Due o tre cose su Prometheus (sottotitolo: non sparate su Ridley Scott)

Da Ilgrandemarziano

Se parto dall'osservazione, mi rendo conto del tutto opinabile, che - da quello che ho potuto vedere (e quindi attraverso un'impressione personale con nessuna valenza statistica) - pur non essendo stato considerato un capolavoro da nessuno, Prometheus è stato giudicato come passabile più da parte degli appassionati di fantascienza, che non dal pubblico generalista, c'è qualcosa che non mi torna. Perché gli appassionati di cinema di fantascienza dovrebbero, a mio avviso, essere più esigenti, rispetto a un pubblico non addicted che riesce a trangugiarsi d'un fiato (e anche con una certa soddisfazione) Transformers e The Avengers. Se dunque questa considerazione ha qualche fondamento (e ho qualche indicazione che in qualche misura lo abbia), Prometheus deve avere qualcosa che in qualche modo funziona per un appassionato di fantascienza e invece non va a genio agli altri.
Sgombriamo però subito dal campo l'idea che l'appassionato di fantascienza, pur di vedersi robot, alieni e astronavi, sia disposto a sorbirsi di tutto. Non è così. Gli appassionati di fantascienza cui mi riferisco sono platee che hanno sviluppato un gusto per il genere (assai più del pubblico generalista), lo sanno vivisezionare, ne conoscono i meccanismi, i rimandi, ne possono apprezzare le citazioni e rilevare i plagi meglio di chiunque, e sono dunque capaci di farci le pulci sopra molto più degli altri e, anzi, proprio per questo sanno essere ipercritici a riguardo. Ebbene, in linea di massima a costoro Prometheus sembra che non sia dispiaciuto. Per lo meno non hanno sparato a zero, al contrario degli altri, i quali hanno invece parlato di un film (quasi) inguardabile, quando non di una ciofeca tremenda. Ebbene, personalmente credo di avere intuito un possibile (se interessante lo lascio giudicare a voi) motivo. Ma lasciatemi fare qualche passetto indietro.

