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Due o tre cose filosofiche su Tarantino e sul morire contemporaneo

Creato il 09 novembre 2010 da Andreapomella

Due o tre cose filosofiche su Tarantino e sul morire contemporaneoQualche sera fa guardavo Kill Bill Vol.1 di Quentin Tarantino. È stata l’occasione per riflettere sulla spaccatura filosofica fra la percezione americana e quella europea della morte. Pur essendo Tarantino un patito di un certo cinema europeo, la sua anima resta profondamente americana, soprattutto in questo, soprattutto nell’interpretazione del tema della morte. Ma non è parlare di Tarantino che mi interessa. Non sono un suo fan. E in linea generale, a parte gli esordi, mi interessa poco il suo cinema. Quello che voglio dire è che in una società così mutevole nelle proprie passioni l’esibizione della morte è, nel cinema quanto nella letteratura, uno dei punti fermi dell’epoca contemporanea. Parlo della morte depotenziata, fumettistica, senza approfondimento psicologico. Nei film come nei romanzi spesso gli uomini muoiono stupidamente, come insetti. La difficoltà di interpretare filosoficamente un evento biologico come la morte di un individuo, pieno di immani conseguenze sui destini dei singoli e sulle società di riferimento, fa sì che spesso autori e registi trattino questo argomento in modo sbrigativo, riducendolo all’atto stesso che procura la morte. È un punto di vista chirurgico che non ha niente a che vedere con la tradizione culturale da cui proviene l’occidente. Le meditazioni umane riguardo il fenomeno della morte costituiscono storicamente uno dei fondamenti nello sviluppo delle religioni organizzate. Che gli strumenti culturali per l’intrattenimento delle masse abbiano sostituito in parte il ruolo delle religioni nella rimozione del lutto, o forse è meglio dire nella sua idealizzazione, è un punto di interpretazione del presente molto interessante. Se in passato dovevamo ricorrere all’iconografia dei vari Caravaggio, Mantegna, Millais per definire un’idea della morte in senso moderno, credo che nel futuro, per capire al meglio questi anni, si ricorrerà alle graphic novel, ai fotogrammi dei film splatter, ai romanzi gialli senza introspezione. In ogni caso, una mutazione epocale, dal compimento del tempo come processo degenerativo alla morte come atto egotistico fine a se stesso.


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