“La mia poesia non è diversa dalla poetica dei resti delle stoppie”
Donizete Galvão è nato a Borda da Mata, una piccola città nel sud di Minas il 24 agosto 1955, da una famiglia di condizioni economiche molto modeste: la cultura, i libri erano per i ricchi. Per i poveri non c’era nemmeno una biblioteca pubblica.
A diciotto anni perde il padre, assenza che segnerà definitivamente la sua vita. La nonna, Ana Marques Moreira (Anita) dalla città di Rio Conservatorio, è stata la figura che più ha influenzato la sua infanzia, donandogli amore e aiuto.
Il suo primo contatto con la poesia è stata la lettura della poesia “Infanzia”di Carlos Drummond de Andrade in seconda elementare.
Mio padre montava a cavallo, e andava nei campi.
Mia madre restava seduta a cucire.
Mio fratello piccolo dormiva.
Io bambino solo tra i manghi
leggevo la storia di Robinson Crusoe.
Lunga storia che non finisce mai.
Più tardi scopre la poesia di Fernando Pessoa, Manuel Bandeira, João Cabral de Melo Neto. Donizete Galvão inizia a pubblicare nel 1988. La sua prima raccolta è “Azul Navalha, a cui seguirono As faces do rio (1991), Do silêncio da pedra (1996), A carne e o tempo (1997), Ruminações (1999) Mundo mudo (2003) e “O homem inacabado” (2010). Il diciassette febbraio 2003, in un’intervista rilasciata al Professore Jardel Dias Cavalcanti, Donizete Galvão dice che non ama essere chiamato poeta, quanto autore di libri di poesia e di cercare nella poesia un modo per sopportare il mondo, come il bue il suo giogo. Infatti, una delle caratteristiche della sua poesia è l’adesione alla realtà. Egli sa che più che il cantare è il vivere. Ed è quello che suggerisce alla fine di una delle sue più belle poesie tratta dalla raccolta Ruminações (2000).
Mappa
senza conforto né speranza
con la pazienza di un bue
segui la tua strada sbagliata
la via delle parole
segna i passaggi
delle frasi lo strisciare
le mappe del dolore e del dispiacere
Sempre dalla stessa raccolta: AUTO-RITRATTO DI BUE
Io bue.
Bue di me stesso.
Bue scaltro.
Bue da giogo.
Bue da carro.
Bue da bus.
Bue da aratro.
Bue sanguinante per un pungiglione.
Bue da trasporto.
Bue in palazzo di vetro.
Bue con distintivo e posto assegnato.
Bue validato.
Bue tra il bestiame della città.
Bue messo al bando.
Bue infestato.
Bue in ginocchio senza un muggito
al buio.
Nel recinto dell’insonnia,
rumino parole pascolate
sul precipizio dei giorni.
La raccolta Mundo mudo, lo vede osservatore vigile e critico del mondo simbolico della provincia e lo intreccia a quello urbano. Senza cedere a facili giochi verbali o a facili ironie a buon mercato, affronta temi sociali, con la densità metaforica che gli è propria: riflette sulla condizione dell’essere umano che dal fieno passa all’asfalto, dalle pietanze cucinate sul fuoco passa ai fast food, con l’intenzione di rompere l’indifferenza che attanaglia un “mondo muto”.La raccolta si divide in tre parti.
Nella prima parte, “la notte delle parole”, predomina l’universo poetico dell’autore, il suo proprio mondo muto
un corpo che pesa
fatto di pietra e ferro
un corpo spesso
con articolazioni calcaree
un corpo che si esaurisce
dal tanto dolore
un corpo muraglia
impenetrabile
allo spirito che ronda
senza riuscire ad abitarlo
Nella seconda parte, “gli uomini e le cose”, il poeta volge lo sguardo principalmente agli oggetti e alle provocazioni estetiche:
senza gli oggetti
il corpo non ha gravità
diapason
equilibrio
il corpo ha bisogno di contrappesi :
il tavolo
la porta
il letto
cavità dove lancia i suoi chiodi
senza gli oggetti
il corpo si perde nei buchi
inghiottiti dalla mente
si disperde in cerchi centrifughi
il corpo ha bisogno degli oggetti
perché questi confermino
la sua esistenza in fuga
Nell’ultima parte, “gli uomini senza dimora”, l’attenzione è rivolta a coloro che abitano nelle strade, sotto i ponti come già aveva fatto nel libroA carne e o tempo (1997)
Fermo nel traffico della Marginal(…)
Ah, che triste figura facevi, amico!
