E' con immenso piacere (e ritardo, sob!) che posto questa bellissima email, inviatami da Mariella in risposta al post nel quale ho dato sfogo alle mie difficoltà nel mettermi nei panni di un capo (vai al post "la solitudine del capo").
"Qualsiasi uomo ti faccia sentire in dovere di spiegargli chi sei, è sbagliato". Potrei aggiungere, dall'alto del mio tacco dieci di "capo solo" che: "Qualsiasi collaboratore ti faccia sentire in dovere di spiegargli chi sei, è sbagliato". Chi non ti riconosce come capo, quando è sotto gli occhi di tutti ciò che hai creato con sacrifici, idee, progetti, rischi, cocenti responsabilità e notti insonni ... è sbagliato.
Molte di noi, donne e capi, continuano ad andare avanti pensando di non avere il diritto di concedersi nulla. Il lavoro viene sempre considerato un dovere e il rispetto un diritto. Assegnamoci il dovere di pretendere il rispetto. Concediamoci il diritto di lavorare serenamente. Siamo o no quelle che prima di mettersi al comando di un team hanno indossato scarpe da jogging e percorso le salite più ripide, scivolato nei dirupi e ci simo rialzate, ammaccate, ricominciando tutto daccapo? Siamo state e siamo sempre, in primo luogo, manager di noi stesse. E se è vero che al comando di un'imbarcazione c'è un solo capitano, è anche vero che tutte le manovre non possono che essere svolte dall'equipaggio. I marinai che sonnecchiano a poppa, si lasciano sulla banchina del porto. La cosa fondamentale è sentirsi in grado di sopportare qualsiasi cosa ci sia data di scoprire ed andare avanti nella ricerca.
Donna-Capo, ti auguro (e mi auguro) di svegliarti ogni mattina più forte del giorno prima, di sorriderti allo specchio, di sentirti bella, ma anche di piangere e trovare consolazione dentro di te, con coraggio, abbracciandoti il cuore e l'anima con rinnovato vigore e saldezza.
Ciao TaccoDieci!
Posto quella email, tanto sentita quanto intelligente, perchè per fortuna, anche se mi dispiace per Mariella, ho capito che non sono l'unica a trovare che la posizione del capo, soprattutto donna ed arrivato da poco, sia difficile. Ho fatto qualche ricerca su internet e purtroppo ho avuto modo di constatare che anche le donne considerano i capi donna delle stronze e delle vipere (tutti termini realmente utilizzati, giuro!).
Avanzo una proposta: non potremmo iniziare a suddividere i capi in stronzi arrivisti ed in persone umane e competenti, anziché in base al genere? Mi dispiace per chi ha un capo donna frustrata, che sfoga il proprio malessere sui collaboratori, ma credo proprio che non esista un binomio donna – frustrazione. Chi crede che esista tale binomio è come uno di quegli uomini che quando una donna si arrabbia liquida il suo sfogo dicendo "sarà il ciclo...".
Forse la differenza tra un capo "vero" ed uno "finto" la fanno proprio la grinta, la determinazione, il non lasciarsi abbattere da queste prese di posizione tanto acide quanto facili, andando avanti con serenità e la sicurezza nelle proprie potenzialità. Perché in fin dei conti i capi, o almeno la maggior parte di essi, come dice Mariella hanno fatto sacrifici per arrivare dove sono, anche se spesso questi sacrifici vengono dati per scontati (come ad esempio viene dato per scontato che il capo sia sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene). So benissimo che milioni di persone fanno sacrifici e non hanno in cambio nulla se non un pugno di mosche, ma è questo ad essere ingiusto, non il riconoscimento delle fatiche di alcuni, e non vedo perché chi ha ottenuto un riconoscimento debba essere bollato a priori come “stronza” o “vipera”.
Direi poi che le donne hanno già abbastanza problemi sul lavoro senza che ci mettiamo anche a fare la guerra tra noi. Anzi, forse le donne hanno così tanti problemi sul lavoro e subiscono così tante ingiustizie anche perché non siamo unite.
La Redazione