Due di Noi, Storia Semiseria della Vita Coniugale

Creato il 04 marzo 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Antonino Reina 4 marzo 2013

Con un tè pomeridiano e la Sala del Ridotto gremita ha preso il via la tre giorni riminese di Emilio Solfrizzi e Lunetta Savino, graditi ospiti, con lo spettacolo Due di noi, del cartellone principale del Teatro Novelli. I due attori si sono raccontati con garbo ed affabilità, ripercorrendo assieme al pubblico romagnolo le tappe scalate nella loro brillante carriera artistica e svelando difficoltà ed inquietudini del mestiere. Dalla dura gavetta alla piena consacrazione televisiva, dalla comune predilezione per il teatro all’apprezzamento per la buona fiction, i due attori hanno confessato la cronica mancanza, anche per i personaggi più affermati, di una ricca varietà di scelte artistiche. Dell’aspirazione, talvolta frustrata, ad una diversificazione di ruoli, ritenuta stimolante ma difficilmente realizzabile: «Per i produttori italiani restiamo legati a vita – ha ammesso Solfrizzi – alla stessa, unica, immagine che ci ha portato al successo. Così ad esempio ho dovuto combattere, anche dal punto di vista legale, per la modifica di una locandina cinematografica che mi ritraeva nei panni del giovane maestro. Una foto per nulla pertinente col mio film». Tendenza confermata da Lunetta Savino, che ha svelato il sogno di un ruolo drammatico, la durezza del momento delle prove teatrali, la difficoltà di apprendimento dinanzi ad un copione nuovo. E persino il rischio di dimenticare le battute di un monologo: «La classica défaillance, il vuoto mentale, è lo spauracchio di ogni attore, costantemente presente nei miei incubi. In casi come questi, un partner affiatato capisce immediatamente la situazione e corre in soccorso, anche con l’improvvisazione. Oppure, come mi è capitato, ci si scusa col pubblico, che apprezza sempre la sincerità».

Dopo il tè, finalmente in scena. Con tre esilaranti episodi di vita coniugale, in cui gli attori hanno rappresentato tenerezze, monotonie, nevrosi e malinconie del ménage matrimoniale. Tre situazioni in cui tutte le coppie presenti in platea si sono, inevitabilmente, riconosciute: il logorìo della nascita di un figlio in un improbabile tentativo di rivivere una luna di miele veneziana, nel primo episodio; la totale incomunicabilità di una coppia matura e la difficoltà di gestire il rapporto con amici separati e nuovi partner nelle altre due storie. Una pièce brillante, con la regia di Leo Muscato, che ha rimarcato le enormi, già note, capacità recitative dei due protagonisti, a loro agio in ogni situazione, dalla più surreale alla più seria; rivelando, peraltro, una splendida affinità tra i due artisti. Camaleontici nell’esprimere, nel giro di pochi attimi, sensazioni diverse ed addirittura frenetici nel rappresentare, nel terzo episodio, cinque ruoli differenti, con repentini e sbalorditivi cambi di abito, parrucca e personalità.

Un episodio, geniale nella sua realizzazione, che è stato il vero banco di prova per i bravi Solfrizzi-Savino. Forse anche l’unico, perché gli altri passaggi del testo scritto da Michael Frayn, a dire il vero, non sono sembrati convincere per originalità e premiare giustamente il talento della coppia pugliese. E ciò, nonostante il risultato sia stato senza dubbio divertente, come in occasione della scena, in stile Viaggi di nozze, della camera da letto, e dello snervante, ridicolo, refrain: «È la tua vacanza, devi riposarti». L’impressione finale è stata proprio questa: che i due attori avrebbero potuto interpretare i loro personaggi persino riposando. Per bravura e spessore recitativo, ci piacerebbe vedere i due alle prese con un testo più impegnativo, sfaccettato, con una valorizzazione piena. Magari anche in un ruolo drammatico. Ed è un dubbio, in fondo, che ci hanno insinuato gli stessi Savino e Solfrizzi, nel pomeriggio, davanti ad una tazza di tè.


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