Domani uscirà al cinema "Il grande Gatsby" trasposizione cinematografica (la quarta se non erro) del libro di Francis Scott Fitzgerald, diretto da Baz Luhrmann. La campagna pubblicitaria dietro a questa uscita è stata molto forte. Il libro è tornato a far sentire la sua presenza in libreria e nelle classifiche, grazie anche all'edizione da 0.99 € della Newton Compton. Tutti ne parlano e chi ancora non aveva letto il libro è prontamente corso ai ripari. Così che adesso tutti stanno parlando di questo libro e di questo film. I"Il grande Gatsby" è un romanzo che ho letto diverse volte, in diverse lingue e in diversi momenti della mia vita. La prima volta ero molto giovane e, ammetto, credo di non averci capito molto. Poi l'ho studiato, l'ho riletto in inglese e mi si è aperto un mondo. Non tanto per la trama, che può piacere o meno, quanto per l'incredibile caratterizzazione dei personaggi e per il ritratto di quella fantastica società degli anni '20 in America.
Un libro che amo molto, che consiglierei a chiunque di leggere, anche se capisco perfettamente che possa lasciare un po' interdetti e che non si possa sempre cogliere, soprattutto dopo una singola lettura, tutta la sua forza.
Come dicevo, in occasione dell'uscita del film, non si fa altro che parlare di Francis Scott Fitzgerald e delle sue opere. In questo calderone di marketing c'è finita anche la rivista Vanity Fair che ha pubblicato in esclusiva, nel numero della settimana scorsa, un racconto inedito di questo autore.
Io leggo questa rivista (di cui apprezzo molto le pagine dedicate ai libri e ai film) a sbafo, rubandola a mia suocera che me la passa quando ha finito di leggerla. Solitamente, quindi, la sfoglio con un paio di settimane di ritardo. Però questa volta, saputo della presenza del racconto, non ho potuto fare a meno di chiederle se potesse passarmi quelle pagine (un gesto non esattamente elegante, però per la lettura questo e altro). E quindi domenica, seduta sulla sdraio al sole, ho letto questo raccontino. Casualmente, sempre domenica mi è arrivata la segnalazione di una fan (che ringrazio tantissimo) per questa rubrica e riguardava proprio questo racconto.
Un racconto inedito, dicevamo. Inedito perché la sua pubblicazione, sebbene Fitzgerald fosse già conosciuto, era stata scartata da tutti le riviste a cui l'aveva proposta. C'è chi dice per il tema non semplice, chi perchè c'era crisi e chi con molti meno scrupoli perché non era all'altezza. Ma iniziamo dal titolo. Il racconto in lingua originale si intitola "The Nightmare", ovvero "L'incubo". Sulla rivista (deciso da chi, non lo so) è stato invece presentato come "Proposta di matrimonio":
Sì, lo so, detta così potrebbe anche avere un aspetto ironico e non so se questo sia effettivamente stato lo scopo di chi ha scelto il titolo o se si tratta di una casualità. In ogni caso, non riesco a trovarla una scelta azzeccata. Anche perché era davvero semplice da tradurre: "L'incubo".
E il racconto, tradotto da Anna Ravano, effettivamente parla di un incubo, quello vissuto dai degenti di un manicomio e da chi lì ci lavora, che, inevitabilmente, se non sta attento, rischia di diventare più matto dei matti che cerca di curare. L'incubo è quello vissuto da un uomo, i cui tre fratelli vivono in questo manicomio, che decide, scambiando normali segni di stanchezza per sintomi di una malattia mentale, di farsi internare, per sicurezza, per capire se c'è qualcosa che non va. Ma ben presto si renderà conto che il limite tra sanità e malattia mentale è molto labile e può vacillare in chiunque. Per carità, una proposta di matrimonio all'interno di queste poche pagine c'è davvero e svolge anche un ruolo importante. Ma perché cambiare il titolo?
Per carità, preferirei veder pubblicate le sue liste della spesa o i suoi appunti delle elementari anziché le nuove edizioni di Gatsby con la locandina del film in copertina, come quella di Mondadori.
Può anche darsi che lo stesso Fitzgerald, visti i rifiuti non avesse più voluto saperne di questo raccontino, che se ne fosse lui stesso dimenticato. Il fatto che un racconto sia inedito, per quanto bravo e famoso sia lo scrittore, non implica per forza che sia anche bello, no?
Non ce l'ho assolutamente con il racconto di Fitzgerald, su cui sto ancora un po' meditando (l'ho trovato in parte ben scritto in parte un po' confuso... e non so se questo senso di confusione sia voluto o meno). E' che non riesco tanto a sopportare la moda in letteratura. E' una cosa che proprio mi irrita e mi dispiace che a caderne vittime siano anche autori notevoli, che una persona dovrebbe leggere sempre e comunque, indipendentemente dal film o da quanto sia bello il protagonista che lo interpreta.