Donne amazzoni

Da Psytornello @psytornello

Qualche tempo fa abbiamo parlato di “baciatrici di rospi” e dipendenza affettiva, ma quali altri ruoli può assumere una donna nel rapporto di coppia? Oggi parleremo della donna amazzone ma per capirne meglio la peculiarità è indispensabile fare un breve cenno alla mitologia. Chi erano le amazzoni?Gli autori classici ritenevano che il significato del termine amazzone fosse “senza seno“. In effetti si narra che queste donne si mutilassero una mammella e si dedicassero all’arte della guerra. L’asportazione del seno rappresentava dunque un segno della negazione della propria femminilità e della dedizione ad attività prettamente maschili.

La storia di Giulia è proprio quella di una donna amazzone. Era rimasta orfana di padre all’età di otto anni e da allora, viste le difficoltà che si erano trovate ad affrontare lei e la madre, aveva imparato a cavarsela da sola assumendo pian piano il ruolo di “uomo di casa”. Si era ripromessa di diventare un avvocato di successo e di fare in modo che la sua famiglia non dovesse più trovarsi in ristrettezze economiche. Con grande tenacia si era iscritta all’Università ma aveva trovato anche un lavoretto che le consentisse di mantenersi agli studi. Era diventata molto forte e determinata e la sua voglia di affermarsi l’aveva portata a laurearsi nei termini, nonostante gli impegni lavorativi. E così in pochi anni era diventata un avvocato d’ufficio, trovandosi a difendere i delinquenti della peggior specie, con piglio e determinazione tali da far invidia ai migliori principi del Foro.

Che c’è di male in tutto ciò, mi chiederete? E’ mica una colpa essere una donna in carriera, capace di affrontare da sola qualsiasi difficoltà. In effetti non c’è proprio nulla di male. In realtà il problema di Giulia risiedeva nel suo desiderio costante di sentirsi dominante nei confronti dell’altro sesso, a tal punto da essere anche svalutante. Allo stesso tempo però cercava un uomo che riuscisse a tenerle testa. Una gran bella contraddizione! Eh sì, perché Giulia aveva bisogno di qualcuno che si dimostrasse in grado di “domarla” e contenerla ma che un istante dopo si lasciasse sottomettere come il più docile degli schiavi.
Era così passata da una storia all’altra senza riuscire a trovare mai una quadra. Aveva conosciuto Claudio, un collega rampante come lei, con il quale era scoppiata una potente passione ma che al suo primo atteggiamento da amazzone l’aveva lasciata. Esito infausto anche nella relazione con Armando, quello che si definisce “un pezzo di pane”. L’assecondava in tutto, ingoiava ogni sua umiliazione e a queste rispondeva con ancor più dolcezza e tolleranza. Giulia si era presto stancata: non voleva certo un “uomo zerbino”. Qualche anno dopo, all’interno della sua compagnia di amici, era incappata in Sergio, suo coetaneo, laureato in Legge ma dedito a tutt’altra attività perché non era riuscito a realizzare il sogno di diventare avvocato. Li aveva subito uniti una grande passione. Sergio a letto era del tutto dominante e Giulia amava che in quel frangente qualcuno fosse potente con lei e conducesse del tutto il gioco. Fuori dalla camera da letto però le cose cambiavano. Sergio era del tutto succube: un vero e proprio “schiavo” della sua compagna. La assecondava in tutto, sopportava che sparisse per giorni senza farsi sentire, che lo ferisse pesantemente durante le loro discussioni…ma tutto veniva dimenticato durante i loro incontri d’amore. Dopo quattro anni avevano deciso di sposarsi e qualche mese più tardi erano iniziati i problemi seri per Sergio che, piuttosto disperato, aveva deciso di contattarmi.
Giulia era riuscita ad allontanarlo dalla sua famiglia e dai suoi amici con i quali, a suo dire, non riusciva ad instaurare un buon rapporto. Inoltre non perdeva occasione per umiliarlo dinanzi ai suoi amici (tutti professionisti molto rinomati in città) rinfacciandogli l’inettitudine di essersi accontentato di un lavoro “modesto”. A tutto ciò si era aggiunta anche l’amara scoperta che Giulia non desiderava minimamente avere un bambino perché pensava che la maternità avrebbe interferito con la sua carriera: e aveva preso questa decisione senza considerare minimamente i sentimenti del marito. Sergio era stanco di sentirsi un uomo solo in camera da letto…

I colloqui psicologici con il tempo gli hanno consentito di comprendere meglio il gioco relazionale al quale stava giocando, di capire che il rapporto con Giulia sarebbe andato avanti solo se lei avesse continuato a dominarlo e contemporaneamente a sentirsi dominata, ma solo alle sue regole. Il giorno in cui Sergio si fosse ribellato al suo atteggiamento da despota lei avrebbe perso qualsiasi interesse in quella relazione e lo avrebbe lasciato.

Perché vi ho raccontato questa storia? Perché è importante riconoscere che ognuno di noi gioca un ruolo nelle proprie relazioni ma è anche fondamentale essere in grado di cambiare il personaggio che si sta interpretando. Non è patologico di per sé essere amazzoni, baciatrici di rospi o altro, può esserlo il fatto di esasperare uno specifico ruolo senza essere in grado di assumerne un altro.

Fonte:

Gli errori delle donne in amore – Giorgio Nardone, 2010 – Ponte alle Grazie


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