Innanzitutto non è casuale che Prometheus suoni come una specie di remake di Alien (già i titoli di testa lo richiamano esplicitamente). Di fatto il progetto è partito come un film dichiarato appartenente al franchise di Alien per poi evolvere in qualcosa di sempre più diverso lungo la strada della realizzazione, senza però mai distaccarsene del tutto. Dunque non sorprende di ritrovarvi dentro tutti gli stilemi che lo stesso Ridley Scott ha definito nel 1979 e che poi sono stati ripresi a piene mani da altri cineasti. Parlo della situazione claustrofobica in un luogo estremo e alieno, e di un equipaggio che si trova suo malgrado a confrontarsi con una forza ostile con cui non può venire a patti e che piano piano lo decima (ricordo i vari seguiti di Alien, ma anche, così su due piedi, almeno La cosa, The Abyss, Sfera, Event Horizon, Pandorum, ma ce ne sono certamente altri). Inoltre, salta agli occhi come certe scene o situazioni di Prometheus siano state quasi rifatte, riprodotte, rivolute, come in una versione 2.0 rispetto alle originali di Alien, e chi ha visto il film sa bene a quali mi riferisco. È altresì ovvio che questo non può essere considerato casuale, né frutto di una mancanza di originalità. Vi piaccia o no, è stata una scelta precisa e voluta. Perché Alien non è solo un marchio, ma è anche un modello, un paradigma, un gioco che ormai ha le sue regole stabilite e tradirle significa cambiare gioco.
Dunque non credo che valga il discorso che ho sentito dire: Ridley Scott è alla frutta e non ha più niente (di nuovo) da dire. No, Ridley Scott ha deciso - a tavolino - di seguire le regole del suo gioco, con meticolosità, devozione e, quasi, riconoscenza. E, secondo me, in fin dei conti ha fatto bene. Perché Prometheus è, a tutti gli effetti un prequel di Alien, sebbene si piazzi rispetto alla storia originale in maniera del tutto trasversale e cerchi di dire molto di più del suo lontano predecessore, allargandone di parecchio l’orizzonte. Prometheus, infatti, proponendosi di raccontare una versione delle origini dell'umanità (Prometeo è il titano che creò l’umanità dietro incarico di Zeus secondo la mitologia greca), ci dà anche una versione (quasi esplicita) delle origini del parassita di Alien, e la sua peculiarità e nel contempo la sua pecca (quella che dicevo all'inizio, che gli appassionati apprezzano e i non appassionati denigrano) non sta tanto nelle - molte - situazioni che sanno di deja vu, quanto nella assoluta, totale, completa assenza di informazioni accessorie o spiegazioni.
[N.B. Qualche lieve spoiler da qui in avanti]
Durante il film lo spettatore viene infatti messo più d'una volta nella condizione di chiedersi la ragione di situazioni che sembrano sbagliate o messe lì a casaccio, come riempitivo, senza un senso preciso (e al cinema - va detto - poche cose sono peggio di questa), magari solo per creare una tensione narrativa, o per dare al regista la possibilità di girare una scena particolarmente suggestiva dal punto di vista cinematografico. Mi viene in mente la sequenza del sogno (che non si capisce subito che si tratta di un sogno e, benché lo spettatore attento possa capirlo, non viene spiegato, se non molto più avanti con un accenno del robot), come pure la sequenza olografica degli Ingegneri che scappano dentro la piramide (che poi si capisce essere una sorta di registrazione di qualcosa che è accaduto, ma che, anche in questo caso, non viene esplicitamente spiegato).
E se dunque è vero che il film qua e là trascende un po' la soglia della credibilità, come nella scena dell'auto-operazione della protagonista o come nel classico risveglio dell'infettato un po' troppo duro a morire (ma questo è soggettivo e poi, diamine, siamo pur sempre al cinema!), che il personaggio di Charlize Theron è del tutto inutile nell’economia della storia tranne per l’estetica, e che in qualche punto i dialoghi avrebbero potuto essere più curati, a livello di trama molti fatti restano non chiariti, ma lasciati alle congetture o alle riflessioni dello spettatore, e non parlo dei grandi Quesiti che il film pone. Per esempio, oltre a quanto già detto, non viene spiegato di preciso perché il robot infetta Charlie, cosa che non sembra avere alcunché a che fare con gli scopi del vegliardo e multimiliardario Weyland che ha finanziato l'impresa.
Non sappiamo nemmeno perché l'Ingegnere si incazza in quel modo quando il robot, ancora lui, gli parla (forse perché non voleva essere svegliato?!). D'altronde non viene fornito allo spettatore nemmeno il benché minimo indizio per sapere che cosa realmente il robot gli dice. Quello che è certo è che il ruolo del robot è cruciale, in una visione complessiva che non trascura le citazioni a Blade Runner (chi non ha pensato all'incontro di Deckard con Tyrell quando ha visto apparire Weyland in quell'ufficio olografico all'inizio?) rispetto per esempio al fatto che il robot non ha bisogno di rintracciare le coordinate della sua creazione, come invece ha bisogno l'Uomo; né le citazioni a 2001: Odissea nello spazio (l'inizio del film a bordo della Prometheus ricorda molto l'atmosfera a bordo della Discovery, il robot che a un certo momento si contrappone all'uomo per scopi non chiari è una versione corporea di Hal9000, la camera da letto del vecchio Weyland riprende nettamente la stanza finale del vecchio Bowman, senza contare tutto il tema della ricerca delle origini).
Ma lo spettatore nota anche delle incongruenze (vere o presunte?), come la ragione apparentemente del tutto inutile per il cui il letto operatorio automatico dovrebbe funzionare solo per i maschi (forse perché lo dovrebbe poter usare solo Weyland?), oppure perché i reperti archeologici terrestri indicherebbero quel pianeta come quello da cui l'umanità proviene, se si tratta solo di un pianeta-laboratorio degli Ingegneri (e Alien ci fa pensare che probabilmente è solo uno dei tanti) e non la culla degli Ingegneri stessi, come il finale del film conferma. Oppure, ancora, perché gli Ingegneri avrebbero lasciato il loro DNA sulla Terra (e soprattutto perché se il loro DNA è identico al nostro noi siamo così più piccoli di loro?) e crearsi così una discendenza genetica, per poi però volerla distruggere? Forse perché l'Ingegnere/Prometeo che vediamo all'inizio è un reietto dalla sua gente e si è sacrificato per la creazione dell'umanità, come un dispetto nei confronti di chi l'ha abbandonato lì? Da cui anche l'odio degli Ingegneri per l'Umanità intera?
Al di là dell'azione e dell'avventura che un film come questo istituzionalmente richiede, l'architettura narrativa del film appare dunque del tutto sospesa e se Alien non suscitava di fatto alcuna domanda, Prometheus pone in pratica solo domande, senza praticamente dare alcuna risposta (tranne forse quella meno importante, ovvero quella dell’origine del parassita di Alien). Così, giunti a questo punto, presumo che a voi venga la voglia di osservare che le risposte non ci sono perché (1) non ne avevano idea neanche gli autori, o (2) si preparano a farci uno o due sequel per spiegarci questo e quest'altro e quest'altro ancora (e spillarci un altro bel po' di quattrini). A questo riguardo chi ha un po' di dimestichezza con la narrativa e lo storytelling sa che, con lo scheletro giusto, si può sostenere quasi ogni cosa. E la mia sensazione è che Prometheus uno scheletro, ancorché forse proprio non solidissimo, ce l'abbia. Dunque, benché sono abbastanza buone le probabilità che alla fine un sequel ci sia (di fatto in giro se ne parla e lo stesso Scott non nega l'interessamento suo e della 20th Century Fox) e che almeno alcuni quesiti siano stati lasciati ad arte per tenere aperta una strada verso il seguito, credo anche che il film vada giudicato come opera a sé stante e, da questo punto di vista, una simile mancanza di informazioni e spiegazioni non dev'essere vista per forza come un vizio di forma, bensì come una scelta voluta e, in parte, anche coraggiosa. La caratteristica, in fin dei conti, che dà meno fastidio agli appassionati di fantascienza, avvezzi all'incontro con l'incomprensibile destinato a rimanere in parte tale e aperto all’ipotesi e alla speculazione, e dà invece più fastidio allo spettatore generalista che vuole dalla finzione la consolazione della verità e della conoscenza che la realtà non potrà mai dargli.


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