DPP: depressione per i papà

Da Cicciouccello

di Francesco Uccello

...avevo lacrime di gioia. (dal post precedente Mo te lo spiego a papà il giorno in cui tutto è partORito)
Poi si è chiusa la porta ed io e MPS siamo rimasti da soli. E ora che si fa? In ospedale ci hanno dato questo fagotto dicendo: «Signora allattatelo ogni tre ore». Se non hai una mamma a portata di mano e se nel gruppo di amici sei il primo ad avere un figlio allora sei spacciato. Nessuno che ti fa vedere come si fa, come prenderlo, come cambiarlo. E questo un po' ti innervosisce, ma avere un figlio è troppo bello e allora non vale la pena innervosirsi.

Beh delle cose le abbiamo lette, ci siamo documentati, mica sarà così difficile abbiamo pensato. In due abbiamo due lauree qualche master e diversi corsi di specializzazione. Le prime settimane le abbiamo trascorse nel silenzio più assoluto e quando la prima volta siamo usciti ci sembrava che il mondo gridasse.

Non eravamo abituati più a tutta quella confusione e ci siamo resi conto che nessuno aveva rispetto del nostro bambino. Per strada si urlava, le macchine suonavano, i cani abbaiavano e i marciapiedi non erano a misura di passeggino. Cose che fanno innervosire, ma quando hai tra le braccia un bambino così tenero e indifeso non vale la pena arrabbiarsi.

«Mio figlio dorme tutta la notte», «Mia figlia fa l'ultima poppata alle 21 e poi si sveglia alle 7». A chiunque chiedessimo rispondeva in questo modo. Avevamo beccato il bambino sbagliato. Ogni tre ore massimo si svegliava e piangeva. Sembrava quando hai comprato una macchina e incontri il tipo che ti dice: «Se lo dicevi a me te la facevo comprare da un mio amico con 1000€ in meno».

Ad MPS toglici tutto ma non il sonno. In effetti per fare la mamma i primi tempi mi sa che il sonno te lo devi dimenticare. A questo aggiungi che alle ore 19 tutte le sere DA1 cominciava a piangere non si sa per quale motivo. O meglio il motivo principale erano le colichette, ma non ero poi tanto convinto. Era stancante ma non valeva la pena arrabbiarsi perché ora eravamo in tre ed era stupendo. Il problema è stato però che queste colichette sono durate per tre mesi ininterrottamente.

E allora via alla sagra dei consigli. «Mettilo a pancia in sotto», «Massaggia l'orecchio sinistro», «Tisana al finocchietto». Le abbiamo provate tutte, ogni tipo di fiore, posizione o medicina...ma nulla. «Proviamo il bagnetto, quello rilassa» Ma qualcuno ci aveva detto come fare? «Prendi il libro e vedi la temperatura dell'acqua» «Ma se poi mi scivola da mano?» Era bello vederlo immerso nell'acqua e stare beato. Non ne valeva la pena innervosirsi anche se tutte quelle cose che non sapevamo fare un po' ci cominciavano a far girare le scatole.

Poi ogni tanto MPS piangeva e non capivo perché. Questo a dire il vero mi faceva innervosire perché mi sentivo non all'altezza. Non riuscivo a tranquillizzare lei e il bambino. Eppure sono istruttore subacqueo e ho prevenuto tanti attacchi di panico sott'acqua e le persone mi dicono che infondo sicurezza. E poi è una vita che lavoro con i bambini, certo più grandicelli, ma diciamo che non è una materia a me sconosciuta.

«Guarda dove hai messo la sedia», «il sacchetto della spazzatura è pieno». Mi sforzavo, ma non capivo qual era il problema. «Ti ho detto cento volte che i pannolini devono stare nel fasciatoio». Mettere 200 pannolini in una cassetto era una impresa da titani e non capivo la necessità. In effetti non capivo e per questo la sera spesso mi capitava, dopo il lavoro, di farmi il giro largo per tornare a casa il più tardi possibileNon riuscivo più a pensare che non valesse la pena arrabbiarsi. Lo ero e bastaE questa somma di cose che mi faceva incazzare non mi permetteva di godere di mio figlio.

Il fine settimana non vedevo l'ora di tornare a lavorare (anche oggi qualche volta capita ancora) e la notte diventava un incubo per quante volte mi svegliavo. Può essere mai che questo è essere genitori? Per qualche tempo ho pensato di non volerlo fare più, di mollare tutto e di andarmene. Ma non doveva essere una gioia? Io gioivo solo quando non vedevo né mamma né figlio e questa cosa mi faceva incazzare ancora di più. Dovevo essere un traino, un sostegno, ma ero solo un peso a volte.

E' stato il momento peggiore, quello che definirei depressione per i papà (DPP) più che post partum. E' il momento in cui si diventa ciechi. Il non vedere è una cosa terribile perché c'è il rischio di farti davvero male. Non vedevo DA1, non vedevo MPS, non vedevo me: il buio totale. Qualcuno dei miei amici mi diceva: «Ma che significa che non li vedi? » Significava avere DA1 in braccio e pensare di volerlo scaraventare a terra pur di interrompere il suo pianto. Significava pensare che avere una famiglia con MPS era per sempre pianti, litigi e cose che non vanno. Significava sentirmi inadatto, inutile, non all'altezza e iracondo per non riuscire a porvi rimedio. Nella nostra follia abbiamo pure concepito DA2 dopo 8 mesi. Serviva uno spiraglio di luce altrimenti non ce l'avremmo fatta.

Era il momento di una bella psico-terapia, di un sostegno perché avevo bisogno di una mano. E così finalmente un po' di luce è iniziata ad entrare. Dove? Prima in me e piano piano ha contagiato e illuminato tutta la mia famiglia. Ma ca@@o qualcuno ce lo poteva dire che bastava aprire gli infissi.

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