“Donne sull’orlo di una crisi di nervi” di P. Almodovar

Creato il 30 settembre 2013 da Soniab

Adoro quei film provocatori e ironici che riflettono su tematiche anche serie strappandoti un sorriso. Li adoro ancora di più se si concentrano sui rapporti tra uomo e donna, in cui emergono gli aspetti che più ci caratterizzano. “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” è un film del 1988 di Pedro Almodovar che io ho visto solo ultimamente, restandone “avvinghiata” per tutta la durata, con un sorriso sulle labbra. Il regista è noto per i temi a lui più cari quali i rapporti tra le donne, l’ambiguità sessuale, l’amore e la passione, l’omosessualità trattata in chiave ironica e la critica alla religione.   In merito al film di cui vi parlo oggi, egli stesso ha detto: “Una commedia sofisticata, molto sentimentale. Qualunque stramberia appare verosimile se implica dei sentimenti. L’emozione sentimentale è sempre il miglior veicolo per raccontare qualunque storia. E l’allegria, ovviamente, lo stavo dimenticando. Perché da una commedia, di qualunque tipo essa sia, deve traspirare allegria”.  

L’amore e la sofferenza sono il fulcro intorno al quale ruotano i personaggi e si dispiegano in forme parodistiche, tra simbologie e prototipi. Tutto ha inizio quando Pepa, doppiatrice cinematografica, viene lasciata dal fidanzato Ivan tramite un messaggio lasciato in segreteria proprio nel momento in cui scopre di essere incinta.    Pepa è determinata, dinamica, esprime e crea movimento. È decisa a incontrarlo e inizia a cercarlo ma lui non si fa trovare oppure le dice, tenendo si a distanza e senza vederla, bugie che lei svela immediatamente.    Ivan rappresenta il prototipo di uomo fredifrago e vigliacco, l’elemento verso il quale e a causa del quale si mettono in moto gli inseguimenti e il movimento del film.   Sono due personaggi diversi, alla schiettezza e al coraggio di Pepa corrisponde l’inettitudine e l’irresponsabilità di Ivan. Ad ogni mancanza di Ivan corrisponde una reazione di Pepa, fino all’innescarsi di un meccanismo senza controllo che troverà pace solo sul finale.    Gran parte della vicenda si svolge nell’attico di Pepa in cui vivono diversi animali e dove finiscono per raccogliersi personaggi fuori dalle righe come l’amica Candela, Carlos, figlio di Iván con la sua fidanzata, Lucía, moglie di Iván e madre di Carlos, una coppia di poliziotti, un tecnico telefonico. L’attico funge da palcoscenico e luogo in cui Pepa accoglie chi le sta intorno. È una specie di spazio che “abbraccia” e permette lo sfogo della rabbia, le confidenze e la solidarietà. Qui ciascuna delle reazioni delle donne sembra avere legittimità, perché di fronte al silenzio, agli imbrogli e alle bugie che ciascuna si porta dietro insieme alla sua storia, anche un telefono scaraventato fuori dalla finestra ha la sua ragione d’essere.

Il telefono è l’oggetto feticcio della narrazione, intorno ad esso si susseguono attese, chiamate, non risposte. Lanciato via, distrutto e sistemato e poi di nuovo in pezzi. Il telefono è rosso, lo sono anche i pomodori e il gazpacho. Il rosso è il colore per eccellenza scelto dal regista.   Si lega alla passione, alla rabbia, alla gelosia.   Dettagli rossi caratterizzano anche l’abbigliamento di Pepa e delle altre donne sempre in abiti abbastanza vistosi.

Oltre ad Ivan, sono presenti altri personaggi maschili che aiutano le donne nei loro inseguimenti e appaiono solo in questa funzione. Gelosia, follia, mancanze.   L’amore è il tema centrale del film, l’amore che si porta dietro diverse espressioni e situazioni.   Donne e uomini.   Donne che non riescono a comunicare con gli uomini e uomini che finiscono per “sbiadirsi” di fronte ai punti di forza che le donne generano dalle proprie debolezze, mentre cercano di restare a galla sul limite, in quella zone borderline prima dello scoppio…di nervi.


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