Donna schiava zitta e….cucina!

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

E’ una gabbia gigantesca come quelle che usano nelle prigioni, quella che separa la cucina dal resto dell’ambiente domestico. E’ un italianissimo spot di un altrettanto italianissimo marchio a lanciare in modo esplicito un messaggio subliminale che vorebbe le donne chiuse in cucina a preparare il pranzo e la cena al loro marito, anzichè andare ad una cenetta romantica o uscire di casa.

E’ sempre in questo spot, che la donna viene raffigurata come una schiava e pure oca, tanto oca da veicolarci i soliti triti e ritriti stereotipi che sono causa dell’incremento della violenza di genere, nata dalla convinzione che le donne sono esseri inferiori e schiave addomesticate per servire la propria famiglia.

La protagonista dello spot che per apparire ancor più stereotipata non ha nemmeno una voce sua e indossa un abito rosa anni ’50, contenta del ruolo che la società le ha assegnato e della sua cucina-galera e viene accompagnata da un claim finale che più sessista non c’è n’è.

Perchè la donna in Italia può essere solo due cose: o essere una donna oggetto (o velina) o essere un angelo del focolare e morire di violenza o se vuoi lavorare puoi avere solo un lavoro precario e morire di precarietà come le operaie morte a Barletta, morte perchè considerate cittadine di serie b, in quanto donne, in quanto lavoratrici.

Perchè essere donna in Italia vuol dire essere considerata alla tregua di una schiava e c’è veramente molto da fare dal momento che la nostra percezione è questa. Perchè le pubblicità parlano da sole e rivelano l’indice di civiltà di un Paese, un Paese in cui lla rappresentazione delle donne è ferma agli anni ’50 ed è dirattamente proporzionale agli omicidi per questioni di genere continuamente tramandati di padre in figlio.

Mary