Quattro mesi senza Nazionale. Una assurda eternità: colpa, certo, delle ulteriori restrizioni imposte dal nuovo calendario FIFA in tema di date per le amichevoli, ormai viste come fumo negli occhi. Colpa, soprattutto, dell'assoluta impotenza della nostra Federcalcio, che non è stata neppure in grado di imporre uno straccio di stage, solleticando il sempre meno latente malcontento del trainer Conte. Ma quest'ultimo punto desta ben poca sorpresa: l'inconsistenza della reggenza Tavecchio sul piano dell'autorevolezza e della capacità di governare era già evidente ben prima delle elezioni dello scorso agosto, tutto ciò che è accaduto dopo rientra in una drammatica normalità. ORIUNDI COME SE PIOVESSE - Quattro mesi senza azzurri, dopodiché l'Italia si ripresenta a Coverciano nella versione peggiore possibile, piegata alla logica dell'oriundismo (orribile termine da me testé coniato...). E dunque, per rilanciare le scolorite ambizioni della squadra rasa al suolo dalla Coppa del Mondo 2014, non si trova nulla di meglio che naturalizzare Eder e Vazquez, un brasiliano non più di primo pelo che sembra toccato dalla grazia (come tutta la sua Sampdoria) e un furetto argentino che da un paio d'anni sta facendo le fortune del Palermo. E cara grazia che Dybala, altro rosanero, fuoriclasse in pectore, abbia cortesemente declinato l'invito del Commissario Tecnico, perché giustamente sa di avere i mezzi per puntare alla Selecciòn biancoceleste, all'equipo del suo Paese. BACINO RISTRETTO - Ecco, sinceramente non mi pare una prospettiva allettante, quella di ritrovarmi con un Club Italia in versione dopoguerra, quando la Nazionale si aggrappava ai naturalizzati collezionando brutte figure in serie, in primis la clamorosa eliminazione dal Mondiale del '58 (ciò che accadeva negli anni Trenta è discorso diverso, per contesto storico, politico, calcistico, di leggi civili e di regolamenti sportivi).
Certo, il bacino da cui pescare è quello che è. Censurato giustamente Prandelli per la conduzione dell'infausta operazione iridata, va anche detto che nei primi tre anni di gestione fece obiettivamente miracoli, riuscendo a creare una rosa piuttosto ampia di azzurrabili, quasi tutti di buona affidabilità (e al 99 per cento "prodotti casalinghi"), e che fino a un certo punto risposero sul campo con buone prestazioni e risultati accettabili. Ma i miracoli non possono protrarsi all'infinito, e la Serie A di oggi ha ulteriormente ristretto le prospettive al nuovo cittì. Grazie all'imprescindibile Calcioitalia, aggiornatissimo almanacco del Guerin Sportivo, mi son tolto lo sfizio di buttare giù qualche statistica: sui circa 600 calciatori che compongono i roster delle 20 di A (cifra comprendente i Primavera, aggregati alla prima squadra per scaldare la panchina o i seggiolini in tribuna...), gli italiani sono circa 270, il 46 per cento del totale. Non sarebbe nemmeno terribile, come dato generale, visto l'andazzo degli ultimi anni, ma si sa che la Nazionale deve, preferibilmente, poter selezionare i suoi elementi nei club di alta classifica, o al limite in quelli di fascia media, per poter contare su atleti rodati alle sfide "che contano", meglio ancora se con buona esperienza internazionale. DI ITALIANI NE GIOCANO POCHI... - Ed è qui che la situazione si fa tragica. Altra analisi statistica, basata sulle formazioni messe in campo in campionato nei mesi di gennaio e febbraio: Fiorentina e Napoli, i due sodalizi che si stanno facendo onore in Europa League, schierano in media