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Dossier: Il Clan dei Casamonica. Una storia criminale da aggiornare quotidianamente

Creato il 04 dicembre 2011 da Nottecriminale9 @NotteCriminale

di Alessandro Ambrosini

Dossier: Il Clan dei Casamonica. Una storia criminale da aggiornare quotidianamente
Quando si parla del Clan dei Casamonica non si parla solo di un gruppo di sinti stanziali a Roma da decenni, non si parla di baracche fatiscenti o di roulotte di quinta mano adibite ad abitazioni.

Si parla di una vera e propria forza organizzata che, nel tempo, si è radicata in ogni attività criminale che riguarda la capitale. I loro campi d'azione sono molteplici. Nel corso degli anni hanno trattato ogni "specialità": usura, spaccio di droga, riciclaggio, truffa, estorsione, rapimenti, gioco d'azzardo. Il tutto condito sempre da una certa dose di violenza e sopraffazione.

Nel 2008 erano 350 secondo un censimento fatto dalla commissione antimafia. Le loro zone di influenza vanno dall'Appio Tuscolano all'Anagnina, a Tor Bella Monaca, alla Romanina, al Quadraro fino all'Alta Ciociaria ma non solo.

La loro storia parla della famiglia nomade dei Casamonica-Di Silvio, originari dall'Abruzzo e arrivati a Roma da Pescara. La loro storia parla di mercanti di cavalli da corsa negli anni '70 che come per magia, passano dai milioni ai miliardi in pochissimo tempo. La loro storia criminale inizia negli anni del benessere italiano, gli anni '80.

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Nelle cronache dell'epoca si trovano sei appartenenti della famiglia arrestati per aver taglieggiato un commercialista. Successivamente li si ritrova per il sequestro della moglie di un ingegnere elettronico di Marino, ai Castelli romani.

Gestiscono l'accattonaggio e il lavaggio dei vetri ai semafori. Non hanno ritegno mandando le loro donne e i loro figli agli angoli delle strade, tutto per loro è business e i risultati si vedono.

Nei primi anni '90, le casse dei Casamonica, subiscono il primo vero salasso. Viene sequestrato un gigantesco parco-auto con vetture di lusso, frutto di attività illecite quali le "importazioni parallele" e le evasioni dell'Iva.

Furono i primi a capire e mettere in atto queste modalità che risultarono essere un buon guadagno da reinvestire in altre forme. Da quel momento la Giustizia e i Casamonica iniziarono un rincorrersi come i vecchi film di guardie e ladri. Ogni anno veniva segnato dalla loro presenza nella cronaca capitolina, ogni anno il loro potere economico aumentava.


Furono "giannizzeri" per conto di Enrico Nicoletti, il cassiere della Banda della Magliana. Erano i "tiracrediti" per i prestiti usurai che lo stesso faceva agli imprenditori in difficoltà. Erano anche i suoi riciclatori che il Nicoletti incontrava nello studio del notaio Di Ciommo.

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Nel 1996 dieci membri del clan finirono tra le maglie del commissariato Trevi Campo Marzio per una truffa miliardaria ai danni di 50 istituti di credito. Insieme a loro una quindicina di prestanome raccolti tra il mondo della malavita e i tossicodipendenti.

Il loro "sistema" era quello di affidare 4/5 milioni a questi galantuomini per aprire un conto corrente bancario, farsi dare libretti degli assegni e bancomat e liquidare queste "teste di legno" con 400/500 mila lire.

Detto fatto contattavano inserzionisti sul giornale Porta Portese, esclusivamente persone che vendevano oggetti preziosi, pellicce o auto di lusso. I contatti per l'acquisto avvenivano solo in prossimità del fine settimana, con le banche chiuse.


I venditori arrivavano e si trovavano persone vestite elegantemente, con belle macchine e in alcuni casi in appartamenti lussuosi e vendevano la merce a fronte di un pagamento con assegno.

Per non farsi mancare niente approfittavano del fine settimana per svuotare i bancomat entrando e uscendo dai vari confini con l'Austria e con la Slovenia, usando la funzione internazionale per il prelievo. In pochi giorni svuotavano il credito fino a 8 milioni di vecchie lire.

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Sollecitati da una serie di denunce gli investigatori scoprirono un giro di cinque miliardi di lire nonché pellicce e gioielli per il valore di un miliardo. I Casamonica hanno sempre avuto una predilezione per i beni rifugio.

Ma la dichiarazione dei redditi di questa famigerata famiglia era sempre vicinissima alle soglie della povertà.

Talmente poveri che in uno dei maxi sequestri effettuati dalla Dia misero i sigilli a 85 milioni di euro,confiscando terreni edificabili, ville con palme e piscine, stabili sul golfo degli Aranci, 33 cavalli da corsa, 200 conti correnti e 75 vetture di lusso tra cui Ferrari, Bentley, Rolls Royce, decine di Bmw e Mercedes. Fu sequestrata anche una supervilla stile "Soprano" ad uno dei capo clan. Una struttura di 1500 metri quadrati pieno di telecamere esterne collegate a schermi al plasma presenti in ognuna delle 20 stanze dell'umile dimora.

