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Dopo i conti correnti, anche i titoli di Stato non sono più sicuri

Creato il 10 aprile 2013 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Riportiamo qui di seguito un’articolo di Maurizio Mazziero per gentile concessione del MazzieroResearch

A partire da quest’anno i risparmiatori che hanno investito in titoli di Stato potrebbero essere soggetti a una decurtazione di capitale esattamente come è successo in Grecia e senza nemmeno saper chi ringraziare.

Questo è l’effetto del decreto 96717 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non fa altro che riprendere una norma del Trattato di Istituzione del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM) sottoscritto dai 17 paesi dell’Eurozona.

Titoli di Stato

Ma cosa si dice in questo decreto e per quale motivo è rimasto sinora pressoché ignorato dagli organi di informazione?

La ragione di tanto silenzio può ritrovarsi nel cambio di paradigma a cui è soggetto l’investimento in titoli di Stato, finora ritenuti fra gli investimenti più sicuri. In pratica dall’1 gennaio 2013 tutte le emissioni di titoli di Stato italiani con durata superiore a un anno sono soggetti a delle Clausole di Azione Collettiva (CACs), con quale effetto?

Queste Clausole prevedono che i termini e le condizioni dei titoli di Stato possono essere modificati mediante un accordo tra l’Emittente (lo Stato o Ente collegato) e una percentuale di detentori (gli investitori). Le percentuali sono a seconda dei casi 75%, 66 e 2/3%, e in alcune occasioni 50%; una volta raggiunte tali percentuali le modifiche di termini e condizioni si applicano a tutti i detentori.

Vediamo le modifiche possibili, almeno le più rilevanti:

  • La data dei pagamenti di cedole o rimborsi. Ad esempio: il titolo scade nel 2017? La scadenza viene spostata al 2022. Slittamento possibile anche per le cedole periodiche.
  • La riduzione dei pagamenti e del rimborso. Ad esempio: il titolo valeva 1.000 euro? Ne verranno rimborsati solo 500. Stesso discorso per le cedole periodiche.
  • Il cambio del metodo per calcolare i pagamenti. Ad esempio: il titolo dava un rendimento connesso all’inflazione? Verrà corrisposta solo una frazione della rivalutazione derivante dal variare del costo della vita, oppure non verrà corrisposta affatto.
  • Il cambio della valuta e del luogo di pagamento. Ad esempio: il titolo era emesso in euro? Può essere rimborsato in lire, naturalmente nemmeno il valore di cambio costituisce una certezza.
  • La modifica della seniority. In pratica l’ordine di preferenza con cui il titolo viene rimborsato rispetto ad altri creditori.

Il decreto si addentra in una serie di tecnicalità, ma la sostanza in definitiva è che tutti i titoli di Stato con durata superiore a un anno emessi a partire dal 2013 possono essere modificati a piacere al fine di rispondere alle necessità di cassa dell’Emittente.

Le percentuali di accordo da raggiungere non sono in genere un problema, l’abbiamo visto in Grecia, inoltre dopo il lancio delle operazioni di rifinanziamento della BCE (LTRO) in cui vengono prestati denari alle banche a tasso agevolato, queste sono state incoraggiate a impegnare buona parte di tali somme in titoli di Stato della propria nazione. Si è così verificato un lento spostamento della composizione degli investitori verso una detenzione nazionale dei propri titoli di Stato, diminuendo nel contempo l’effetto sistemico nel caso di una ristrutturazione (default) del debito.

In una situazione a regime di questo tipo, in cui le banche nazionali potrebbero diventare le principali detentrici del debito di uno Stato; a loro volta le banche stesse in caso di difficoltà verrebbero salvate dallo Stato con i soldi della collettività. E’ facile a tal punto comprendere che in occorrenza di un default la “moral suasion” dello Stato potrebbe facilitare il raggiungimento delle percentuali necessarie a far scattare le Clausole di Azione Collettiva rendendo obbligatorie per tutti le modifiche delle condizioni di pagamento dei titoli di Stato.

Come già avvenuto in Grecia, anche le famose agenzie di rating innesterebbero un ridicolo balletto, nel momento di annuncio dell’haircut (la riduzione dei pagamenti dei titoli di Stato) porterebbero il rating nazionale a selective default per poi attribuire una settimana dopo un nuovo rating, magari migliore di prima, visto che una parte del fardello di debito è stato accollato agli investitori.
Ed è così che i risparmiatori, sapientemente orientati a investire sui titoli di Stato, grazie a emissioni dedicate (i titoli di Stato patriottici che riconoscono anche un premio fedeltà) e una tassazione più clemente (differenza di tassazione fra i titoli di Stato e gli altri investimenti) si troverebbero a quel punto ricompensati di tanta fiducia con una bella perdita.

L’Unione Europea ha mostrato di reagire lentamente alle sfide dei mercati, ma quando riesce a trovare una soluzione tende a replicarla su vasta scala; ecco che la soluzione delle le Clausole di Azione Collettiva sperimentata in Grecia è stata adottata per tutti i Paesi grazie al Trattato di Istituzione del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM).

Allo stesso modo, malgrado la smentita del Presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem fresco di nomina, non vi è dubbio nel pensare che il prelievo forzoso ai conti correnti di Cipro potrà costituire un modello esportabile agli altri paesi in difficoltà.

Riassumendo:

  • Dopo la nazionalizzazione della banca olandese SNS e l’azzeramento del capitale subordinato degli obbligazionisti, le obbligazioni bancarie non sono più sicure.
  • Dopo il prelievo forzoso dai conti correnti di Cipro, tralasciando la vicenda italiana del 1992, i soldi lasciati in conti correnti e conti di deposito non sono più sicuri.
  • Dopo il decreto sulle Clausole di Azione Collettiva, che abbiamo qui commentato, anche l’investimento in titoli di Stato non può più essere considerato sicuro.

Cambiano i tempi e le certezze vengono meno… risparmiatore avvisato mezzo salvato.


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