Due di notte

Da Occhidadonna

Non accenniamo a rivestirci. Sembriamo superstiti di un festino: sono andati via tutti e se ci alziamo anche noi è finita la cerimonia.

Quando rimetto le mutandine, torno donna da sedurre. Mentre aggancio il reggiseno, ricordo che non sopporto chi mi telefona il giorno dopo. Le scarpe mi suggeriscono: scappa. E così via. Quando mi rivesto, smetto d’essere normale. Torno confusa. 

Mi chiama Elli solo quando sono nuda. Io rispondo: “Eccomi”. Dico: “Ti voglio”. Nessuno mi aveva chiamata Elli, e mi sembra di non essere mai stata chiamata. Dicevano il nome di qualcun altro e io non mi voltavo neanche.

Lui è come me: riesce a essere normale solo quand’è nudo. È bello essere simili a qualcuno, mentre si è noi stessi. Mi guarda in modo diverso, quando gli sbottono la camicia. Ammonticchio sulla sedia accanto al letto, trame di brutte esperienze, insieme alla biancheria.

Nudi siamo ingenui, inesperti di ragionamenti.

– Fammi l’amore – gli dico, di notte. Lui risponde con i fianchi.

Nudo è senza domande. È pelle che parla di desideri. È bocca che sorride semplice. È baci, e tutto suona. Schiocca. Nuda sono senza mode né artifici. Faccio pendant con le sue cosce. Sono mani che ballano la mia musica.

Nuda ho le risposte. Sono.

Lui mi ricorda una pioggia vecchia. Ridevo, sedicenne, per un acquazzone di fine giugno. Le mie braccia nude e bagnate odoravano come lui.

Lo annuso e gli dico: – Piove. – Mi risponde che ci sono trenta gradi, altro che pioggia. – Piove ogni volta che sudi – e mi viene da ridere, e lecco la sua pioggia fino alla sete. Mi torna la voglia di sentire il sapore di quel tempo.

Quando siamo nudi, torno bambina. Non ho ancora sbagliato niente; e come se fosse la prima volta che allargo la mia voglia di fronte a occhi d’uomo, mi torna la smania di urlargli – Sì -. Ancora.

Appena combaciamo, lo stringo. Mi sussurra di non smettere. Rischio di morire di nuovo, se non lo faccio. Smetterebbe di chiamarmi Elli. E che sarei? Mi rivestirebbe, la farsa della donna che non sono. Così lo lego con le gambe, fino al dolore. Se stringo, non mi perdo.

Non smettere – prego.

Non riesce quasi a muoversi; ondeggia, allacciato alla mia paura.

Elli, sono tuo. –Mi appoggia sulle labbra. Non so se lo dice perché è vero. Lo è adesso.


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