La seconda serie inizia con la battaglia della Somme (1916) e si conclude con l’epidemia della febbre spagnola (1919). Matthew Crawley è in guerra, così come alcuni dei domestici di Downton Abbey, mentre il nuovo autista Tom Branson, un irlandese con ideali socialisti, si innamora di Lady Sybil, l’ultima figlia di Lord Grantham. Continua la travagliata storia d’amore di Mary e Matthew e perfino l’algida Edith, la meno graziosa delle figlie del conte, avrà la sua parte di batticuori e pene d’amore. Ma la sfarzosa società aristocratica inglese, protagonista di drammi, amore e tradimenti si riflette sull’universo più povero, ma non per questo meno complesso, della servitù. Gli stessi intrighi, le stesse scelte, gli stessi amori si intrecciano downstair come upstair, perché i protagonisti benché di estrazione sociale diversa, sono comunque uomini e donne. Il punto di forza di Downton Abbey è forse questo: un magistrale intreccio di microcosmi, storie diverse che hanno un unico comune denominatore, la fragilità e la meravigliosa complessità della natura umana che non cambia nel tempo come non cambia nei luoghi.
Amore, desiderio, morte e voglia di rivalsa sono i sentimenti che trasversalmente attraversano questa bellissima saga familiare, una famiglia che si allarga comprendendo anche la più umile cameriera, dove anche l’ultimo dei domestici può compiere gesti di un coraggio e una nobiltà eccezionali e dove l’errore e l’umiliazione non risiedono soltanto ai piani bassi. L’incredibile successo delle prime due stagioni ha spinto la ITV a commissionare una terza serie che sarà ambientata durante gli anni ‘20 e verrà trasmessa dalla TV britannica da settembre 2012. Downton Abbey è l’ennesima dimostrazione che il pubblico televisivo va “educato” al buon gusto; una saga “in costume” che, lungi dall’essere il solito polpettone strappalacrime e mal recitato, deve il suo successo ad una sceneggiatura appassionante, ambientazioni curate e storicamente attendibili, personaggi interessanti e dalla psicologia multisfaccettata e che, soprattutto, non si affida al solito tripudio di effetti speciali, sesso, sangue (e vampiri), ma alla bravura di un cast di giovani attori di altissimo livello: Michelle Dockery (Mary), Dan Stevens (Matthew), già visti in altre produzioni di successo e di veri e propri mostri sacri come l’eccezionale Maggie Smith (Lady Violet), in Italia più che famosa come Minerva McGranitt nella saga di Harry Potter.
Insomma, Downton Abbey rappresenta una boccata d’aria fresca, un bocconcino prelibato nel caotico “junk food” delle serie televisive e il suo approdo in Italia va salutato con entusiasmo, nonostante i tagli e il riadattamento giudicato dalla maggior parte dei fan poco lineare. Le reti televisive britanniche trasmettono ogni anno serie TV di ottimo livello (la BBC ne ha sfornate diverse ispirandosi a classici senza tempo come Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen, Jane Eyre di Charlotte Brontë, North and South di Elizabeth Gaskell, per citarne soltanto alcuni) ce ne sarebbe abbastanza per colmare tutto il vuoto di una programmazione francamente insufficiente per chi, come tanti in Italia, ricerca il buon gusto anche sul piccolo schermo.