Tu eri poco più di un topo.
In Mundo mudo, il poeta sembra ricordarci che, anche se possiamo fare poco per rompere l’indifferenza del mondo muto, possiamo per lo meno dedicarci alla salutare, benvenuta e rara pratica dell’attenzione, da lui definita “forma naturale di preghiera”. I versi suonano come un grido disperato, d’accusa, dato che il libro viene pubblicato nell’esatto periodo in cui vari senza tetto della città di San Paolo vengono assassinati, senza che mai si sia potuto risalire ai colpevoli. Come dire che il mondo, di fronte a certi avvenimenti, ammutolisce o viene zittito.
Mondo muto
Salta, mondo
fuori da questo grumo di pietra
in cui
sei intrappolato
ogni strada finisce in un muro
ogni parola è
colpa
salta, mondo
fuori da questo grumo
di pietra
gli strati alluvionali
sembrano sollevare
un granello
un bocciolo
il grido di coloro che sono
stanchi di ascoltare
il tuo corpo
ferito
In quello stesso anno, Manoel Mattos, vicepresidente del partito dei lavoratori dello stato di Pernambuco e attivista per i diritti umani, in un documento elaborato in collaborazione con la procura, forniva testimonianza di oltre cento omicidi, compiuti da membri degli squadroni della morte locali, al Relatore speciale dell’ONU in visita in Brasile. Manoel Mattos venne poi assassinato il 24 gennaio del 2009, come a voler ristabilire la regola del silenzio che il poeta Donizete Galvão denunciava.
I temi principali sono: il lavoro, l’insonnia, la vecchiaia, l’oscurità, la caducità della vita, il passato, il dolore, ma ogni tema non è nucleo isolato, bensì interconnessione di associazioni, immagini o idee.
In questo libro, il poeta non scava solo il mondo, ma anche l’animo umano, di cui ne mette a nudo le sofferenze, le frustrazioni e lo fa con la bellezza straziante dei suoi versi, con l’incanto prodotto dal riflesso del suo specchio interiore. Ne viene fuori un mondo schizofrenico, perché mentre cura indebolisce, mentre incanta, offende e l’uomo che lo popola è pieno di sentimenti contrastanti:
lontano da te
quest’altro che sono
riceve un soffio di fogna
dal fiume
dalle acque di piombo,
nel treno, chiude gli occhi
alla vista pesante
non fa male
non più di quello che già ferì
vaga per i marciapiedi
in cerca di ragioni murate
e per questo vagabondaggio
senza pace
consulta la religione oscura degli uccelli
e una ragione di gioia per cantare
Dal suo guardare, osservare, cercare, Donizete Galvão con tratti nitidi e che non offrono alcuna scappatoia ci fa la sintesi dell’uomo del nostro tempo nella poesia che dà il titolo a questa sua ultima raccolta:
L’uomo incompiuto
non ha posizione
a letto
che gli dia conforto.
Le notti intere lotta
con il materasso
senza che il suo corpo
storto
possa trovare riposo.
L’uomo incompiuto
gira a vuoto il pensiero
come di una macchina
le ruote
bloccate nel fango.
Sitografia:
www.rosanycosta.com.br : [PDF]Donizete Galvão – Rosany Costa
http://www.algumapoesia.com.br/poesia/poesianet019.htm
http://www.textopoetico.com.br/index.php?option=com_content&view=article&id=184&Itemid=39
http://www3.unisi.it/semicerchio/upload/sc32-33_Brasiliana.pdf