poco più di un italiano a gara (Pasqual, Aquiliani, Maggio, Gabbiadini: i nomi sono quelli, sostanzialmente). L'Inter è poco sotto la media di due (grazie a Santon, Ranocchia e D'Ambrosio che hanno trovato spesso spazio), la Roma poco sotto il quattro. Fra le grandi classiche, onore alla Juventus, con cinque italiani a match, lo zoccolo duro di nazionali che tutti conosciamo, ma anche al Milan, poco sopra il cinque, grazie soprattutto al coraggio mostrato nel mercato invernale, con gli arrivi di molti "virgulti" di casa nostra, da Bocchetti ad Antonelli a Destro, aggiuntisi ai vari De Sciglio, Montolivo, Poli ed El Shaarawy: una politica che finora non sta dando grossi frutti, ma i problemi rossoneri sono altri e ben più complessi... Caso stranissimo quello della Lazio: ha solo cinque "tricolori" in organico, ma ultimamente sono quasi sempre titolari, anche il giovanissimo Cataldi, fra i pochissimi nomi nuovi "made in Italy" emersi in questa grigia stagione. SI PESCA FRA LE "MEDIE" - Nelle società di fascia media la situazione migliora, ma non più di tanto: Genoa e Palermo, belle realtà della prima parte di stagione ora "annacquatesi" per varie ragioni, sono a un deludente 3,5, o giù di lì, di titolari nostrani: ciò deve suonare a condanna soprattutto del Grifone, che si era presentato ai nastri di partenza estivi con un gruppo dal forte cuore tricolore e che invece si è arreso, a gennaio, all'esterofilia dilagante, congedando Antonelli, Sturaro e Matri per i vari Bergdich, Laxalt e Niang (Borriello al momento è stato del tutto inconsistente, come era ampiamente prevedibile). Meglio i cugini sampdoriani, che sono sulla media del 6,5 di italiani in campo, e che anche da questo fattore, ne sono convinto, stanno traendo slancio per una "temporada" decisamente sopra le righe. Stessa media del Torino, dignitosissimo protagonista anche in Europa, mentre l'Udinese è ormai una multinazionale che non supera l'1,5 (Di Natale, Domizzi e poco altro), dopo che anche la valorizzazione del portierino Scuffet (l'anno scorso addirittura accostato alla Nazionale A) è stata gettata alle ortiche puntando su Karnezis. Scendendo, ci sarebbero i casi esemplari di Empoli (quasi otto titolari di media) e soprattutto Sassuolo (oltre dieci), che non a caso sono diventati serbatoi importanti per le nostre due principali rappresentative (maggiore e Under 21), ma è decisamente un'anomalia che per costruire il Club Italia ci si debba rivolgere a squadre in odor di salvezza. C'ERANO SPAZIO E TEMPO PER LAVORARE SUGLI ITALIANI - Ecco, questo è il desolante panorama in cui Conte si trova a dover agire. Meno alternative vi sono, più difficile è scovare calciatori di qualità, questo è certo. Ma niente paura, perché è stata trovata l'immediata soluzione: naturalizzare, naturalizzare senza sosta. Dopo Vazquez ed Eder, si fanno già i nomi di De Maio e Vecino. E sì, sanno veder davvero lungo, i responsabili del nostro calcio: eppure, in questo biennio soft, con la qualificazione europea pressoché scontata (ricordiamo sempre che a Francia 2016 saranno ammesse 24 finaliste), c'era tutto lo spazio per impostare un lavoro di prospettiva sui ragazzi di casa nostra, per far giocare, crescere con calma, "svezzare" e abituare ai confronti internazionali i giovani italiani che, fra mille difficoltà, stanno emergendo. Insistere sui Berardi e sui Zaza, sugli Immobile e sui Gabbiadini, ma anche sui Rugani e sui Romagnoli, molti dei quali ancora assurdamente confinati fra i babies di Di Biagio.
