A meno di un ripescaggio estivo, il bel Dredd è destinato ad una distribuzione repentina in DVD, per poi sparire all’interno di quei cestoni “tutto a 5 euro” che affollano, invisibili, i punti vendita della grande distribuzione.
Peccato perché l’epopea del giudice senza volto interpretato con masochistica e granitica fissità funzionale dal buon Karl Urban ha un che di veramente sfizioso e violentemente trascinante. Figlio di un’estetica apocalittica e polverosa come abbiamo già visto atrove, Dredd, ha il grande valore aggiunto di divertire, e non poco, lo spettatore alla ricerca di questo tipo di onesto prodotto d’intrattenimento.
Senza troppa presunzione e prosopopea il film parte a razzo e pur debitore in maniera piuttosto massiccia all’indimenticabile The raid redempion, riesce comunque a costruire una trama solida e ben orchestrata da una sceneggiatura che probabilmente non risulterà rivoluzionaria, ma che sicuramente riuscirà a divertire egregiamente, inanellando alla fine della fiera un paio di sequenze che faticheremo a dimenticare.
Costruendo una delle figure di cattivo più riuscite che vi capiterà di vedere ultimamente, la spietata e bastarda Mama, contrapponendole poi una figura femminile altrettanto forte ed indelebile come quella della recluta affiancata a Dreed in attesa di valutazione, il film si fa largo e prende corpo, non risultando mai gratuito o ridondante. Forte di un uso dello slow motion per una volta non irritante o semplicemente estetico, ma dannatamente funzionale a quello che vedremo scorrere allo schermo, Dredd surclassa il precedente ed imbarazzante tentativo di raccontare le gesta del fumettistico giudice, giuria e boia, già interpretato da uno Stallone fuori parte e fortunatamente dimenticato dai più.
Con gli Oscar alle porte, forse questo risulta essere il più dimenticabile dei film, eppure ha una sua forte identità, una sua dignità e una sua non dimenticabile estetica cinematografica.
Non è poco.
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VOTO
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