Parrebbe che, nonostante la mia passione per i cartoni animati, me ne sia persi parecchi durante il corso della mia esistenza. Un po' per il mio passato da [sigh] otakuminkia, un po' perché la mia pigrizia non mi ha fatto muovere abbastanza per goderne al cinema. Per fortune però ho una ragazza che mi spinge a visioni più leggere e coccolose, oltre che a della gente cerebralmente lesa quanto me che non ha capito che forse i dieci anni sono passati da un bel po'. E sono proprio stati questi ultimi che prima hanno spinto la signora Jean Jacques a vedersi questo How to train your dragon, la quale ne è ovviamente rimasta entusiasta, finendo poi per scassarmi alquanto affinché lo vedessi pure io. E questa è una delle rare volte per cui dovrò essere grato alla comunità di qualcosa, perché altrimenti, sempre per la mia pigrizia, mi sarei perso davvero un gran bel film. Anche a prescindere dal fatto che sia un cartone animato.
Sull'isola di Berk l'occupazione principale dei vichinghi è quella di uccidere i draghi, da sempre loro nemici. Hiccup però, figlio del capo-villaggio, è un'anima decisamente candida che non è portato per attività così mascoline, cosa che lo rende un emarginato fra la sua gente. Tutto questo finché non trova un drago ferito e decide di curarlo in segreto, fino a che...
Si sa che i simpatici jappo ci hanno insegnato che l'animazione non è ad esclusiva dei bambini, però per quanto riguarda l'occidente le cose sono ancora lontane dallo sposare questa filosofia. Certo, in Francia le cose vanno leggermente diversamente da un bel po' e negli States proliferano serie come I Griffin o i (primi) Simpson, ma i lungometraggi stellestrisce sembrano essere di puro uso e consumo degli infanti. E' un po' la nostra filosofia e credo che rimarrà sempre così, non vedremo mai qualcosa come Akira in occidente e cose come Fritz il gatto sono più uniche che rare. Ma è davvero un danno? Per certi versi sì, perché si mina una libertà espressiva, dall'altra però permette ai narratori più intelligenti di tergiversare queste regole in odo da fare un qualcosa che possano gradire sia i bambini che gli adulti che devono accompagnarli al cinema. Lo ha fatto la Disney dei tempi d'oro e sembra averlo imparato la Dramworks con questa bellissima pellicola, decisamente bambinesca nel modo in cui viene posta ma anche molto adulta per certi versi, siano essi narrativi che filosofici. Da una parte possiamo dire che questo film offre davvero poco o nulla di nuovo. Stessa storia di sempre in un mondo fantastico, stessi personaggi sfigati che da Peter Parker in poi sembrano assomigliarsi tutti e happy ending d'obbligo. Alla fine sono questi gli elementi che bastano a fare una storia e a dire il vero siamo in un epoca dove tutto sembra essere stato detto. Cosa fare, quindi? Cambiare il modo in cui le cose vengono dette. Perché ognuno, o almeno, ogni narratore che si rispetti, ha un suo modo di raccontare certe cose. La stessa barzelletta fa più o meno ridere a seconda di come una persona la racconta e lo stesso vale per i film. Dragon trainer non è altro che il classico cartone per bambocci un po' farlocchi, arricchi però da un'intelligenza di scrittura non indifferente. Al suo interno, sempre con il solito tono bambinesco tipico dell'animazione occidentale, vengono presi in considerazione un sacco di temi, quali la diversità, l'incapacità di emergere e il difficile rapporto fra padri e figli troppo diversi fra loro. Nulla che non sia stato raccontato in altri cartoni, ma ciò che ne ho apprezzato qui è stata la scanzonata maturità. Non sino temi messi ad minchiam così per fare, ognuno è portato avanti con un preciso sistema di maturazione che permette al personaggio di evolvere e di fare il proprio percorso. Solitamente in letteratura questo viene anche chiamato 'il cammino dell'eroe', ed è curioso quindi che il protagonista di questa storia diventi eroe suo malgrado, da perfetto looser fino a genio dell'attacco ai draghi, tutto questo però ottenuto tramite una menzogna. Forse perché gli eroi non esistono. Un eroe può essere chiunque, anche un padre in grado di capirti, cosa che quello di Hiccup non riesce a fare perché 'suo figlio non ubbidisce, mentre a lui se dicevano di prendere a testate un sasso lo faceva'. Ognuno ha un proprio talento, ma non può emergere la comune mediocrità non si accorge che c'è dell'altro rispetto a quello che normalmente la vita di routine ha da offrire. Se a questo poi uniamo un ritmo che non cala mai e delle animazioni che fanno valere appieno i centosessanta milioni di dollari di budget, il risultato finale è garantito. Dragon trainer è un cartone nel quale ogni fascia d'età può trovare qualcosa, che vada dal semplice divertimento fino al contenuto di spessore - senza dimenticarsi però di star guardando qualcosa destinato alla fascia infantile - con un finale magnifico e coraggioso, dove i due protagonisti rimarranno uniti sia nello spirito che nel corpo, sancendo così un gioco di squadra adulto e maturo, vera e propria sorpresa in un cartone simile.Sono curioso di vedere se col seguito hanno saputo mantenere intatti tutti i pregi offerti da questo film, specie in un periodo come questo dove i sequel sembrano averci abituati bene.Voto: ★★★ ½