23 NOVEMBRE - La giornata di mercoledì non era certo iniziata sotto i migliori auspici. Dopo il mancato annuncio martedì sera del tanto atteso cessate il fuoco e dichiarazioni irriducibili di Benjamin Netanyahu, prima fra tutte la ormai famosa « […] Israele ha una mano tesa verso la pace e con l’altra brandisce la spada », si sono susseguiti per tutto il giorno i raid dell’esercito israeliano sulla Striscia di Gaza, che hanno provocato altre 22 vittime e 50 feriti. Tuttavia, quello che forse più di tutto ha scosso l’opinione pubblica e persuaso definitivamente Israele ed Hamas a formalizzare la tregua, è stato l’attentato all’autobus 142 nel cuore di Tel Aviv, primo attacco al cuore economico del paese dal 2006, che ha causato una ventina di feriti.
Quando sembrava che questo atto di violenza potesse minare gli sforzi diplomatici, è finalmente arrivato il cessate il fuoco: dalle 21 ora locale (le 20 in Italia) è iniziata la tregua fra Israele e Hamas. L’annuncio è stato dato in una conferenza stampa congiunta al Cairo dal Segretario di Stato statunitense Hillary Clinton e dal ministro degli esteri egiziano Kamel Amr. L’accordo è ancora labile, ma almeno su alcuni punti fondamentali le due parti sembrano aver trovato un’intesa. Israele si impegna a fermare tutte le ostilità nella Striscia di Gaza, incluse le incursioni, gli attacchi aerei e gli assassini mirati. Tutte le fazioni palestinesi, a loro volta, devono interrompere tutti gli attacchi contro Israele, inclusi i lanci di razzi e gli attacchi alle frontiere. Se la tregua sarà rispettata, verrà presa in esame la riapertura dei valichi di frontiera fra Gaza e Israele per il passaggio delle persone e delle merci.
Il ruolo di garante per il rispetto dell’accordo è stato affidato all’Egitto, a conferma del vitale impegno profuso nelle trattative diplomatiche. Quest’impegno è stato riconosciuto anche da Hillary Clinton nella conferenza stampa al Cairo e dal presidente Obama, che hanno lodato la responsabilità e “la leadership personale nel negoziare” del governo Morsi.
All’annuncio della tregua, lungo la Striscia di Gaza la popolazione si è riversata nelle strade per festeggiare quella che Hamas ha proclamato “Giornata nazionale di vittoria”, accolta con fuochi di artificio e gli immancabili spari in aria, fortunatamente questa volta per celebrare la pace. Per Hamas il fatto di portare Israele al tavolo dei negoziati è stato un successo, con il quale spera di allentare il blocco che dal 2007 affligge Gaza.
Nonostante il plauso unanime della diplomazia internazionale per l’accordo raggiunto, il premier Netanyahu ha tenuto a fare una precisazione, come riporta il Jerusalem Post: « […] Israele ha deciso di dare un’oppurtunità al cessate il fuoco ma è pronto ad agire in un modo più duro se la tregua a Gaza sarà violata». Alla dichiarazione del premier israeliano ha fatto subito seguito il leader di Hamas, Khaled Meshaal, affermando che il suo movimento risponderà a eventuali violazioni da parte di Israele.
Molti giovani, e anche tanti bambini, sono usciti dai loro rifugi per festeggiare il cessate il fuoco. Tuttavia, su una figura in particolare si è concentrato lo sguardo: un bambino con una pistola in mano, ritratto di una popolazione che convive con uno stato di guerra e di violenza permanenti.
La tregua c’è, anche se fragile. Non si sa se e per quanto tempo durerà, ma almeno ieri notte i civili hanno potuto dormire sonni tranquilli nella terra dove, a detta dell’antropologo Clifford Geertz, “la sconfitta non è mai totale, la vittoria sempre incompleta, la tensione infinita. Tutte le conquiste e le perdite sono solo marginali e temporanee, mentre i vincitori cadono e gli sconfitti si rialzano” Laura Fontana