Nella storia della chiesa fidentina, le confraternite meritano certamente un posto di rilievo perché sono tra le più antiche espressioni dell’associazionismo laicale e per il ruolo che hanno assunto nel corso dei secoli nella vita spirituale, artistica e culturale delle nostre comunità. Vincenzo Plateretti, nelle sue ormai famose “Memorie per servire alla storia dello stato attuale di Borgo San Donnino”, ne ricorda cinque ancora esistenti in città agli inizi del secolo XIX: quella del SS. Sacramento in Duomo, della B.V. della Misericordia detta dei Cinturati in S. Pietro, della SS. ma Trinità presso l’oratorio di S. Giorgio, del Suffragio “detta del Cordone” nella Chiesa dei PP. Conventuali di san Francesco e “finalmente quella della Morte, nella Chiesa o Oratorio di S.ta Maria della Rocca, o Madonna del Pilastro”. Di altri pii sodalizi si ha notizia nei secoli precedenti, ma nel complesso si tratta di una realtà ancora poco chiara e poco studiata. Pochissimo sappiamo, ad esempio, della confraternita penitenziale dei Battuti Bianchi o Disciplinati o Scoatti, che fino al 1778 ebbe come proprio oratorio la chiesa di Santa Maria Annunziata. Particolarmente impegnati nella diffusione della devozione mariana e a promuovere opere di carità verso i poveri infermi, gli orfani e i pellegrini, il loro ricordo di questi confratelli laici è legato soprattutto alla caratteristica immagine degli incappucciati raccolti sotto il manto protettivo della Vergine Maria, affrescata sopra l’altare maggiore, e alla stessa architettura della chiesa, con le sue stratificazioni romaniche, gotiche, rinascimentali e settecentesche, nonché al contiguo bellissimo chiostro tardo quattrocentesco.
L’individuazione della antica sede dei consorziali rappresenta, a mio avviso, un dato interessante non solo per la storia e le vicende architettoniche del massimo tempio fidentino, ma anche per meglio comprendere il significato delle pitture che arricchiscono uno degli angoli meno conosciuti del nostro Duomo: l’ immagine molto realistica di Cristo morente sulla croce affiancato da Maria e Giovanni, sembra infatti esprimere magnificamente la spiritualità di un sodalizio religioso tutto proteso a testimoniare con le opere l’Amore misericordioso di Cristo. Stando alle guide, la cappella dei Consorziali sarebbe stata “aggiunta attorno alla metà del 500”, ma la datazione è troppo avanti rispetto alla Crocefissione e agli altri frammenti di affreschi, che fanno pensare, come conferma Mariangela Giusto, ad un ignoto pittore di formazione lombarda, forse un cremonese, attivo tra la fine del Quattro e gli inizi del Cinquecento. Alla fine del Settecento risale invece la cornice in stucco di gusto tardo barocco che racchiude il prezioso affresco tardo rinascimentale. A questo intervento, che ha comportato la distruzione di gran parte delle decorazioni originarie, accenna indirettamente il diario del pittore fidentino Angelo Dalverme (1748-1825), che in data 10 ottobre 1778, annota di aver ricevuto la somma di L.215 dal rettore del Consorzio, Ferdinando Ansaldi, come compenso per una tela da collocarsi sulla cimasa dell’ancona: “Dal Sig.e Rettore del Consorzio Ferdinando Ansaldi per un quadretto della B.a. V.e del consorzio posto in d.o Altare L.215” ( cfr.:A. Leandri, “Il pittore. Angelo Carlo Ambrogio Dalverme..”, p.45). La piccola tela mistilinea, tuttora in situ, ricalca lo schema tradizionale della Madonna della misericordia. Essa infatti raffigura la Vergine in piedi nell’atto di accogliere sotto il suo manto i consorziali di San Donnino, ritratti a destra le donne e a sinistra gli uomini: nel gruppo di quest’ultimi, nel personaggio che guarda verso l’osservatore, è forse riconoscibile l’autoritratto del pittore, come lasciano supporre l'atteggiamento, l’età e il vestito nero dei chierici, un particolare quest’ultimo coerente col titolo di abate di cui fregiava l’artista fidentino, coetaneo, amico e collaboratore di Don Pietro Zani. Allo stesso Dalverme sono attribuibili, a mio avviso, anche il disegno della cornice e i decori con ornati e volute, mentre per gli ornati architettonici e i vasi di fiori, riemersi dopo il restauro ai lati dell’altare, è possibile fare il nome del prospettico e ornatista piacentino Antonio Maria Ferrari (1736-1802), suo stretto collaboratore. Nel 1924, come ricorda lo storico fidentino don Guglielmo Laurini (“S.Donnino e la sua città”, 1924, p.58) la cappella dei Consorziali, essendo la confraternita da tempo soppressa o comunque non più attiva, è ridedicata a san Gislamerio e ancora una volta trasformata, con l’aggiunta del pavimento in gres, della balaustra, dell’ altare in marmo bianco, tuttora esistenti, e di una nuova pala raffigurante il compatrono di Borgo. Quest’ultimo dipinto, opera del pittore parmense Umberto Concerti (1891-1979), verrà in seguito rimosso e quindi trasferito presso il Palazzo Vescovile, dove è tuttora esposto. Per concludere, un’ultima annotazione, di carattere “archeologico”, relativamente all’esistenza di un vano sotterraneo scoperto nel corso degli scavi effettuati nel 1994 sotto il pavimento della cappella dalla Soprintendenza ai Beni architettonici: i risultati della ricerca non sono stati ancora resi noti, come lamenta Kojima Yoshie, ma non è escluso che si tratti proprio dell’ossario dei benemeriti quanto dimenticati Consorziali di San Donnino. Guglielmo Ponzi
Da "il Risveglio" 12 luglio 2013