Giorgio Maddoli (1916-1978) in particolare non si è mai staccato da questa città e dai suoi valori antichi e profondi come la pietra che ne costituisce il cuore. Un sentimento di quiete e serenità pervade ogni suo dipinto. L'armonia gentile dei colori crea una soffusa impressione di gioia tenue, di grazia illuminata. A questi sentimenti ha dato voce in tutta la sua produzione solidamente appoggiata al curriculum accademico e non si è lasciato tentare dalle sperimentazioni che nell'arco della sua carriera avevano agitato l'orizzonte pittorico anche perugino.
Era nato nel 1915 e aveva conosciuto gli orrori della guerra, ma alla pittura aveva assegnato il ruolo non di sfogo all'aggressività e al dolore, ma di eternazione di visioni tenere e gioiose. I ritratti sono pervasi di luce carezzevole come i paesaggi amati dalla brezza del tramonto.
Antonio Ranocchia (1915-1989) invece ha cercato di uscire da Perugia e raccogliere stimoli soprattutto dalla Francia e Firenze. Era andato a Firenze per imparare come lo spirito diventa pietra o bronzo nelle opere dei più grandi e certamente aveva amato l'ultimo Donatello tragico e scarnificato.
Le metope ad altorilievo non lasciano spazio ad altro che a figure umane e vi manca il respiro, vi manca l'aria. Si coglie l'ispirazione della filosofia esistenzialista (così popolare all'epoca da meritarsi anche una parodia di Totò) centrata solo sull'esistenza dell'uomo, abbandonato sulla Terra senza cielo senza spazio e senza Dio.Il dramma è nella struttura stessa delle opere. Il dolore è il tema più ricorrente, dolore che incide le carni e spalanca le bocche in urli senza suono. A me ricorda il contemporaneo pittore francese Rouault che scava le sue tele col nero grosso e crudo del suo pennello per rendere una condizione esistenziale di sofferenza infinita. Come questo, anche Ranocchia lavora molto a soggetti religiosi, in particolare per tre stazioni della Via Crucis di Collevalenza, centro di misticismo di assoluta importanza e visibilità, nonché per opere alla Pro Civitate Cristiana di Assisi.
Entrambi gli artisti hanno insegnato professionalmente la loro arte e, con le tecniche, anche i loro valori di dignità e modestia. Non hanno mai abbandonato la figura e questo non è certo un demerito in un periodo in cui la moda andava in direzione opposta. La loro fedeltà è stata anche fedeltà ai temi del loro “canto”, ai loro sentimenti e valori, ritenendo che l'arte debba essere espressione autentica di questi e non ricerca pura di forma, materiali ed esperimenti, che le opere debbano avere un significato comprensibile benché complesso e non lanciare dei segni ambigui e casuali lasciando che sia lo spettatore a inventare un significato valido per sé e per sé solo. Loro avevano messaggi da comunicare e volevano che fossero capiti. Non lasciarono ai critici la possibilità di costruire castelli e costellazioni ingegnose di idee: forse per aver tarpato loro le ali non sono stati molto amati...Perugia, Palazzo Baldeschi21 novembre 2015 - 21 febbraio 2016Link al sito web della mostra
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Two different ways in art and existence
The works of Giorgio Maddoli and Antonio Ranocchia at the Foundation CariPerugia Arte
An important donation has been made to the Unicredit Foundation and therefore to the city of Perugia. Maddoli and Ranocchia Families have donated their collections of paintings and sculptures to leave a definitive sign of two artists who shared their ineradicable roots in Perugia.
Maddoli in particular never detached from this city and its ancient values deeply rooted in the stones that form the heart of Perugia. A feeling of peace and serenity pervades every painting. The gentle harmony of colours creates a soft impression of joy and tenuous grace. These sentiments were voiced throughout his career firmly resting on the academic curriculum which was never involved in the experiments that during his career shook the pictorial horizon everywhere. He was born in 1915 and knew the horrors of war, but he didn't assign art the role of venting aggression and pain, but of creating visions of joy and tenderness. The portraits are infused with caressing light like his beloved landscapes at sunset.
Antonio Ranocchia instead tried to get out from Perugia and collect stimuli mainly from France and Florence. He had gone to Florence to learn how the spirit becomes stone or bronze in the works of the greatest and certainly had loved Donatello's latest creations. The high-relief metopes leave no room for anything but human figures and you can not breathe. Drama is in the very structure of the works. It would seem that it is pain the most recurrent theme, pain that affects the bodies and opens the mouths for screams without sound. I remember the contemporary French painter Rouault digging his paintings with big black brushes to make an existential condition of endless suffering. Like him, Ranocchia works on religious subjects, in particular for three Stations of the Cross of Collevalenza, center of mysticism of absolute importance and visibility, as well as works for the Pro Civitate Cristiana in Assisi.
Both Maddoli and Ranocchia never abandoned the figura and this is certainly not a demerit in a period where fashion was going in the opposite direction. Their loyalty was also faithful to the themes of their inspiration, their feelings and values, believing that art should be an authentic expression of this search and not pure form and experiments, that the works should have a meaning understandable although complex and shouldn't launch ambiguous signs at random leaving it to the viewer to invent a valid meaning for him and him alone. They had messages to communicate and wanted them to be understood and didn't ask the critics to build castles and constellations of ingenious ideas about them: perhaps, guilty to have clipped their wings, they were not very popular among them...