Comandare è uno di quei piaceri ai quali è difficile rinunciare quando ci si abitua, l’improvviso diniego può gettare nello sconcerto e disorientare anche il più freddo e distaccato dei partner. Non stiamo qui ad indagare le ragioni reali che hanno mosso l’amor di Patria in Renzi, registriamo però che al primo rifiuto dell’Italia di eseguire le direttive e sganciare altri miliardi come è stato già per la Grecia e le banche spagnole, a Bruxelles saranno stati colti tutti di sorpresa se anche il compassato avatar di Merkel a capo della Commissione, ha perso il consueto aplomb nordico ed è sbottato. Dopo averne prese tante non si poteva perdere l’occasione per restituire almeno una sberla che a Berlino è stata avvertita con particolare dolore a giudicare dalle parole di Junker. Il veto posto dall’Italia a pagare ad Erdogan il pizzo con versamenti aggiuntivi perché chiuda i cancelli agli immigrati, ha gettato nello sconforto totale la Germania ed i paesi rigorosi del nord Europa, sotto pressione per l’assalto di milioni di immigrati che dal confine turco con la Grecia, risalgono il vecchio continente. Stavolta non paghiamo e sarà una bella soddisfazione riuscire a mantenere il punto: se avete bisogno di soldi per non essere invasi come è accaduto in Italia questa ultima estate, allungate pure le mani nel bilancio già finanziato 2014-2020, qui abbiamo speso tanto per un problema che in fondo non ci riguarderebbe se non stessimo nella UE. La Gran Bretagna sono trent’anni che vive a scrocco nell’Unione e versa meno contributi degli altri paesi, la Francia sfora il deficit ogni anno e non paga dazio, la Germania non investe ed accumula surplus di bilancio di anno in anno, a voler fare i precisini, siamo in credito con l’Europa non in debito dunque, non abbiamo motivi di credere che ci bocceranno la Legge di Stabilità in primavera, osserva Zanetti. Il piano d’accatto comunque non è stato improvvisato conferma Pittella, capogruppo socialista al Parlamento europeo dove il PD è la componente più nutrita. Contro Junker, Pittella promette di aizzare il gruppo del Partito Socialista Europeo che ha i numeri per togliergli la fiducia se oltre al via libera alla Legge di Stabilità, l’Europa non mette in campo finalmente i 300 mld di investimenti programmati e non dà risposte concrete ai drammi sociali con un piano straordinario a favore dell’occupazione giovanile; se non assume misure contro il cosiddetto “dumping sociale”; se non regolarizza il “made in” per difendere l’impresa manufatturiera europea ed italiana in particolare bloccando il riconoscimento di libero mercato alla Cina; se non obbliga le multinazionali a pagare le tasse nel paese dove realizzano profitti e per finire, se non rende concreta la redistribuzione dei richiedenti asilo. Ora o mai più, sembra di capire. Identità, ideali, cultura, questa è l’Europa, altrimenti non è. Il ganassa in fondo qualcosa la dice, magari non sarà del tutto sincero e la sparata gli è servita per far risalire i sondaggi in vista delle amministrative, però non è concepibile ridurre la vita comunitaria di 500 milioni di europei ad un decalogo di regole fisse ed immutabili che per altro, l’Italia ed il popolo italiano cercano a costo di mille sacrifici, di applicare. In realtà, per quanto onerosa potesse essere la quota a carico dell’Italia, il veto sul pizzo chiesto da Erdogan per bloccare il flusso di migranti dalla Turchia diretto in gran parte verso il nord Europa, è un pretesto, in Germania è stato perfettamente compreso perciò si sono infuriati per bocca di Junker. Hanno capito che il ganassa mira al bersaglio grosso: costringere la Merkel a rivedere il fiscal compact e le regole di rientro rapido dal debito pubblico che ammazzerebbero l’economia italiana di tre generazioni se fossero applicate alla lettera. Senza contare che nel breve periodo, a Renzi verrebbero a mancare le risorse necessarie per proseguire sul sentiero sicuro delle promesse. Non dovesse spuntarla comunque, il furbone ha in mente un piano secondario, ma non meno importante: costringere la Merkel ad archiviare definitivamente le politiche di austerity e riprendere a spendere pur di mantenere il consenso. Meglio parlare chiaro allora, conferma Gozi: abbiamo capito che Bruxelles vuole rinviare i tempi per la modifica dei Trattati al 2019. Noi invece pensiamo che il processo di riforme europee debba iniziare nel 2017 al compimento del 60° anniversario. Inoltre, facciamo osservare alla Commissione che la flessibilità di bilancio non è una concessione, ma è espressamente prevista dai Trattati anche se prima della Presidenza italiana, non era mai stata applicata. Se anche un diplomatico come Gozi, nato e cresciuto nei corridoi di Bruxelles, è stato autorizzato a spazientirsi, vuol dire che stavolta l’Italia presa dalla disperazione fa sul serio. Non si è registrata però fino a questo momento alcuna solidarietà dagli altri Stati, non è un buon segno se nemmeno da Hollande e Tsipras sono pervenuti cenni di vicinanza e disponibilità politica. Quindi al memento l’Italia è sola in Europa, che ricordiamo è fatta di regole, vincoli e poco altro. Lo sa bene Tsipras che non riuscì nell’impresa perché lasciato solo anche dall’Italia, sua più prossima compagna di sventure. Corrono voci addirittura di un Napolitano agitato che telefona spesso a Renzi per sgridarlo e metterlo in guardia: la Francia è in difficoltà, la Spagna e la Gran Bretagna sono debolissime, la Polonia è sotto procedura d’infrazione, l’unica amica possibile che possiamo trovare in Europa è ancora la Germania. Ma dobbiamo rassegnarci ad obbedire, questa è la condizione data per non perire.