“Che dobbiamo fare, Albertine?”
Lei sorrise, e dopo una breve esitazione rispose:
“Ringraziare il destino, credo, di essere usciti incolumi da tutte le nostre avventure… da quelle vere e da quelle sognate”.
“Ne sei proprio sicura?” chiese Fridolin.
“Tanto sicura da presentire che la realtà di una notte, e anzi neppure quella di un’intera vita umana, non significano, al tempo stesso, anche la loro più profonda verità”.
“E nessun sogno”disse egli con un leggero sospiro “è interamente sogno”.
Albertine prese la testa del marito fra le mani e l’attirò affettuosamente a sé. “Ma ora ci siamo svegliati…” disse “per lungo tempo”.
Per sempre, voleva aggiungere Fridolin, ma prima ancora che pronunciasse quelle parole, lei gli pose un dito sulle labbra e sussurrò come fra sé:”non si può ipotecare il futuro”.
Rimasero così in silenzio, sonnecchiando anche, l’una vicino all’altro, senza sognare-finchè, come ogni mattina, alle sette bussarono alla porta, e, con gli abituali rumori della strada, con un vittorioso raggio di luce penetato attraverso lo spiraglio della tenda e un chiaro riso di bambina dalla stanza accanto, cominciò il nuovo giorno.
Doppio sogno, Arthur Schnitzler