Sembra di assistere per certi versi ad una puntata di Report, ma con accenni di ironia ben più acuta e attesa da una persona come la suddetta regista, che meglio si addice ad un'autrice che a suo tempo con le proprie imitazioni è riuscita a farci riflettere e ridere amaramente di figure emblematiche della nostra politica nostrana.
Emerge un'amarezza sconfinata da questa visione, dall'ascolto della ben nota intercettazione telefonica degli imprenditori felici dell'evento terremoto e del progetto New Town avanzato dal nostro Primo Ministro, che aiuta passo passo lo spettatore a ricostruire una memoria non così lontana, ma che sempre più spesso l'informazione ci porta a dimenticare o a ignorare, riuscendo a raccogliere sia le voci di assenso e dissenso del popolo vittima del terremoto, andando a sollevare domande sulla gestione dei campi, dell'assegnazione delle case e di tutto il sistema organizzativo proiettato più al post terremoto che alla prevenzione, perché questo è il valore semantico insito in un'istituzione denominata Protezione Civile.
La regista riesce così a tessere un discorso argomentativo che risulta sempre meno attaccabile, in cui evidenzia le mancanze e le contraddizioni di una gestione sia politica che istituzionale che si riversano e si riflettono nell'apparente entusiamo degli abitanti delle New Town, riuscendoci a mostrare le crepe e le rughe dietro l'apparente benessere e rinascita, raccontandoci e spiegandoci meglio di qualunque saggio il berlusconismo e ciò che è diventato e soprattutto la sua sottostima e sottovalutazione a suo tempo attuata e perpetrata colpevolmente.