Dopo il muro una nuova Europa

Creato il 29 aprile 2014 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

Al Tempo e la Storia in onda su Rai 3, si parte con l’immagine di due cartine geografiche, quella dell’Europa di 25 anni fa, ai tempi della “cortina di ferro”, con i paesi del blocco orientale sotto dittatura comunista e quella dell’Europa di oggi, con 28 Stati nell’Unione Europea.

La differenza tra le due cartina è che molti paesi che facevano parte della galassia comunista oggi sono nell’UE. Una trasformazione iniziata in una data precisa: 9 novembre 1989, il giorno della caduta del muro di Berlino. Con la sua distruzione, crolla anche la “cortina di ferro” che contrassegnava le due Germanie e le due Europe. In brevissimo tempo entrano nell’UE la Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Lettonia, Estonia e Lituania. Nel 2007 Romania e Bulgaria e infine la Croazia nel 2013. Nel 2014 anche l’Ucraina ha firmato il trattato di assegnazione politica, un passo fondamentale per la sua entrata, che dovrebbe avvenire nel 2017.

Per parlare della complessa storia che va dalla caduta del muro all’entrata dei paesi un tempo appartenenti al blocco orientale, ci accompagna in studio, il professore Giovanni Sabatucci, storico dell’età contemporanea. ” Per 40anni e più, noi che abitiamo in questa parte del mondo abbiamo parlato molto di Unione Europea, in realtà ci riferivamo a metà Europa, cioè quella occidentale, dando per scontato che l’altra fosse come perduta alla democrazia. Poi tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 gli eventi quasi miracolosi, culminati nella caduta del muro ha aperto nuove prospettive. Da allora è stato tutto un accorrere delle nuove democrazie orientali  e il processo si è compito in pochi anni. Significa che quell’Europa che a noi, spesso appare come una gabbia, per quei popoli, era ed è, un traguardo e una garanzia contro un ritorno al passato”. 

Il crollo del comunismo nei paesi dell’Europa centrale e orientale, iniziato in Polonia e Ungheria e simbolizzato dalla caduta del muro di Berlino è stato un evento storico che ha cambiato completamente la faccia dell’Europa. Dopo oltre 40ani di divisione, la fine del bipolarismo tra Oriente e Occidente ha innescato un processo di unificazione che, partendo dalla Germania, ha influenzato l’intero continente.

Per capire questo processo bisogna tornare agli inizi degli anni ’80. Il colosso sovietico, guidato dal quesi 76enne Breznev, entra in un vicolo cieco.  Il paese sta per crollare. Mosca spende più del 25% del suo Pil in armamenti. Cifra insostenibile per un paese in piena stagnazione. L’Urss è una macchina arrigginita che non è più in grado di concorrere contro le forze occidentali. Nell’America di Reagan è in atto una rivoluzione digitale. Nel mondo comunista invece, si continuano a sfornare carri armati, camion e veivoli, mentre la produzione di prodotti di consumo rimane molto indietro. Cresce inarrestabile il debito dell’Urss. Le infrastrutture sono arretrate rispetto a quelle occidentali. Nel paese in cui l’età media della classe dirigente è intorno ai 70anni la potente ideologia comunista non è più in grado di rispondere adeguatamente.   Regna la corruzione e la mancanza di valori morali. I mercati neri e le imprese illegali prosperano. Quando sale al potere Gorbaciov, L’Urss è malconcia.

Improvvisamente implode e il quadro cambia rapidamente. Gorbaciov segna il cambiamento. Con la “Perestroika”, molta gente impaziente comincia a protesatre e manifestare apertamente. Nell’89 l’Ungheria e la Cecoslovacchia aprono le frontiere con l’Austria, di conseguenza migliaia di tedeschi dell’est affollano le ambasciate di Praga e Budapest per ottenere il lasciapassare e l’impenetrabile “cortina di ferro” viene scalfita. A Berlino si inneggia a Gorbaciov. Quel grido è un segnale. Il regime risponde con la polizia ma la gente oramai è intenibile. Il giorno 9 è la volta del muro che sotto i colpi dei berlinesi crolla. I tedeschi, separati dal 1961 iniziano  a mescolarsi. L’incubo della divisione Est/Ovest cade per sempre. Le due Germanie si possono vedere e toccare. Da allora ad uno ad uno, nuovi paesi si affiancano alla democrazia europea, cambiando gli equilibri politici di tutto il mondo.

Storicamenete i grandi passaggi rivoluzionari, si consumano sempre perchè il sistema collassa, dando origine ad un cambiamento.

Le nuove norme ed istituzioni che guidano gli stati europei hanno consentito certamente la tanto voluta pace economica, ma devono anche favorire lo sviluppo di una nuova società europea, multietnica e volta al progresso, che può nascere solo da una serie di rapporti sempre più stretti e lungimiranti. Dal 1989 è stato fatto molto. La caduta del muro è stata simbolicamente un sintomo di autodeterminazione da parte dei popoli che si sono sentiti vicini e che non accettavano più divisioni forzate e conflitti tra nazioni. È proprio la caratteristica nuova dell’UE, di essere multinazionale e multilingue ad essere tereno fertile per l’ampliamento delle frontiere. D’altronde solo pochi anni fa era impensabile perfino un’Unione Europea come quella in cui viviamo oggi.

Speriamo solo che l’attuale crisi non produca altre dannose spinte antieuropee e xenofobe, come quelle avvertite in questi ultimi tempi che, forse altro non sono, che la paura di non essere in grado di gestire il fenomeno di una “grande Europa”, autorevole, solidale, rivolta alla pace e allo sviluppo mondiale.  Questa realtà europea, peraltro ineluttabile, che parte dei cittadini non ha ancora compreso nella sua importanza di proceso virtuoso non può e non deve eliminare il prezioso “senso di comunità” fin’ora conquistato.


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