SENZA PROSPETTIVE - Gli oriundi sono un tutto e subito (la cui efficacia, peraltro, è da dimostrare), un voler vivere alla giornata. E la levata di scudi quasi oceanica pro Conte, anche da parte di certa stampa "istituzionale", rattrista: perché certifica che la situazione è ormai irrecuperabile, che la trascuratezza dei vivai diventerà abbandono totale, che non c'è alcuna volontà di investire sui nostri talentini in erba, oltre al fatto che si vuole scindere qualsiasi legame fra calcio e territorio, e depotenziare il più genuino senso di appartenenza, che è fondamento della passione per il football.
Le grida di dolore sentite degli addetti ai lavori scadono a vuote dichiarazioni di facciata: ci si appella ai regolamenti, si parla di retorica superata, mentre si perdono di vista l'essenza, il significato, la ragion d'essere delle rappresentative: unico autentico traino dei movimenti calcistici nazionali (è una storia quasi secolare a dirlo), nonché sola attendibile cartina tornasole per valutare lo stato di salute degli stessi, con particolare riferimento alla prolificità dei vivai locali. Dato di fatto ancor più valido al giorno d'oggi, dal momento che il calcio di club di vertice è ormai popolato, l'abbiamo visto, da sodalizi "all stars", con rose gonfie di stranieri e pochi elementi "fatti in casa".
Ma di questo, evidentemente, non frega nulla a nessuno: si devono ottenere risultati (ma quali, ripeto? Una qualificazione europea che arriverebbe in ogni caso?), e li si possono ottenere solo con gli oriundi (forse). Però non venite a cianciare a vanvera di modernità, di globalizzazione e di Paesi esteri che fanno la stessa cosa, perché in Spagna e, soprattutto, Germania, è stato impostato un lavoro radicalmente diverso. Come al solito, qui da noi si manda a memoria solo una parte della lezione, e sovente la peggiore. E apertura alle istanze della società multietnica non vuol dire trasformare una Nazionale in un club a tesseramento libero: perché i Balotelli, gli Okaka e gli Ogbonna sono cosa ben diversa dai sopracitati stranieri (sì, stranieri).
SI PUO' FARE ANCHE SENZA ORIUNDI - Le basi per migliorare, come sarebbe doveroso, la qualità del nostro serbatoio calcistico, oltretutto ci sarebbero. L'estate scorsa, dopo il disastro brasiliano, avevo pubblicato un listone di una cinquantina di papabili per la ricostruzione azzurra. Sono tutti in larga parte riproponibili, anche con qualche aggiunta. Sono la dimostrazione che la scuola italiana, nonostante i pesanti attacchi che le giungono da più parti, ha davvero un DNA forte, se riesce ancora a produrre elementi di discreta validità e che ancora di più potrebbero valere, se fosse dato loro modo di maturare. Fornisco qui una versione aggiornata di quell'elenco, da cui ho escluso infortunati lungodegenti (ad esempio Bernardeschi, e Insigne che è da poco ricomparso) e giocatori da troppo tempo in netto calo di rendimento (Balotelli, per dire): dateci un occhio, e poi ditemi se il Club Italia, nonostante tutto, ha davvero bisogno di Eder e Vazquez, per tacere di De Maio e Vecino.
PORTIERI: Sirigu, Buffon, Perin, Marchetti, Consigli.
DIFENSORI: Darmian, Bonucci, Romagnoli, Chiellini, Astori, Acerbi, Moretti, De Sciglio, Zappacosta, Criscito, Rugani, Donati, Tonelli, Santon, Pasqual, Antonelli. CHIOCCIA: Barzagli.
CENTROCAMPISTI: Florenzi, Verratti, Marchisio, Montolivo, Candreva, Parolo, Bonaventura, Bertolacci, Soriano, Baselli, Valdifiori, Poli. CHIOCCE: De Rossi e Pirlo.
ATTACCANTI: Immobile, Gabbiadini, Destro, Berardi, Zaza, Pellè, Verdi, Sansone, Okaka, Paloschi.
GIOVANI DA SEGUIRE: Izzo, Cataldi, Belotti, Verde, Crisetig, Cristante, Sturaro, Viviani, Mandragora.