E’ questa la scoperta descritta su Nature, da un gruppo di ricerca in Australia, guidato dall’italiano Ettore Carretti. Allo studio hanno partecipato altri due italiani, Gianni Bernardi che lavora negli Stati Uniti, presso l’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics e Sergio Poppi dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) – Osservatorio Astronomico di Cagliari.
Rivelati e mappati grazie al radiotelescopio australiano Parkes, questi giganteschi flussi di particelle, visti dalla Terra, si estendono per circa due terzi del cielo da un orizzonte all’altro: complessivamente per 50.000 anni luce, pari alla metà del diametro della nostra galassia. Questi getti, che si trovano in corrispondenza delle regioni della Via Lattea dove il satellite Fermi della Nasa nel 2010 aveva scoperto la presenza di forti emissioni di raggi gamma (denominate per questo “Bolle di Fermi”) contengono una straordinaria quantità di energia, circa un milione di volte quella di una stella che esplode.
Questi geyser non rappresentano alcun pericolo per la Terra e il Sistema Solare «I flussi da noi scoperti, che in gergo chiamiamo outflow, non vengono emessi verso la Terra, ma si propagano perpendicolarmente al piano della Galassia», ha detto Carretti primo autore dell’articolo pubblicato sulla rivista Nature. E afferma lo scienziato, “non arrivano nella nostra direzione ma vengono emessi verso l’alto e verso il basso rispetto al piano galattico”. ”Noi”, sottolinea Carretti, “rispetto al centro della Via Lattea ci troviamo a 30.000 anni luce di distanza”.
I ricercatori sono giunti a queste conclusioni studiando le proprietà del campo magnetico degli outflow, misurando in particolare la polarizzazione delle onde radio captate. Informazioni utili per rispondere ad uno dei più grandi quesiti relativi alla nostra Galassia, ovvero come si genera e come è alimentato il suo campo magnetico.