Come l'anno scorso, al medesimo punto della stagione calcistica, il Genoa sfiorisce, diventa brutto anatroccolo, e torna ad essere più croce che delizia per i propri tifosi. Questa volta le premesse parevano radicalmente diverse, rispetto a dodici mesi fa: nel 2013/14, la zavorra iniziale della gestione Liverani (trionfo nel derby a parte) aveva costretto il subentrato Gasperini a una rincorsa ad handicap per rimettere la squadra in carreggiata; una volta approdato brillantemente ad una posizione di classifica tranquilla, il Grifo semplicemente sbracò, "regalando" un finale di campionato da matita blu (tanto da meritarsi la mia insufficienza, come giudizio complessivo sull'annata, voto di cui non mi pento). ILLUSIONI - Questa temporada, si diceva, sembrava esser nata sotto auspici diversi: fino a metà dicembre, gioco rossoblù di grana finissima, tale da aver issato il team fino al terzo posto, al termine della gara vinta a Marassi sul Milan. Avevo dedicato un post, a quel trionfo: un pezzo celebrativo, forzando un po' le mie abitudini (nei confronti del Zena preferisco sempre la critica costruttiva all'esaltazione), ma in quel caso avevo ravvisato la presenza di qualcosa di solido, di basi sostanziose sulle quali poter edificare una stagione - gioiello: non un momento di effimera gloria, insomma. Ovviamente, mai previsione fu più fallace: errore gravissimo, il mio, visto che per esperienza so di non dover vaticinare ore liete per il Genoa, per il quale il piccolo - grande disastro è sempre dietro l'angolo. PERSECUZIONE ARBITRALE - Dalla settimana dopo, il bel sogno è andato progressivamente in frantumi, e le cause sono state molteplici. Ignorare la vera e propria persecuzione arbitrale abbattutasi sul club di Preziosi fra dicembre e gennaio sarebbe miope: lo scempio del match Genoa - Roma, con direzione di gara da radiazione dall'albo, il rigore negato a Matri a Torino sull'1 a 0 per i liguri, il gol convalidato al Sassuolo dopo un fallo su Perin, l'altro capolavoro del fischietto di turno al San Paolo (Napoli vittorioso con un gol in offside e un penalty fantasma), fino alla rete del pareggio di Rodriguez in fuorigioco in Genoa - Fiorentina. Chi li chiama episodi mente a se stesso e ai propri interlocutori; e l'occasione è buona per ribadire, qui, un concetto che sul blog ho sottolineato fino alla nausea: l'inadeguatezza della nostra classe arbitrale non è il solo male, né il più grave, del moribondo calcio italiano, ma esiste, e non è nemmeno il più trascurabile, perché mina alla base la credibilità della competizione. I PUNTI CHE MANCANO - Da allora in poi, la... tempesta gialla contro il Genoa si è attenuata, tanto che Perotti e compagni sono riusciti a vincere persino una gara a Roma, contro la Lazio, su tiro dagli undici metri (ineccepibile). Ciò non toglie che, quando c'è da prendere una decisione sbagliata, i genovesi rimangano in pole position, anche se in maniera sporadica e "a random", come accaduto sabato scorso con l'Udinese per l'evidente fallo in area su Borriello, ovviamente non sanzionato. Le classifiche "virtuali" emendate dagli svarioni arbitrali, in primis quella del settimanale Panorama assurta a icona del tifo rossoblù, attribuiscono al Grifone una dozzina di punti sottratti dalle disattenzioni dei vari Calvarese, Banti e compagnia. Forse è troppo, ed è difficile valutare il peso specifico di ogni erroraccio, ma possiamo tranquillamente affermare che sei - sette punti manchino alla classifica dei Gasperini boys, e a quota 45 invece che 38, con un match da recuperare, si parlerebbe di prospettive radicalmente diverse.
CALENDARIO NON SFRUTTATO - Però non basta: si rischia di sconfinare nel vittimismo fine a se stesso, facendo sempre e solo leva su questo aspetto. Perché dopo Genoa - Milan, la squadra ha messo insieme 12 punti in 14 gare, e la media è da retrocessione; ha vinto solo due volte, oltretutto nell'arco di pochi giorni, con Lazio e Verona; ha perduto un'infinità di occasioni soprattutto sul terreno amico. Ecco, questo è un punto dolente: in uno degli ultimi pezzi scritti sul tema, avevo detto che, nonostante gli ostacoli esterni, il girone di ritorno proponeva al Vecchio Balordo un calendario estremamente ghiotto fra le mura di casa: dopo il periodo nero (o "giallo", parlando di arbitri), ci sarebbero stati Verona, Parma, Chievo, Udinese, Cagliari, Cesena, Torino e Inter al Ferraris, oltre al derby. Un percorso indubbiamente abbordabilissimo, sulla carta, in grado di portare la squadra tranquillamente oltre i cinquanta punti, consentendole di poter continuare l'inseguimento alla zona europea. E invece, tutte le opportunità sono state fin qui gettate al vento: Verona asfaltato a parte, ecco l'inaccettabile sconfitta coi clivensi e i pari con Samp e Udinese. Errori difensivi assurdi (quello di Roncaglia pro Eder grida ancora vendetta), cali di concentrazione, mancanza di continuità sui novanta minuti, intensità che va e viene, approccio troppo leggero a certe fasi di gioco, scarsissima concretezza in avanti ed elementi non all'altezza. MERCATO SBAGLIATO - Mancano cattiveria e convinzione, perché certe gare vanno portate a casa a tutti i costi. Si è poi perso lo spirito del girone di andata, causa mercato invernale sciagurato. Il Genoa aveva costruito, in estate, una rosa imprevedibilmente solida e pressoché completa, fondata su un nucleo centrale italiano; a gennaio si è votato all'esterofilia più spinta, rinunciando ad Antonelli, Sturaro e Matri. Soprattutto il laterale e l'attaccante potevano tranquillamente essere trattenuti, senza grossi sforzi finanziari del club e senza immani sacrifici da parte dei due calciatori. Si è buttato alle ortiche un patrimonio di 15 gol, tanti ne avevano realizzati i partenti nelle prime venti giornate. Sono arrivati giocatori pressoché inutilizzabili (Ariaudo), riemersi solo di recente (il talentuoso ma fragilissimo Tino Costa) o di scarsa utilità (il misterioso Pavoletti e, soprattutto, Borriello, idolo incontrastato della Nord, intoccabile, ma di fatto fin qui assolutamente inconsistente: mancano dieci turni al termine, non ha ancora battuto chiodo mentre il tanto deprecato Matri il suo contributo di sette segnature lo aveva portato: riuscirà, il buon Marco, a metterne dentro due o tre prima della fine della stagione?). Insomma, non dimentichiamoci di come il Genoa è stato spinto verso il basso, ma che nessuno si appelli a questa anomalia come comodo alibi. La squadra è arenata in una zona di aurea mediocritas che offre prospettive per nulla esaltanti: e una primavera di bruttezza come quella del 2014, o come altre precedenti, sarebbe inaccettabile, per una compagine che ha comunque i valori tecnici e le potenzialità di gioco per entrare tranquillamente fra le prime sette - otto di questa squallida Serie A.