Nell'Aprile del 2008, la Dia intercettò una società nel Principato di Monaco (ritenuta la "cassaforte" del clan) sospettata di essere il terminale dei soldi ricavati dal narcotraffico. In quel conto girarono oltre 200 milioni di euro. Alcuni di questi soldi cercarono di farli rientrare usufruendo dello scudo fiscale anche se, in realtà, non erano mai usciti dal territorio nazionale .

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Nello stesso periodo la procura di Viterbo, tramite la Dia di Roma arrestò quattro componenti dell'organizzazione, in virtù della denuncia di un imprenditore che fu minacciato più volte di morte ( o paghi, o la tua vita finisce qui) per una richiesta che in pochi mesi lievitò dai 40.000 euro prestati ai 200.000 richiesti dagli strozzini.

Furono i Carabinieri di Viterbo, insieme ai Vigili del fuoco e alla Polizia municipale a simulare una fuga di gas, in un intero quartiere, per fare uscire allo scoperto,senza insospettirli, i quattro malviventi.

Ma non sono solo truffe,usura e droga i Casamonica.

Sono presenti nell'aggressione ai vigili per evitare l'abbattimento delle ville al rione Osteria del Curato, sono attenzionati quando viene catturato Raffaele Purpo, detto il "mafia". Considerato il collettore del narcotraffico per i nomadi romani.

Sono arrestati, come nel caso di Guerino mentre cerca di chiedere il pizzo alla responsabile dello spettacolo estivo "Dietro le mura" o quando Raffaele, latitante per reati d'usura , viene fermato a Praga insieme ai quattro figli sottratti alla madre.

Il loro essere stanziali nella zona di Roma e l'essere sempre considerati nell'alveo della criminalità capitolina non li esime certo dall'avere avuto e avere rapporti con le grandi organizzazioni criminali. Anzi.

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Nel 2010, dopo una lunga e complessa indagine di polizia si arrivò alla scoperta di un intenso rapporto d'affari tra il clan dei Casamonica e le 'ndrine degli Alvaro, dei Molè e dei Piromalli nonché con l'organizzazione dei casalesi.

Non è un caso che l'ndrangheta calabrese si divide, tutt'oggi, alcune zone di Roma come Tor Bella Monaca e la Romanina con i sinti capitolini.

La polizia anticrimine pose sotto sequestro una serie di aziende, beni immobili e conti correnti che facevano riferimento a Rocco Casamonica e che testimoniavano il legame con la mala-società calabro-casertana. Quindici aziende, 21 società, 165 conti bancari.

L'ennesimo colpo alle economie del clan che sembrano ricostruirsi ogni volta in modo sempre più cospicuo. Il trait d'union con le famiglie calabresi era un certo Pietro D'Ardes, 46 anni, ispettore del lavoro rinviato a giudizio nel 2009 dal Tribunale di Palmi per associazione a delinquere in concorso con esponenti della 'ndrangheta e vicino al clan dei casalesi.

Questa holding aveva creato una serie di società nel Lazio, in Campania e in Calabria dove circolavano grandi quantità di capitali illeciti che veniva reinvestiti in appalti pubblici e privati.

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Tra le società messe sotto sequestro c'era la Cooperativa Lavoro che gestiva il movimento di migliaia di container nel porto di Gioia Tauro.

Anche nella gestione dei rifiuti, questa strana società con la 'Ndrangheta e i casalesi, stava dando i suoi frutti, ma forse per Rocco Casamonica era un passo troppo lungo per non essere scoperto.

E arriviamo ai giorni nostri, giorni che a Roma si spara e si uccide.

A Marzo di quest'anno in zona Arco di Travertino sono tre i Casamonica arrestati per spaccio di droga in un fortino adibito alla vendita di cocaina.

A fine Maggio fuori da un fast food viene ferito, a colpi di pistola un ragazzo di 23 anni appartenente alla famiglia nomade ed un suo amico.

Pochi giorni dopo, a Morena, quartier generale dei Casamonica, è una donna del clan a finire in manette mentre vende cocaina nell'androne della sua lussuosa villa.

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Giorni in cui il traffico di droga è il movente per ogni fatto più efferato, come l'omicidio di Morena. L'omicidio di Edoardo Sforna.

Venerdi scorso sono stati arrestati 3 appartenenti al clan, che gestivano lo spaccio in zona e due hanno l'obbligo di firma.

Non sembra siano stati loro a sparare ma una cosa è certa: ogni volta che spunta il nome del clan dei Casamonica si raccolgono solo lacrime.


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