Donne dei gatti

Creato il 02 giugno 2010 da Leonardocaffo

"La gattara è, era, una figura del limite, che si muoveva ai bordi della civiltà, nelle nicchie, negli angoli rimasti un po' selvaggi,
dove vive
l'antico popolo dei gatti di Italo Calvino.
I gatti e la gattara stessa possono essere interpretati come il selvatico residualeche sopravvive nelle città, personaggi un po' di frontiera.
Una selvaticità che negli ultimi anni è in corso di domesticazione".


Roma, 1974

Nascosto nel post precedente come un gatto infrattato, c'è un link ad un bel saggetto di Anna Mannucci dal curioso titolo di La donna dei gatti : dalla gattara anomica alla tutor della legge 281 [*]. Lo riposto qui, consigliandone caldamente la lettura alle/agli amanti dei gatti: son solo 19 pagine, figure incluse.
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Ok, ok, vi faccio un riassuntino :)

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C'era una volta il randagismo.
E c'era una volta anche la lotta al randagismo -rivolta principalmente ai cani- che consisteva nell'accalappiare gli animali, portarli al canile, attendere tre giorni e poi sopprimerli, gasandoli.
Questo è quanto avveniva in Italia, sino al 1991.
Nel 1991, in materia di "animali di affezione e prevenzione del randagismo" arriva la legge 281, che muta radicalmente la prospettiva: è vietato sopprimere i cani rinvenuti vaganti, è vietato maltrattare i gatti che vivono in libertà, il nuovo metodo per controllare le loro popolazioni non è più la soppressione bensì la limitazione delle nascite.
Una legge di civiltà che a volte gli animalisti -mutatis mutandis- paragonano alle grandi leggi di riforma degli anni '70 (statuto dei lavoratori, diritto di famiglia, sanità) ed in particolare alla legge Basaglia sulla chiusura dei manicomi: "problemi" non più occultati e rimossi, ma "accolti" nella società. Poi uno legge di medici invitati alla delazione e questa della società accogliente sembra una fiaba scritta due bilioni di anni fa (ma non divaghiamo).

Rabat
Haifa 

  

"Seguendo le gattare nei loro giri
si vedono sempre i gatti che le aspettano
nel posto e nell'ora giusta"
 


Gattare: bizzarre ladies -benefattrici, squilibrate o perditempo?- che spontaneamente si occupano dei gatti randagi. Vi sarà capitato di vederle all'opera, o magari di conoscerne una: in Italia è un fenomeno tipicamente urbano, ed è/era una figura anch'essa un po' randagia, marginale, di confine, in passato sempre in conflitto quasi paranoico con le istituzioni, il vicinato ed i geometri dei cantieri ("sono tutti contro di me"). Il suo imperativo categorico di base è: dar da mangiare agli affamati. Il numero dei gatti che sfama può variare da tre a molte decine, o centinaia: un impegno che richiede organizzazione, spese, orari fissi (perché "i gatti lo sanno e aspettano") e che non concede vacanze. Una missione che -nelle parole delle gattare intervistate- è sofferenza; un dovere, un obbligo morale al quale non ci si può sottrarre. Una figura tragica, quella della gattara: c'è chi l'ha accostata -addirittura- ad Antigone.
Uno dei compiti più tragici che questa donna si assumeva, in passato, era quello di uccidere i gattini -in particolare le gattine- neonati, prima che aprissero gli occhi, quasi sempre affogandoli.
La si nomina al femminile perché -praticamente sempre- è donna. Sino ad una ventina di anni fa dare della "gattara" ad una donna era un insulto bello e buono: lo stereotipo la voleva infatti "vecchia, brutta, zitella, sola, povera, emarginata, di cattivo carattere e scarsa pulizia". E forse un po' strega.


Creta
"I gatti chiamano, anche senza miagolare, e la gattara va,
con i suoi piattini di cibo,
che qualcuno potrebbe interpretare come offerte propiziatorie.
Non rispondere a quel richiamo per lei è impossibile."

 

  

California

Con la legge 281 il gatto "randagio" italiano diventa gatto "libero".
La 281 ha alcune lacune: non specifica a chi competa la cattura dei gatti, chi li debba portare in ambulatorio per la sterilizzazione, chi ne curi la degenza post-operatoria. Ma, di fatto, la cattura non traumatica dei mici può avvenire soltanto con la collaborazione dell'unica persona in grado di avvicinare le colonie dei liberi felini: la gattara. Un riconoscimento di ruolo sociale che l'ha lentamente riscattata dall'emarginazione.
La gattara selvaggia è perciò andata addomesticandosi, sino ad evolvere in gattara istituzionalizzata. Ora è infatti la "responsabile di colonia felina", in qualche caso munita di patentino comunale, che si rapporta con istituzioni, veterinari, Asl e che -all'occorrenza- sa maneggiare leggi, ricorsi e petizioni: un'intensa attività sociale.
Non più conflitto, ma negoziazione: "la gattara ora ha la legge dalla sua e lo sa. La 281 è citata ripetutamente, come un litania, come un mantra".

 

Singapore

Il termine "gattara" ha oggi perso ogni accezione negativa: dall'impotenza di un tempo si è passati all'orgoglio gattaro.
Nel 1995 i veterinari veneziani hanno ufficialmente definito il gatto come "arredo urbano", e la gattara come "tutor".
A Roma è in vigore il decalogo comunale dell'ecogattara: una serie di"regole che vogliono mettere ordine ad un'attività di base assolutamente irrazionale, un tentativo di governare le passioni".
"Antigone, insomma, è diventata una funzionaria statale".

La situazione dei gatti, complessivamente, è ormai molto migliorata.
La signora I.A., milanese, settantenne, combattiva ex-gattara, ha perciò deciso di diventare piccionara :-)

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[*] Il saggio è comparso su La ricerca folklorica n. 48, ottobre 2003, ed èonline grazie a Sandro Zucchi, docente alla Statale di Milano responsabile del "Seminario permanente su etica e animalismo" e di Quilp, il blog del seminario.
Le citazioni dal saggio sono in corsivo.
Foto da Flickr (5 credits su 6 nelle dida, autore della gattara californiana cercasi).


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