Dovrebbe essere facile scrivere. ( Ode agli Artisti )

Creato il 21 febbraio 2012 da Illcox @illcox

Scrivere e cancellare. Cancellare di nuovo e riscrivere da capo parole che con un pulsante saranno nuovamente eliminate. Ogni introduzione sembra sciocca, ogni svolgimento scialbo e privo di contenuto, ogni conclusione troppo scontata. Ho sentito spesso parlare del blocco dello scrittore, ma non credevo sarebbe mi mai successo; soprattutto, ero convinta che fosse uno stato di vuoto mentale, in cui non hai idee, in cui non sai di cosa parlare. Mi sbagliavo. Il blocco è un qualcosa di diametralmente opposto: hai molte idee, troppi pensieri che si accavallano e ripiegano le une sulle altre, ma sembrano tutte fattibili, solo fin tanto che restano chiuse nella testa. Metterle su un foglio, che sia virtuale o reale, è una vera impresa. Hai la sensazione di aver disimparato a scrivere: le frasi sono sempre senza senso e l’idea non è mai pienamente espressa. Per uno scrittore, o per lo meno, per chi come me si ritiene tale, è qualcosa di davvero frustrante.

L’ispirazione è qualcosa che noi, gli artisti, dovremmo riuscire a trovare da qualsiasi parte: un portone rotto, un pezzo di carta, due anziani che giocano a briscola, una sigaretta. Tutto dovrebbe ispirarci.

Dovrebbe; è il condizionale il problema.

Già, il nostro vero problema, come anche la nostra unica arma, sono le parole. Noi non abbiamo voce come gli oratori. Non abbiamo i colori come i pittori, non abbiamo uno spartito. A noi, poveri artisti della penna, sono rimaste solo idee, nemmeno troppo originali ormai, carta e inchiostro; il tutto ovviamente trasferito su un pratico supporto elettronico. Di conseguenza, dato per scontato che un computer a portata di mano ce lo abbiamo sempre, vi lascio immaginare cosa prova una come me quando non riesce ad esprimere nulla. Il canale di sfogo delle idee è ostruito; nessun impulso arriva alla mano, qualcosa lo blocca durante il percorso.

È l’Essere, che io chiamo tarlo, a bloccare il passaggio.

È lui che m’impedisce di dedicarmi a ciò che amo. È un qualcosa di fittizio, di astratto. Non esiste davvero ma continuo comunque a sentirlo dentro lo stomaco. Somiglia per l’appunto ad un tarlo del legno e lavora lentamente dall’interno mangiando e sgranocchiando piccolissimi pezzetti di anima. Almeno io lo immagino così, tutto intento nel suo minuzioso lavoro, instancabile operaio stacanovista che si nutre di me, delle cose belle lasciando libero spazio a dolori e angosce. Il tarlo, l’essere, la depressione, definitelo come volete, ormai è parte di me. Spesso non ci faccio più caso, riesco a ignorarlo oppure a scacciarlo scrivendo. Se lui, però, diventa troppo forte perché sovralimentato da stress e situazioni varie, non mi riesce nemmeno più di scrivere. Pensate che tutto questo sia assurdo o difficile da capire?

Facile, non è qualcosa che accompagna le nostre vite.

Nel pieno rispetto della tradizione, infatti, un artista si riconosce dal tormento che si trascina dietro. Badate bene, tutti ce l’hanno, c’è solo qualcuno che è più bravo a nasconderlo. In ogni opera di qualsiasi tipo di artista che sia pittore, scultore, scrittore, fotografo ritroverete quest’ansia di vivere, questo tarlo. Ripeto, non siamo persone facili, ma sappiamo farci voler bene. Sappiamo sempre trovare qualcuno che ci capisce, che ci completa. Io al momento credo di averlo trovato questo qualcuno: non pretendo che rimanga con me per sempre, ma spero di averlo vicino ancora per molto, molto tempo.

Scrivere con questo qualcuno accanto è stimolante.

Qualcuno cui faccia davvero piacere leggere i nostri componimenti, che non si stufi mai di darci giudizi spassionati e schietti, che riesca a capire il nostro io e che ogni tanto, magari, sia anche in grado di allontanare il tarlo. Qualcuno che abbia la chiave delle nostre menti contorte e che riesca a scorgere la dolcezza dietro il muro di cattiveria con cui cerchiamo di difenderci. Non si tratta, quindi, di un semplice amico, ma della nostra metà artistica: questo qualcuno ci completa, ci rende dei veri scrittori.

È a loro, alle anime gemelle, alla metà mancante, ma indispensabile, di ogni artista che dedico questo pezzo. È alla mano sinistra dello scrittore che regge il foglio e a quella del pittore che tiene la tavolozza. È alla custodia che protegge lo strumento di un musicista e alla luce che aiuta il fotografo a trovare lo scorcio perfetto. È a quei piccoli gesti, di quelle grandi persone che, nonostante i nostri capricci, ci aiutano a essere ciò che siamo ogni giorno.


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