Oggi vi parlero’ brevemente del rapporto dei giapponesi con la religione. Un po’ en passant, perche’ ho un altro argomento, questa volta dall’Italia, che mi preme trattare e che mi ha fatto notevolmente incazzare.
Iniziamo con i giapponesi e la religione. Noi in Italia siamo abituati ad avere un’educazione religiosa che e’ piu’ o meno incentrata nel catechismo, dove uno impara le storie narrate nella Bibbia e nei Vangeli, dopodiche’ fa tutta la trafila di confessione-comunione-cresima, dopodiche’ e’ libero di decidere se crederci o no, se praticare o no, oppure semplicemente di lasciare li’ l’argomento come fanno moltissimi, dire “boh non so”, buttar via un’ora del proprio tempo in chiesa a natale e pasqua per far piacere alla mamma, due auguri agli amici e un bicchiere di vin brule’ aggratis.
Eppero’, bisogna dire che bene o male tutti noi, atei o credenti non solo in Italia ma anche in altri paesi cristiani, si ha quell’influenza culturale data dalla religione, che in 2000 anni e’ entrata bene o male a far parte della cultura. E non parlo solo di crocifissi sui muri, ma per esempio della tendenza che abbiamo noi italiani in politica di cercare l’uomo forte, il “salvatore” di turno che risolve tutti i problemi, che si chiami Berlusconi o Bossi o Di Pietro o Craxi o Mussolini, i partiti di profilo personale che altro sono se non un riflesso della ricerca del salvatore che ci toglie le castagne dal fuoco mentre noi stiamo belli tranquilli a farci la nostra vita come se niente fosse? Ma non siamo solo noi italiani eh: guardate ogni paese del mondo a ispirazione fortemente cattolica e ditemi se non ha un passato o un presente di incapacita’ nella politica e di esperienze piu’ o meno lunghe di dittatura. Ecco, questi sono i cattolici, gente che aspetta la manna dal cielo che tanto arriva il messia che lava le colpe, purifica dai peccati, sistema il PIL e le pensioni, amen.
Poi potrei continuare con la nostra tendenza a fare beneficenza un po’ per lavarci la coscienza e un po’ perche’ c’e’ sempre stato detto di amare il nostro prossimo, cosa che non facciamo mai in autobus o in coda alle poste, e allora lo facciamo con l’sms per gli alluvionati o per i terremotati di turno. In Giappone il messaggino per gli alluvionati non si e’ mai visto ne’ mai si vedra’, da loro la beneficenza non esiste proprio come cosa culturale. E infine, per fare un altro esempio, potrei citare la nostra tendenza al perdono, questo perdono di radice cristiana che dice di porgere l’altra guancia, e cazzo se ne porgiamo di guance in Italia, basta vedere i vari Bassolino Iervolino Mastella etc. che sono ancora non solo a piede libero, ma addirittura in politica!
Ecco. Questa cultura in Giappone, come ben sapete, non c’e’. E fin qua uno dice vabbe’, non hanno il catechismo. Non porgono l’altra guancia. Non cercano il Salvatore in politica. Non fanno beneficenza. Non pregano. Non interiorizzano. Hanno i templi che sono delle aziende vere e proprie, nel senso che l’ultimo degli stronzi puo’ farsi monaco, avere la sua famiglia tranquilla come una persona normale, tirar su un tempietto, metter su la bancarella delle monetine, e l’omamori, e l’omikuji, e via dicendo, e fare una barca di soldi. E quei soldi, signori e signore, non e’ che vadano al centro della religione shintoista o buddista, come quelli che vanno a Roma, che poi li ridistribuisce: no, sono tutti i tasca al monaco, che e’ a tutti gli effetti un imprenditore indipendente e non devere rendere conto a nessuno! (quindi, figurarsi la beneficenza che fanno… a loro stessi la fanno!)
