Dall'altra c'è Rudyard Kipling, altro grandissimo della letteratura, che ci evoca profumi e misteri d'oriente, leggende, folletti che compaiono all'improvviso per spingere bambini in altre epoche. Forse anche lui fu tentato dallo spiritismo. Però non andò molto oltre su questa strada. Piuttosto trascorse il resto della sua vita a curare la memoria pubblica dei morti sui campi di battaglia. Dei moltissimi, tra cui anche suo figlio. Si impegnò nella Commonwealth War Graves Commission e fu lui a scegliere la frase biblica all'ingresso di molti cimiteri di guerra: Il loro nome vorrà in eterno - in effetti tremenda illusione anche questa.
Leggo le loro vicende nel bel libro di Jay Winter edito da Il Mulino, Il lutto e la memoria. E fanno riflettere, come no. Tra le altre cose, anche sulle incommensurabili distanze che separano la vita dentro i libri dalla vita fuori.