L’addio ai Maculati si era consumato, correttamente, l’ultimo giorno di scuola del 2011. La ‘povna aveva preparato per loro un cartellone-lettera (ovviamente rosso, e tutto a macchie), con sopra una citazione letteraria, un’elaborazione grafica e svariate altre cosette. Li aveva guardati per l’ultima volta negli occhi, e li aveva spediti, a dita incrociate (e con tante paure che aveva tenuto per sé sola), su al triennio, a percorrere la strade della scuola senza obbligo, quella che si sceglie, in cui si fa sul serio.
L’anno scorso, quando, andando in visita, si affacciava in classe, li aveva ritrovati sperduti e assai perplessi: una marea di nuovi arrivi, da scuole molteplici e diverse, li aveva trasformati in una accozzaglia poco organica. Loro avevano reagito iniziando a liquefarsi come burro, lasciando spazio di manovra a una serie di azioni poco limpide (per esempio, con il professore Torre); il consiglio di classe, dal canto suo – con le sole eccezioni di Stordita e di Mafalda – non aveva saputo, né voluto, fermarsi un momento a leggerli (per non parlare di alcuni episodi da denuncia – per esempio quella volta che a Glauco era stato augurato senza tanti complimenti “di andare a schiantarsi” da parte di Santissima Infilzata). E così – visto che un groviglio nato male non può che andare peggio – l’anno era finito allegramente con una solenne amnistia della preside Barbie perché – tra intemperanze loro, e mancanze evidenti di gran parte dei docenti – rimandare tutto a un quarto anno più sensato e più semplice era sembrata l’unica, insoddisfacente, eppure inevitabile, soluzione.
La ‘povna, da lontano, aveva visto i suoi amati Cani sfaldarsi, giorno dopo giorno. E guardarsi smarriti tutti intorno, incapaci da soli (del resto: era stato il loro problema da sempre) di riprendere la bussola, desiderosi quanto mai di un capo-branco, e tuttavia senza riuscire a manifestarne l’esigenza ai loro attuali professori. Non le erano mancate le telefonate attonite di tutte le famiglie: che chiedevano di sfogarsi, di intervenire, di sgridarli. Appelli ai quali la ‘povna aveva dovuto rispondere con una impotenza di fatto, perché la sua presenza nella memoria di genitori e alunni si era dimostrata assai sgradita (per usare un eufemismo) quasi ogni docente del Consiglio, tanto che Voglio-la-mamma non aveva esitato, un giorno, a notificarle il suo estremo disappunto con una partaccia urlata in corridoio davanti a un po’ di Pesci-genitori.
In una situazione del genere, era necessario che qualcuno, prima o poi, si decidesse a fare un passo. Ed era stata la mamma di Rotondo che, preoccupata per l’andamento da schedina del figlio, aveva chiesto alla ‘povna di aiutarlo, con un po’ di ripetizioni. L’esempio di Rotondo era stato seguito da una folta maggioranza: e così (con la complicità della collega di Snape e di Mafalda) la ‘povna si era trovata con loro per molte settimane, al venerdì pomeriggio: a fare lezione di italiano, storia, certo, ma soprattutto di consapevolezza adulta, dalle 13 alle 14, prima delle prove del coro. In questo modo, a fine anno, si era arrivati a una certa maggiore saldezza. Anche se la già ricordata sanatoria non aveva potuto salvare dalle maglie della bocciatura i soliti più deboli (il Cucciolo Cresciuto, per esempio, e Calciatore Schiappino; e anche il veterano Moody), oppure evitare la pazzia del Labrador (salvato in extremis dalla ripetenza, ma forse non da un morbo di Chron sottovalutato da tutti), le già ricordate incomprensioni verso la Piccola Donna, o la chiusura in se stessa di un Piccolo Elfo che affronta la scuola protetta da una torre bianca nella quale nessuno può entrare.
In questo stato, e con un consiglio tanto sfilacciato e composito, si sono aperte sui Maculati le porte della classe quarta. Nella quale – a causa di un part-time richiesto dalla collega di italiano DormoRitta – risultavano vacanti due ore di storia.
“Prendile, ‘povna” – le aveva suggerito Mafalda a inizio anno – “ti fanno comodo, e poi con loro non saranno problematiche”.
“Prendile, ‘povna, ché tanto già li conosci” – aveva rincarato Esagono.
“Prendili, ‘povna, come sarebbe bello!” – le avevo scritto la mamma di Rotondo.
“Prendici, ‘povna” – avevano abbaiato loro.
Ed è così che – superate quattro settimane di pastoie burocratiche – la ‘povna la scorsa settimana è potuta rientrare, ufficialmente, nella loro aula.
Ha trovato ad attenderla dei Cani che non scodinzolano più, solo la guardano, sorridenti e mesti.
Ha trovato una classe silenziosa e buonissima. E avvilita nel profondo.
Ha trovato un programma di storia (Santissima Infilzata anche in questo ha fatto danni) indietro di trecento anni.
Ma la ‘povna – che ha preso queste due ore con spirito di necessità e servizio – è stata contenta – pur sentendosi una revenante – di ritrovarli.
Anche perché – lo ha confessato senza pudore, anche a loro, e a voce alta (e per una volta hanno riso, finalmente) – la sua vita disordinata ha ritrovato – dopo un anno di caos cosmico – Rotondo segretario.