Ora, naturalmente alcuni di voi son gia’ li’ pronti con la finestrella del commento a scrivere che la chiesa cattolica fa lo stesso, che raccoglie offerte ed e’ padrona di mezza Italia. Beh, e’ anche vero, in parte, ma bisogna pur dire che esiste una percentuale delle offerte e delle ricchezze della chiesa che va in aiuti ai bisognosi, in charity, in mense dei poveri, in missionari, ecc. Che poi sia sbagliato che la chiesa abbia tutto questo potere temporale, in questo sono d’accordissimo con voi. In Giappone pero’ e’ diverso: la religione e’ un lavoro come l’idraulico o il dentista, stop. E questo perche’ alla gente in generale della religione non frega assolutamente nulla. Per i giapponesi andare al tempio e’ come leggere l’oroscopo: scaramanzia, mi dicono il futuro, mi butto su un po’ di fumo per togliere gli acciacchi, batto le mani due volte, butto la moneta e il dio di turno, che magari non so neanche chi sia, mi protegge. Ed ecco le parole chiave: mi protegge, protegge me, mi aiuta nella carriera, mi aiuta nella famiglia, mi aiuta, mi mi mi mi. Poi uno si chiede come mai qua sono tutti un po’ individualisti, egoisti, onanisti e a volte arrivano anche al limite dell’autismo. Voila’ la raison.
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Ma abbandoniamo il Giappone, che avra’ pure tutti i difetti che volete, e torniamo in Italia, il paese che a confronto e’ geneticamente modificato perche’ la gente per sopravvivere ha bisogno di tre occhi, due davanti e uno sopra al culo per controllare che il suo prossimo non se la inculi.
Ora, porca di quella puttana. Io come sapete ho pubblicato un romanzo, e non vi dico delle vicissitudini per farmi pubblicare in Italia, le devo aver scritte in qualche post passato. In breve, in Italia gli editori ti chiedono un “contributo di pubblicazione“, con il quale ti dicono che partecipi alle spese e al rischio di pubblicazione, perche’ il costo della carta e la distribuzione, e bla bla bla. Invece, in realta’ il contributo copre tutta la pubblicazione, e pure le loro parcelle, e sti qua non fanno un emerito cazzo se non impaginarti il libro, farci il codice ISBN, e il loro lavoro e’ concluso li’, e tu il piu’ delle volte paghi ma in libreria manco c’arrivi, vendi 20 copie a quelli che ti conoscono e ciao. E questa e’ solo una delle tante truffe all’italiana, naturalmente ne sapete come e forse piu’ di me a riguardo.
Quella che volevo raccontare oggi e’ proprio una di queste truffe qui, di quelle ignobili che lucrano stavolta non sui sogni dei poveri scrittori in erba, ma sulla pelle dei disoccupati, di chi cerca lavoro.
Guardate questo sito: http://www.experteer.it/
Experteer si presenta come un sito per manager, con posizioni – dicono – dai 50,000 euro in su. Io ho saputo di questo sito da un amico, che l’aveva trovato un po’ per caso, ma non credo neppure l’abbia usato. Io mi ci sono iscritto perche’, mi son detto, vuoi mai che mi offrano un lavoro da 5000 euro al mese, che cosi’ torno in Italia bello tranquillo e all’estero ci vado solo in ferie?
Si, magari. Il problemino e’ che nel sito ti ci iscrivi gratuitamente… ma per trovare lavoro, per vedere le offerte devi PAGARE! Pagare, dicono loro, per avere un recruiter che ti segue!
Cioe’… gente, ma stiamo scherzando? E’ lo stesso principio dell’editore: un editore serio ti deve pubblicare gratis perche’ il suo guadagno dev’essere legato alle tue vendite. Se ti pubblica gratis allora vuol dire che ha scommesso, rischiato su di te, creduto in te, e che lavorera’ per il tuo libro, lavorera’ per il tuo successo, perche’ il tuo successo sara’ il suo! Ma se lo paghi prima, che gliene frega di te se il suo guadagno l’ha gia’ avuto upfront?
