Ad una settimana esatta dal supermartedì, il giorno in cui si è votato in ben dieci primarie repubblicane, i risultati in Alabama e Mississippi hanno ancora una volta sconvolto la corsa presidenziale dei candidati del Gop.
Se con i successi in Ohio (seppur di stretta misura) Virginia e Massachussets, Mitt Romney pareva aver rafforzato il suo ruolo di primo attore nella corsa alla Casa Bianca dei repubblicani, pur se tallonato molto da vicino dall’ex senatore Rick Santorum, con le sconfitte subite in Alabama e Mississippi, l’ex governatore rischia di porre a repentaglio la forza del suo primato.
In entrambi gli stati meridionali chi è riuscito a imporsi con grande autorità è stato ancora una volta Rick Santorum, mentre Romney è finito in terza posizione, facendo peggio anche di Newt Gingrich.
L’ex speaker ha ormai concluso la sua corsa presidenziale. Anche se non ha ancora deciso di ritirarsi, il fatto di non essere riuscito a prevalere né in Mississippi, né in Alabama - lui figlio del sud, con le sue origini georgiane – ha tolto ogni credibilità alla sua candidatura.
Anzi, se continuasse a restare in corsa, come ha più volte dichiarato, non farebbe altro che il gioco di Mitt Romney, perché continuerebbe a drenare voti a Santorum, pescando in quell’elettorato che si definisce molto conservatore nei valori e nei comportamenti e che vede come il fumo negli occhi il moderato Romney.
Non a caso vi sono stati molti tentativi dell’entourage di Santorum di convincere Gingrich a ritirarsi, in modo da concentrare su un solo uomo il voto dei conservatori, finora invano. Dopo il voto di martedì scorso anche Romney si trova in difficoltà.
Infatti, se è vero che non si arriva alla Casa Bianca facendo affidamento su una strategia fondata quasi esclusivamente sull’elettorato sudista e conservatore, come accade a Santorum, nemmeno è possibile riuscire ad imporsi a livello nazionale contando solo sul voto degli stati centrali e del nord, come sta succedendo con Romney.
In sostanza Santorum continua ad ottenere il voto degli elettori con minor reddito e con minor istruzione e l’ex governatore persiste nel catturare i voti dei più ricchi e più istruiti. Non solo, chi vota per Santorum la fa per preservare le caratteristiche di vero conservatore del loro candidato ideale, mentre chi sceglie Romney è spinto a farlo perché pensa che un uomo come lui, pur se con un pedigree conservatore poco rilevante, avrà le maggiori chance di essere eletto in un possibile scontro con Barack Obama.
Da una parte la purezza conservatrice, dall’altra l’eleggibilità del candidato. Una spaccatura che continua a persistere tra gli elettori del Gop e che potrebbe portare a uno scenario davvero inedito.
In particolare, se il vantaggio di Romney in termini di delegati ottenuti è ormai incolmabile – Santorum dovrebbe imporsi in stati di prima grandezza come California, New York o Texas, una possibilità del tutto improbabile – è però anche vero che se il duello tra l’ex governatore e l’ex senatore continuerà a riproporsi così come è accaduto fino ad ora, potrebbe accadere l’impensabile.
Romney potrebbe infatti giungere alla Convention di Tampa di fine agosto senza essere riuscito ad ottenere il numero magico di 1441 delegati, necessari per ottenere una investitura per acclamazione del congresso del partito.
Se così fosse, a Tampa potrebbe accadere di tutto. Santorum potrebbe riuscire a convincere i delegati di Gingrich o di Ron Paul a votare per lui, ottenendo così la nomination ufficiale del Gop, oppure nell’assise di partito, di fronte alla conclamata debolezza di Romney, potrebbe emergere la candidatura di un leader del tutto nuovo.
Romney otterrà probabilmente più delegati di tutti (tra l’altro, ad un costo in termini finanziari del tutto spropositato, 67.000 dollari per ognuno, contro i 17.000 di Santorum, tenuto conto di tutte le spese in spot televisivi) ma potrebbe perdere lo stesso la nomination del suo partito all’interno di una convention divisa, come non accadeva ormai dal lontano 1952.
Allora, in campo democratico, a dividersi la posta in gioco furono Estes Kefauver e Adlai Stevenson, con il prevalere di quest’ultimo, oggi, il contrasto Santorum-Romney potrebbe favorire la vittoria di un terzo incomodo del tutto inaspettato come Jeb Bush o Marco Rubio.