Doping – Landis, Armstrong e lo sport “born in USA”

Creato il 20 maggio 2010 da Sport24h


La notizia è talmente ghiotta che un po’ tutti i giornali online l’hanno riportata (aspettiamoci approfondimenti sul cartaceo): Landis, vincitore del Tour del 2006, poi trovato positivo al testosterone e per questo squalificato, nei mesi scorsi avrebbe inviato diverse email ai rappresentanti del governo USA e internazionale del ciclismo (leggi federazione nazionale e UCI) in cui coinvolge anche Armstrong.
La notivia vale la pena leggerla alla fonte. Nasce da un’inchiesta del WSJ e si scopre qualcosa di più di quanto raccontano i giornali nostrani. In particolare si fanno nome e cognomi di quanti, a detta di Landis, avrebbero condiviso con lui pratiche illecite. Nell’ordine: Armstrong, Hincapie, Leipheimer e Zabriskie (corridori), Bruyneel, Rihs (dirigenti). Praticamente tutto il ciclismo “made USA” degli ultimi anni. Quello, per intenderci, che ha dominato le corse a tappe del terzo millennio e che ha fatto cadere nel dimenticatoio un pionere come Greg Lemond, il quale, seppure anch’egli indiziato di pratiche illecite, appare agli occhi di tutti, con il suo famoso incidente di caccia e pallettoni nel posteriore, una figura romantica e di un’altra epoca. Se la notizia dovesse essere confermata, altro che operazione Puerto e affare Festina. A finire sotto i riflettori (poco piacevoli) del doping sarebbe tutto il sistema sportivo americano, che collezionerebbe l’ennesima brutta figura, dopo quelle dell’atletica e dello sport professionistico. Ad uscirne a pezzetti sarebbe il sistema nel suo complesso: USA come DDR…altro che chiacchiere!
AU


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