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Dove vanno a finire le parole che pronunciano le mogli? – N. Losito

Creato il 02 aprile 2012 da Nictrecinque42 @LositoNicola

parole al vento

 

È notorio che alle mogli piace parlare ai mariti ma, a sentire loro, noi non le ascoltiamo mai.

“Parlare con te è come parlare al vento!” è una delle loro frasi tipiche.

La mia domanda iniziale, dunque, non è così pellegrina come può sembrare. Mi è venuta in mente perché ultimamente mia moglie (già proprio lei, la fustigatrice dei miei cattivi comportamenti…) dice che quando parla con me le sue parole mi entrano da un orecchio ed escono dall’altro, non fermandosi mai nel cervello per una eventuale valutazione delle ragioni per cui esse sono state pronunciate.

Dunque, secondo la mia signora, le sue parole cadono nel vuoto, si disperdono nell’aria andando a finire nell’infinito e tristissimo contenitore dell’inascoltato.

Mi sento in dovere, per difendere la mia onorabilità, di contestare questo suo brutto giudizio nei miei confronti e lo farò con argomenti inconfutabili.

Mia moglie è persona educata, perciò parla sempre con un tono di voce lieve per non disturbare i vicini e quando interloquisce con me quasi mai mi avverte, cioè non mi prende mai di petto, ma sta sempre facendo qualcos’altro, tipo preparare il pranzo, stirare, eccetera e perciò raramente parla indirizzando la sua (flebile) voce in direzione delle mie orecchie.

A me, devo confessarlo, piace la musica e perciò tengo sempre la radio accesa, in più ho una certa età e da qualche anno sono un po’ sordo: dunque che colpa ne ho se alle mie orecchie non arriva quasi mai quello che lei mi dice parlandomi dalla cucina o dal soggiorno quando sa benissimo che sto fisso nello studio davanti al computer?

Quando finalmente realizzo che qualcosa si muove nell’aria (è legge fisica che i suoni producano onde che vanno giro in giro per le stanze degli appartamenti) capisco che lei sta parlando e visto che in casa ci siamo solo io e il cane di mia figlia, senz’altro a uno dei due si starà rivolgendo.

Siccome il cane è quasi sempre addormentato nel mio studio, ciò significa che lei si sta rivolgendo proprio a me. Ma è sans se che le sue parole non hanno raggiunto il loro obbiettivo. Cioè le mie orecchie.

sordo

Gliel’avrò ripetuto un milione di volte, a mia moglie, di fregarsene dei vicini e di parlare a voce più alta, ma che dico più alta? basterebbe che parlasse a voce normale, cioè udibile a un paio di metri di distanza, invece lei insiste a sostenere che io non sono sordo ma solo distratto, che penso unicamente ai fatti miei e non le porgo la dovuta attenzione.

Non è affatto vero.

A tavola le servo da bere e le faccio sempre i complimenti per i buoni pranzetti che mi prepara. E ho persino smesso di arrabbiarmi il martedì e il venerdì quando mi propina il pesce che è ricco di fosforo e che, a suo dire, fa bene alla memoria e alla testa in generale ma che a me non piace per niente…

Dunque è lei che sbaglia.

Concludendo, per evitare spiacevoli contestazioni, uniamo le nostre forze, cari lettori maschi, per sostenere le nostre sacrosante ragioni.

Per quel mi riguarda, io sono sinceramente curioso di sapere cosa lei vuole da me quando mi parla, e per questo desidererei che alzasse di qualche decibel il tono della voce. In questo modo le sue parole non si perderebbero nel vuoto infinito…

Chiedo troppo?  

09DA05~1

Nicola

P.S.

Ok, carissime mogli, ho scherzato un po’. Ieri era il primo di aprile e mi sono concesso un po’ di libertà. In realtà il titolo del post mi ha fatto pensare (sì, ogni tanto anch’io penso…) che, forse, non sono sempre le nostre signore a essere in torto…

Beh, diciamo che a noi mariti converrà recuperare nel contenitore infinito di parole femminili inascoltate qualche perla che loro hanno pronunciato nel tempo. E, insieme a questo, cercheremo di capire quando è avvenuto che il vezzeggiativo “orsacchiotto” con cui le nostre mogli ci interpellavano agli inizi, si sia trasformato in “orso”.   Che è una differenza mica da poco…

hi_and_bye_bye1_300608

Le immagini sono state prese da Internet e appartengono ai rispettivi autori di cui non conosco il nome.


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