Dopo 33 anni la prima verità

Creato il 29 gennaio 2013 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

Enrico Mentana, nel Tg serale, afferma che è una questione che ci riporta alla storia di oltre trentani fa. La sciagura di Ustica. Quell’aereo di linea in volo da Bologna a Palermo che fu, in circostanze che non sono mai state chiarite ufficialmente abbattuto, con un carico di 81 passeggeri. Tutti morti. Ora,  secondo la corte di Cassazione, fu certamente abbattuto da un missile e per questo vanno risarciti i familiari delle vittime.

È curioso che ci vogliano trentanni e una sentenza della Cassazione per fissare questa verità giudiziaria. Ovviamente si sono riaperte polemiche infuocate su questa oscura pagina della nostra storia, tra l’altro  cinque settimane prima di un’ altra strage, quella della stazione di Bologna. Una terribile estate quella del 1980. A causare la strage nei cieli di Ustica che costò la vita a 81 person , 33 anni fa, fu un missile che colpì l’aereo. Una prima verità che viene stabilita. Non fu garantita la necessaria siurezza dei cieli con i radar.

Era il 2007 quando l’ex Presidente del Consiglio, Cossiga disse che ad abbattere il DC9 dell’Itavia era stato un errore. Un missile francese puntato contro l’aereo sul quale viaggiava il leader libico Gheddafi. A riferirglielo, sosteneva Cossiga, erano stati i servizi segreti.   La Procura di Roma riaprì l’inchiesta sulla strage di Ustica. Inchiesta di dubbi e misteri che oggi, dopo 33 anni, arriva  a un punto cruciale sancito da una sentenza civile della Cassazione. La Suprema corte non svela quello che ancora oggi resta ignoto e cioè chi furono gli autori di quel disastro ma dice  che ad abbattere il DC9 dell’Itavia, precipitato il 27 giugno del 1980 a largo di Ustica, fu un missile. Questa tesi  scrive la suprema Corte, “è abbondantemente e congruamente motivata”. Così, quasi trentatrè anni dopo, i giudici mettono un punto fermo alla vicenda. Il ministero della Difesa e quello delle Infrastrutture e Trasporti sono responsabili di ciò che accadde quella notte agli 81 passeggeri, inclusi 13 bambini, di quell’aereo. E quindi devono procedere al primo risarcimento quantificato in 110 milioni di euro. Certo la sentenza non fa, né poteva farla, maggiore chiarezza su chi e perché causò l’abbattimento dell’aereo. Anzi genera anche una contraddizione con la sentenza penale che accreditava l’ipotesi dell’esplosione interna all’aereo. Ma dà un po’ di sollievo ai familiari delle vittime. 

Erano le 20.08 del 27 giugno del 1980 quando il Dc 9 dell’Itavia decollò da Bologna diretto a Palermo. L’ultimo contatto radio alle 20.59. Poi più nulla. 81 passeggeri morti. Prima l’ipotesi del cedimento strutturale, poi quella della bomba esplosa nel bagno, quindi quella della collisione con un aereo militare infine, appunto, quella del missile. I magistrati di Palermo dissero che quell’aereo fu abbattuto nel corso di una vera e propria azione di guerra nei cieli italiani, senza che nessuno degli enti che dovevano controllare intervenisse. Quella sera infatti diversi radar registrarono la presenza nei cieli italiani di molti veivoli stranieri vicino alla rotta dle DC9. Uno scenario di battaglia: con il DC9 a fare da scudo a un altro aereo. Le perizie avevano dimostrato che un secondo velivolo viaggiava “parallelo al DC9″. Invano.

Tanti di quei documenti e tracciati sparirono misteriosamnete. Molti le persone che dissero di non sapere nulla, tanto che proprio da questa inchiesta nacque il termine: Muro di gomma. Fatto sta che le inchieste sui depistaggi sono finite nel nulla, fino all’ultimo grado. Tutti assolti gli imputati per alto tradimento così come il processo sulle cause si è concluso con un  non luogo a procedere. Ignoti gli autori della strage.  Oggi, le parole definitive della Cassazione dicono  altro. Per adesso i giudici confermano la tesi del Tribunale di Palermo, accolta dalla Corte d’Appello, e respingono il ricorso dei ministeri. I familiari devono essere risarciti. I ministeri dovevano controllare i radar militari e civili. Dovevano garantire la sicurezza dei cieli. Invece non lo hanno fatto. I ministeri hanno tentato la stada della prescrizione. Hanno provato a contrastare tutte le tesi, ma la Cassazione ha respinto le linee difensive su tutti i fronti. La strage non è un reato che si prescrive.

Il 27 giugno di trent’anni fa l’aereo Dc-9 della compagnia Itavia partiva da Bologna per il suo ultimo volo verso le profondità del Tirreno, trascinando con sé le vite di 81 passeggeri italiani della cui morte nessuno è stato giudicato colpevole. L’hanno trovato con le ali a terra, i motori smembrati e l’intera fiancata destra esplosa in mille frammenti. Il fianco sinistro ha la lamiera trapassata da uno squarcio orribile. Ai piedi di questo gigante ferito i giganteschi scatoloni neri, dove sono custoditi i bagagli e gli effetti personali dei passeggeri ripescati in mare durante la mattinata successiva all’abbattimento.

La vicenda, passata alla storia come la “strage di Ustica”, è una ferita aperta nella coscienza di un Paese democratico e civile, per risanarla, ora,  bisogna chiarire anche le responsabilità internazionali. L’aereo è stato abbattuto da un missile e il fatto che i ministeri siano ricorsi contro i risarcimenti è semplicemente indecente.


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