Una sostanza che aiuta la pianta nelle sue difese e l'effetto freddo con due trattamenti. Uno all'inizio dell'inverno ed uno in primavera. Le difficoltà per il contenimento degli attacchi del batterio Xylella fastidiosa sobspecie pauca ceppo CoDiRo sono legate soprattutto alla mancanza di prodotti dotati di specifica attività battericida su olivo. Nella pratica di campo la lotta per via chimica è affidata quasi esclusivamente ai prodotti rameici. Il rame è stato empiricamente utilizzato dagli agricoltori nelle oramai famose “buone pratiche del nonno” ogni volta che si creino ferite sulla pianta causate operazioni di potatura. Ma come noto le limitazioni d’uso dei prodotti rameici sono legate alla possibile fitotossicità, benché l’olivo ha dimostrato nei decenni di tollerare abbastanza bene la poltiglia bordolese a basso contenuto di rame, anche se non è da escludere il rischio di selezione di ceppi del patogeno resistenti al rame. Il dott. Marco Scortichini che è un batteriologo specialista, con 30 anni di attività e direttore del Cra-Centro di ricerca per la Frutticoltura di Caserta http://sito.entecra.it/portale/cra_dati_istituto.php?id=233 che ha redatto il protocollo ufficiale di diagnosi di Xylella fastidiosa per l’Organizzazione Europea per la Protezione delle Piante ha riferito della sperimentazione in corso a Veglie (Lecce) che sta dando risultati ritenuti “molto incoraggianti”, grazie all’impiego di prodotti consentito in agricoltura biologica e a base di idracidi, già usati nella batteriosi del kiwi e per la rogna dell’olivo. Sono sostanze che hanno due scopi: ridurre la carica del batterio all’interno della pianta e rinvigorire gli ulivi. La somministrazione avviene mediante nebulizzazione del prodotto al tronco (inverno) ed alla chioma (primavera-estate). Forse sono stati proposti preparati ad azione disinfettante a base di acido acetico, perossido di idrogeno e acido cloridrico e altri ad azione ricoprente come chitosano e zeoliti? Sono stati per caso utilizzati prodotti considerati in grado di stimolare la resistenza della pianta, come il fosetyl Al e l’acibenzolar-S-methyl, già registrati e utilizzati su altre colture?
Perché non rendere noto tale protocollo e tali prodotti in maniera da consentirne l’uso nella Provincia di Lecce che è zona infetta per chi lo volesse fare volontariamente seguiti da dottori agronomi che volontariamente si dichiarano disponibili?