DRUNKEN JACKASSES: THE QUEST (2003) di Mike Fleiss (& Jason A. Carbone)

Distribuito in Italia direttamente per il mercato home video e passato praticamente inosservato, il film di Carbone e Fleiss (quest’ultimo produttore di Hostel e del buon remake di Non aprite quella porta) coniuga, attraverso un’intuizione stupefacente, la grammatica cinematografica del documentario con quella cialtrona della commedia collegiale stile American Pie. Il risultato fa pensare ad una rielaborazione goliardica del “Dogma 95” tanto caro (almeno in passato) al regista danese Lars Von Trier.
“Seguiamo le avventure di cinque compagni di college ad una festa a Cabo San Lucas in Messico, dove la temperatura si alza e il divertimento trionfa. Party selvaggi da togliere il fiato, nani erotomani e spacconi, fiumi di alcool e belle ragazze. E’ un viaggio che va oltre ogni limite, nel quale il giovane Eddie proverà finalmente la prima esperienza sessuale”
La vicenda non brilla certo per originalità, costruita interamente su un protagonista impacciato ed una serie di personaggi assurdi inseriti una una località festaiola messicana. Ma si noti innanzitutto come i protagonisti della vicenda siano questa volta collegiali reali, senza nomi di fantasia a mascherarli. Un film-esperimento il cui intento è quello di pedinare giorno e notte, mostrandoli attraverso le proprie esperienze, i ragazzi coinvolti: le sbronze spropositate, le feste, le indecisioni, le invidie, gli scherzi vigliacchi, i discorsi sulle donne ed ovviamente il sesso.
Non tutto funziona a dovere (spesso si percepisce una costruzione forzata delle situazioni e la mano registica che incide pesantemente sull’evoluzione del narrato) però, complessivamente, l’idea di partenza matura sapientemente, approfondisce in egual misura anche le figure marginali (come la mamma di Eddie) e dà in sostanza un piccolo contributo al filone dei college movie americani, fermi da tempo al modello vincente del collaudato American Pie. Nonostante questo, la pellicola si è rivelata un totale ed inaspettato fallimento ai botteghini d’oltreoceano.
Da apprezzare quindi come un buon boccale di birra ghiacciata, anche se non di qualità prestigiosa.

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