.