Ascoltare per credere.
"Tempus Machinae" è disponibile dal 6 Giugno su iTunes, eMusic e tutti i maggiori store di musica digitale.
"Tempus Machinae" è il tuo nuovo lavoro discografico. Come nasce? Come mai la scelta di questo nome così evocativo?
Il progetto Tempus Machinae non è altro che la realizzazione di un sogno, o se vogliamo di una “necessità musicale” che mi accompagna da molti anni.
Quando iniziai a lavorare professionalmente con la musica antica fui infatti costretto a lasciare indietro una serie di progetti legati alla composizione e la realizzazione di musiche originali, un po’ per mancanza di tempo e un po’ a causa dell’entusiasmo per i sopraggiunti nuovi interessi; non tardai però a sentire due cose: primo, che la musica antica non è affatto tale, nel senso che la sua incomparabile e perfetta bellezza può parlare nello stesso identico modo alla sensibilità dell’essere umano vissuto mille anni fa come a quello di oggi, e soprattutto cominciai a sentire la mancanza di quella musica che costantemente mi risuona dentro, la mancanza di sentirla realizzata, di poterla suonare con altri musicisti davanti ad un pubblico.
Così, con queste sensazioni a lungo sedimentate, ho pensato di realizzare un progetto che potesse veicolare e portare ad un pubblico moderno tutto il mio trascorso musicale, insieme alla mia passione e le mie competenze.
Tempus anticamente designava l’unità di misura del tempo musicale, ossia il valore della nota più grande. Il tempus era imperfetto (tempus imperfectum) se il tempo era binario, perfetto (tempus perfectum) se invece era ternario.
Machinae è il termine che definisce la macchina, qui intesa anche come fabbrica. Questo termine si impiegava spesso per indicare il cantiere della Cattedrale o la Cattedrale stessa, il tempio.
Si potrebbe dire che il suo significato sia “cantiere” o bottega, il luogo in cui avveniva la progettazione e la modellazione architettonica dell’edificio.
I due termini congiunti intendono suggerire un unico concetto, la “fabbrica della musica”, o “il Tempio della musica”, nel senso operante del termine.
Un disco che nasce da numerosi studi riguardanti musica medievale, studi di spartiti e scritti, molte volte, immagino, in un linguaggio non del tutto comune. Come ti sei avventurato in questo percorso?
La musica medievale non finisce mai di sorprendermi, dopo tutti questi anni passati a studiarla ed interpretarla credo sia un bacino di idee e di innovazioni, legati spesso ad una spiritualità ed una sacralità dell’evento sonoro, assolutamente unico.
E’ proprio dalla conoscenza di questo linguaggio, nelle sue più svariate manifestazioni, che nasce quella voglia di reinterpretarlo, di provare a rendere manifesta e a divulgare una tale ricchezza; ovviamente sono necessarie approfondite conoscenze paleografiche per decifrare la scrittura notazionale antica dei manoscritti.
Devo dedurre ti piaccia molto il Medioevo. Cosa ti attira di più di questa epoca, al di fuori della musica?
Il medioevo europeo, contrariamente a quanto si tende a credere, è stato un periodo storico di grande vivacità culturale ed artistica, forse tanto quanto il più blasonato “rinascimento”. E proprio nel medioevo si possono trovare le più profonde radici della nostra cultura occidentale odierna. Lo immagino sempre come una esplosione di colori, in molti sensi!
Si, sono soddisfatto, in modo particolare delle felici e particolari commistioni di suoni. Aver creato un dialogo tra strumenti antichi sconosciuti a molti e strumenti moderni è stata una scommessa difficile, ma credo di essere riuscito a rendere questo dialogo naturale all’ascolto, nonostante la realizzazione in fase di registrazione sia stata piuttosto complessa.
Auspico che il risultato, affatto “antico”, desti curiosità ed interesse per questi strumenti singolari anche in chi conosce soltanto quelli più moderni.
Come definisci quindi la tua musica?
Art Rock, Rock Melismatico, Rock Neumatico, Gothic Pop, sono tutte definizioni che possono calzare nel momento in cui si rendono necessarie delle etichette esemplificative per queste nuove sonorità, particolari ed inconsuete, certamente non semplici da definire velocemente.
Per quanto concerne i testi, a chi o a cosa ti sei ispirato?
Molto spesso la canzone nasce proprio da un’idea testuale, e sono alcune parole, il loro suono o la combinazione di più concetti a far scoccare la scintilla che innesca tutto il processo creativo. Spesso sono anche frammenti di parole latine o in altre lingue antiche, soprattutto nei periodi in cui sono impegnato nello studio di determinati repertori, a costituire un punto di partenza.
A volte certe parole o intere frasi perdono il loro significato originario per confondersi nella mia mente, con un teatro di ricordi, di immagini e suoni.
Il goal è quello di riuscire a dare a questi fantasmi un’immagine definitiva e compiuta, saper organizzare questa giostra di figure è proprio il più grande risultato; quando questo avviene in maniera oggettivamente convincente non posso che compiacermene.
Non nascondo che in molti casi sono proprio i sogni a fornirmi del buon materiale di partenza.
Possiamo definire il tuo disco un vero e proprio esperimento musicale, tra passato e futuro, alla ricerca di una identità propria?
Si, è esattamente questo. Ci sono nel mio passato e presente professionale molteplici identità, tutte apparentemente lontanissime e difficilmente accomunabili ad una identità stilistica e a spazi temporali univoci. Credo sia questa la nota di più grande interesse dei miei progetti, far convivere aspetti totalmente contrastanti avvalendomi di un sistema ed un metodo compositivo molto rigorosi.
Come pensi che il pubblico reagirà alla tua musica?
Credo e spero con interesse.
Si tratta di un lavoro molto particolare pensato e confezionato con estrema cura e con tantissima passione. I contenuti a tutti i livelli sono degni dell’attenzione dei fruitori ed amatori della musica più disparati. Credo di aver veicolato in maniera abbastanza semplice dei contenuti musicali colti e – in parte solo in apparenza – complicati.
Un disco che sicuramente verrà apprezzato molto nella sua dimensione live. Hai pensato a un modo per far convivere i vecchi strumenti musicali con i nuovi?
Certamente la dimensione live potrà dare un tocco speciale e spettacolare a questo progetto.
La maggior parte dei miei strumenti sono stati ricostruiti sulle antiche iconografie, sembrerà di vederli uscire da un affresco del ‘300 per venire a dialogare con le chitarre elettriche e le tastiere midi.
Sotto il profilo tecnico, sto già pensando ad un sistema di amplificazione da palco comune a tutti e di facile utilizzo. Mi piacerebbe infatti caratterizzare il suono di ogni brano con uno strumento diverso come ho fatto per il disco.
L’idea della particolare elaborazione è venuta in maniera spontanea, eravamo comunque alla ricerca di un’immagine non convenzionale che potesse in qualche modo echeggiare i travestimenti e le elaborazioni che ho fatto accadere in musica.
L’immagine elaborata che rende il mio viso difficilmente riconoscibile è speculare alla scelta di utilizzare uno pseudonimo, faccio tacere il mio vero nome per lasciare completo spazio all’alter-ego creatore che da sempre mi accompagna.
Progetti imminenti?
Far girare live Tempus Machinae, lavorare intensamente e ostinatamente, continuare ad elaborare e scolpire i sogni più incredibili, ricercare sempre quel difficile e precario equilibrio che contraddistingue una vera opera musicale, perseguire quei risultati che spesso si presentano meravigliosamente compiuti nei momenti più particolari del giorno come le primissime ore del mattino.