Drawn to Death - Provato

Creato il 24 febbraio 2016 da Lightman

Sviluppato in collaborazione con Sony San Diego, Drawn to Death è il titolo d'esordio di un team dal nome davvero improbabile: The Bartlet Jones Supernatural Detective Agency, capitanato dall'istrionico David Jaffe, papà di God of War e Twisted Metal.

Francesco Fossetti scrive di videogiochi -fra una cosa e l'altra- da più di dieci anni, e non ha ancora perso la voglia di esplorare il mercato con vorace curiosità. Ammira lo sviluppo indie e lo sperimentalismo, divora volentieri tutto il resto. Lo trovate su Facebook, su Twitter e su Google Plus.

Sviluppato in collaborazione con San Diego Studio, Drawn to Death è il titolo d'esordio di un team dal nome davvero improbabile: The Bartlet Jones Supernatural Detective Agency. La mente che ha partorito questo arena shooter in terza persona è quella di David Jaffe, creatore di Twisted Metal e del primo God of War: ancora una volta il game designer conferma il suo amore per una violenza esibita ed esagerata, che in qualche modo finisce per "contaminare" lo stile visivo della produzione. Personaggi, arene e menù di gioco sono disegnati con tratti che ricordano quelli di una penna a sfera, come se rappresentassero i rozzi disegni tracciati sul quaderno di un adolescente. Evidentemente appassionato di musica metal, curioso esploratore di simbolismi satanici e fascinazioni horror, il misterioso autore di questi schizzi sembra essersi divertito a riversare sui fogli macabre stravaganze, tra amazzoni redivive, bassisti letteralmente indemoniati e vampiri con innesti cibernetici. Aggressivo e sporco, questo look tratteggiato in "punta di bic" è uno degli aspetti più interessanti della produzione, che tuttavia sembra difendersi anche sul fronte del gameplay. Drawn to Death è infatti uno sparatutto competitivo rapido e vario, che ci è sembrato discretamente divertente da giocare. E in più non costa nulla.

Ti disegno un proiettile in fronte

Drawn to Death sarà un free-to-play, di quelli che propongono un pacchetto iniziale di contenuti gratuiti e microtransazioni con cui acquistare il resto degli elementi di gioco. Prima di allarmarvi sappiate che tutto quanto può essere sbloccato con la valuta in-game e senza sborsare un soldo, anche se per il momento è impossibile valutare quanto il gioco sia generoso nell'elargirla. Scaricando la versione gratuita avrete accesso ad uno dei sei personaggi disponibili al lancio (altri arriveranno in seguito), e vi troverete in possesso di una soltanto delle mappe. Questo non significa che non potrete giocare sulle altre quattro, ma che nel menù pre-partita non avrete diritto di voto nel caso in cui il sistema chieda di scegliere tra due arene che non possedete. Anche le armi andranno sbloccate, e l'elenco di oggetti acquistabili si conclude con nuove skin per i personaggi. Nonostante il modello di distribuzione ci sembri perfetto per velocizzare la diffusione del prodotto, non nascondiamo una certa preoccupazione per quel che riguarda il bilanciamento; ma di questo potremo parlare soltanto di fronte al gioco completo. Per il momento, i deathmatch che abbiamo disputato sono stati intensi e divertenti. Complice una fluidità inchiodata sui 60 frame al secondo, le partite scorrono rapidissime e schizzate, nervose e cattive. Per primeggiare è importante conoscere le caratteristiche del proprio personaggio, che dispone di due abilità attive e di bonus passivi: Diabla Tijuana (una diavolessa messicana) ha ad esempio l'abitudine ad esplodere proprio in punto di morte, danneggiando i nemici che le stanno vicino ed eventualmente trascinandoli con lei all'inferno. Cyborgula (la versione Cyborg di Dracula) può invece materializzare un pentacolo che gli permette di darsi lo slancio per eseguire un doppio salto: in questa maniera riesce a schizzare in verticale e bersagliare gli avversari dall'alto. Anche metabolizzare le caratteristiche delle armi (se ne possono equipaggiare due) sarà importante: alcune sono adatte al combattimento a distanza, altre prevedono un approccio più ravvicinato; altre ancora hanno effetti speciali che richiedono un po' di pianificazione, come una fionda che lancia bombole di azoto liquido con cui congelare gli avversari: è molto lenta a ricaricare ed è possibile trasportare pochi proiettili, ma risulta davvero letale nel caso in cui si riesca a colpire un nemico, che resterà inerme per qualche secondo (attenti però a non farvi fregare la kill). Conoscere la conformazione delle arene servirà non solo per memorizzare la posizione dei medikit (non c'è rigenerazione automatica della vita), ma anche per sfruttare a proprio vantaggio le trappole mortali, e raccogliere gli estrosi power-up con cui massacrare gli avversari (anche su questo fronte si sprecano macabre bizzarrie, come matite giganti pronte ad impalare i nemici). Il risultato di questo poco ortodosso mix è uno scontro imprevedibile, fatto di uccisioni violente e continui ribaltamenti di fronte, in quello che assomiglia ad un dinamico miscuglio tra un brawler schizzato ed un classico arena shooter.

Più vario di quanto ci saremmo aspettati, scorretto ed a tratti persino disturbante (la mente del misterioso disegnatore dev'essere di quelle un po' perverse), Drawn to Death ci ha fatto una buona impressione: è uno sparatutto competitivo dal feeling arcade, scanzonato e disimpegnato come i titoli che andavano di moda negli anni '90. Una sorta di Twisted Metal senza veicoli, in cui è facile trovare l'impronta inconfondibile di Jaffe, tornato finalmente nel suo ambiente naturale, e pronto a dispensare l'ennesima (malvagia) lezione di stile.

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