Stessa cosa qui: il recruiter deve essere il tuo sponsor, il tuo buddy, deve farti trovare il miglior lavoro possibile, deve aiutarti a trovare le migliori condizioni, perche’ la sua azienda alla fine prendera’ tanti piu’ soldi quanto piu’ alto e’ il tuo stipendio! Ma se lo paghi prima, che interesse puo’ mai avere nel farti trovare lavoro? Sara’ per forza tutto il contrario: piu’ a lungo sei disoccupato o alla ricerca di lavoro e piu’ lo paghi! Ma non e’ solo questo: una volta che ti ho dato 10 o 20 euro per accedere alle offerte di lavoro, chi mi assicura che siano decenti? Che siano vere? Che il sito non sia solo una cosa di facciata tirata su da una o due persone che pescano dai database di altri recuiter seri o inseriscono annunci trovati dai giornali e usano quel sito solo per addescare qualche decina di polli o di disperati che buttano via 10 o 20 euro per comprarsi un sogno?
In Italia, purtroppo, funziona cosi’. E’ il nostro modo di pensare, e’ la cultura, e qui potrei riallacciarmi al discorso religioso di prima. Noi si perdona, si porge l’altra guancia, ma si sa pure che l’altro ci perdona, quindi lo si incula, che tanto mal che vada si dicono un paio di padrenostri e si e’ fuori dai guai. O sbaglio?
Questo nostro modo di essere alla fine fa male, fa malissimo alla competitivita’, all’uguaglianza tra le persone, perche’ cosi’ facendo vince il piu’ furbo, vince il piu’ ricco, vince il piu’ disonesto. E che questo modo di vedere le cose sia radicato nel nostro essere lo si puo’ leggere nell’articolo con cui il direttore Antonio Polito lascia la direzione del Riformista. Leggetelo, e’ interessante.
Polito non dice che lascia perche’ non vende abbastanza. Non dice che lascia perche’ il suo giornale non e’ competitivo, e quindi rischia di scomparire perche’ non vende. No: dice che lascia perche’ non ha i contributi governativi. E a me vien da chiedermi: ma perche’ cazzo tu devi essere pagato dallo stato per avere un tuo giornale? Non dovrebbe essere che il mercato decide, i lettori decidono se devi chiudere o restare aperto?
Polito dice: col contributo governativo sei libero, senno’ devi avere un padrone. E’ lo stesso ribaltamento della realta’ che fa l’editore che vuol farsi pagare dall’autore, o del recruiter che che si vuol far pagare dal candidato. Il guadagno deve venire dai lettori, dagli utenti, dall’azienda che ricerca il candidato: solo allora c’e’ un servizio onesto, c’e’ meritocrazia. Per questo, caro Polito, tu hai meritato di andar via dal Riformista: perche’ non vali abbastanza come direttore. Perso il sussidio statale, il mercato ti ha segato via. E non e’ col contributo statale che si e’ senza padroni: e’ vero proprio il contrario, col contributo avere un giornale diventa remunerativo A PRESCINDERE, quindi e’ un mercato in cui entrano i furbastri tipo quelli di Experteer o tipo gli editori a pagamento: un posto dove si lucra sugli onesti, sugli ingenui, sul popolo, su Pantalone. E poi: senza padrone? Ma come puoi dire una cosa del genere, Polito, se mezzi padroni di mezzi giornali in Italia sono in politica, compreso il tuo, e dunque sono gli stessi che si son dati il contributo? E non e’ proprio per questo motivo che il 90% dei giornali e’ in mano ai partiti, e che di informazione seria e non aprioristicamente schierata in Italia praticamente non ce n’e'? Vergogna!
Ora, concludo perche’ oggi ho scritto troppo. Qualcuno li’ in Italia vuole farmi la cortesia di segnalare Experteer a Striscia La Notizia per favore?