Esempi eclatanti di quanto detto sono le Province su tutto il territorio nazionale (fatta eccezione per le province autonome di Trento e di Bolzano) ed i comuni limitrofi piccoli che, in economia di scala, potrebbero funzionare a costi molto più bassi se accorpati in un unico Ente. Secondo un’elaborazione dei dati del Ministero degli interni, aggiornati al 12 ottobre 2007, il numero complessivo degli amministratori e degli eletti dell’ente territoriale PROVINCIA risulta sfiorare le 4.000 unità di cui circa 2900 consiglieri, circa 50 tra Presidenti e vicepresidenti, circa 100 presidenti della Giunta, oltre 900 assessori. Il costo annuale dei soli compensi di questo “esercito” di eletti è superiore a 50.000.000 di euro, considerando che la retribuzione mensile di un presidente varia tra 4.000 e 7.000 € (a seconda del numero di abitanti della provincia considerata), quella di un vice-presidente tra 3.000 e 5.200 €, e quella di un assessore tra 2.700 e 4500 €, cui si devono aggiungere i gettoni di presenza dei semplici consiglieri. A questi vanno poi aggiunti i costi relativi alla gestione degli organi elettivi: edifici, personale specifico, auto “blu”, rimborsi, spese di rappresentanza, che portano ad oltre il doppio il costo del mantenimento dei soli organi elettivi. Ancora, a questi vanno aggiunti tutti gli ingenti costi relativi a strutture e dirigenti, non necessari in caso di spostamento delle funzioni a Enti già esistenti. Ma non solo; in base ai dati pubblici disponibili relativi ai bilanci, la somma delle sole spese correnti delle oltre cento province italiane si aggira attorno ai 10 miliardi di euro all’anno; considerando le spese in conto capitale le spese superano i 20 miliardi di euro all’anno. Dall’analisi dei bilanci la fetta più consistente di queste spese serve al mantenimento dell’Ente stesso (personale, affitti, bollette, spese di rappresentanza, parco auto); pertanto il costo per produrre servizi effettivi è molto elevato (e quindi molto bassa l’efficienza).Attribuendo le competenze a Regioni e Comuni e bloccando il turnover, le spese fisse di funzionamento sparirebbero. Anche ipotizzando prudenzialmente di riuscire a ridurre inizialmente del solo 30% il costo per la collettività rispetto le spese di “funzionamento” attuali (poichè l’intero personale sarebbe assorbito dagli Enti destinatari delle competenze dismesse), il risparmio sarebbe comunque di alcuni miliardi di euro annui in aumento nel tempo. A questi devono aggiungersi i risparmi per i costi delle elezioni ma soprattutto i risparmi legati alla riduzione dei costi indiretti per i minori aggravi burocratici della macchina amministrativa complessiva che verrebbe significativamente semplificata.Le province sono diventate, usando un paragone forte, un tumore ormai in metastasi, che se non viene fermato immediatamente porta a morte l’organismo che le ospita. Attualmente sono 107 geografiche e 104 amministrative; pur già aumentate notevolmente negli ultimi anni, l’istituzione di altre 26 è già stata formalmente richiesta e ci sono proposte in itinere per molte altre. La loro istituzione comporterebbe ulteriori costi non previsti per i cittadini di decine di milioni di euro poiché lo Stato dovrebbe farsi carico di tutte le risorse per la istituzione. L’interesse per la collettività non è un elemento preso in considerazione in queste richieste bensì, come dichiarato esplicitamente in pubblico da promotori, la motivazione deve ricercarsi nel tentativo di raggiungere vantaggi già ottenuti da altre aree. Buone solo a soddisfare le richieste della rete clientelare dei partiti, le province rappresentano l’emblema di come la politica in questo paese sia solo corsa al potere e al privilegio, e non servizio alla comunità.www.aboliamoleprovince.it
Esempi eclatanti di quanto detto sono le Province su tutto il territorio nazionale (fatta eccezione per le province autonome di Trento e di Bolzano) ed i comuni limitrofi piccoli che, in economia di scala, potrebbero funzionare a costi molto più bassi se accorpati in un unico Ente. Secondo un’elaborazione dei dati del Ministero degli interni, aggiornati al 12 ottobre 2007, il numero complessivo degli amministratori e degli eletti dell’ente territoriale PROVINCIA risulta sfiorare le 4.000 unità di cui circa 2900 consiglieri, circa 50 tra Presidenti e vicepresidenti, circa 100 presidenti della Giunta, oltre 900 assessori. Il costo annuale dei soli compensi di questo “esercito” di eletti è superiore a 50.000.000 di euro, considerando che la retribuzione mensile di un presidente varia tra 4.000 e 7.000 € (a seconda del numero di abitanti della provincia considerata), quella di un vice-presidente tra 3.000 e 5.200 €, e quella di un assessore tra 2.700 e 4500 €, cui si devono aggiungere i gettoni di presenza dei semplici consiglieri. A questi vanno poi aggiunti i costi relativi alla gestione degli organi elettivi: edifici, personale specifico, auto “blu”, rimborsi, spese di rappresentanza, che portano ad oltre il doppio il costo del mantenimento dei soli organi elettivi. Ancora, a questi vanno aggiunti tutti gli ingenti costi relativi a strutture e dirigenti, non necessari in caso di spostamento delle funzioni a Enti già esistenti. Ma non solo; in base ai dati pubblici disponibili relativi ai bilanci, la somma delle sole spese correnti delle oltre cento province italiane si aggira attorno ai 10 miliardi di euro all’anno; considerando le spese in conto capitale le spese superano i 20 miliardi di euro all’anno. Dall’analisi dei bilanci la fetta più consistente di queste spese serve al mantenimento dell’Ente stesso (personale, affitti, bollette, spese di rappresentanza, parco auto); pertanto il costo per produrre servizi effettivi è molto elevato (e quindi molto bassa l’efficienza).Attribuendo le competenze a Regioni e Comuni e bloccando il turnover, le spese fisse di funzionamento sparirebbero. Anche ipotizzando prudenzialmente di riuscire a ridurre inizialmente del solo 30% il costo per la collettività rispetto le spese di “funzionamento” attuali (poichè l’intero personale sarebbe assorbito dagli Enti destinatari delle competenze dismesse), il risparmio sarebbe comunque di alcuni miliardi di euro annui in aumento nel tempo. A questi devono aggiungersi i risparmi per i costi delle elezioni ma soprattutto i risparmi legati alla riduzione dei costi indiretti per i minori aggravi burocratici della macchina amministrativa complessiva che verrebbe significativamente semplificata.Le province sono diventate, usando un paragone forte, un tumore ormai in metastasi, che se non viene fermato immediatamente porta a morte l’organismo che le ospita. Attualmente sono 107 geografiche e 104 amministrative; pur già aumentate notevolmente negli ultimi anni, l’istituzione di altre 26 è già stata formalmente richiesta e ci sono proposte in itinere per molte altre. La loro istituzione comporterebbe ulteriori costi non previsti per i cittadini di decine di milioni di euro poiché lo Stato dovrebbe farsi carico di tutte le risorse per la istituzione. L’interesse per la collettività non è un elemento preso in considerazione in queste richieste bensì, come dichiarato esplicitamente in pubblico da promotori, la motivazione deve ricercarsi nel tentativo di raggiungere vantaggi già ottenuti da altre aree. Buone solo a soddisfare le richieste della rete clientelare dei partiti, le province rappresentano l’emblema di come la politica in questo paese sia solo corsa al potere e al privilegio, e non servizio alla comunità.www.aboliamoleprovince.it
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