Dust
Silo Trilogy
di Hugh Howey
Autore: Hugh Howey (Traduttore: G. Lupieri)
Serie: Silo Trilogy #3
Edito da: Fabbri
Prezzo: 14.90 € // ebook 4.99 €
Genere: Distopic romance
Pagine: 456 p.
Trama: Cosa faresti se il destino di tutte le persone che ami fosse nelle tue mani? Se le tue scelte potessero salvare o condannare a morte l’umanità intera? La storia del Silo finisce così, con il ritorno alla polvere. Dust, polvere: quella che cade sugli operai del reparto meccanica mentre scavano un passaggio tra un silo e l’altro. Quella che ricopre una misteriosa macchina, abbandonata durante la costruzione dell’intera struttura. Quella che si accumula all’esterno, sotto un cielo reso feroce dall’aria tossica. In un mondo asfittico, basato su segreti e bugie, qualcuno ha scoperto la verità. E ha intenzione di raccontarla. Jules sa cos’hanno fatto i suoi predecessori, conosce il loro inganno. Sa qual è la ragione per cui la vita deve essere vissuta in questo modo. E non lo accetta. Ma Jules non ha più sostenitori. Per lei c’è qualcosa di molto più pericoloso dell’aria tossica del mondo esterno. Un veleno si sta diffondendo all’interno del Silo 18. Un veleno che non può essere fermato.
Epico e commovente, l’epilogo della trilogia di Hugh Howey è sofferto e appassionato, capace di sorprendere, stupire, emozionare. Wool ci ha portato all’interno del Silo. Shift ci ha raccontato la storia della sua costruzione. Dust è la cronaca della sua rovina.
Silo Trilogy:
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Triste. Triste per aver terminato l’avventura con la trilogia dei Silo. Eppure molto soddisfatta. Una lettura piacevole, che ha accompagnato questi ultimi mesi lasciandomi spesso, tra un libro e l’altro, carica di curiosità. Le vicende di Juliette e dei suoi compagni di avventura/sventura riempiono altre circa cinquecento pagine di questo terzo e ultimo volume della saga. Se pensavo di aver scoperto tutto leggendo SHIFT (il prequel, che comunque va letto dopo Wool), leggendo Dust mi sono accorta che l’autore aveva ancora in serbo una quantità di informazioni da capogiro.
Cosa è riuscito a inventare?
Un mondo apocalittico, distopico, post apocalittico. Complotti mondiali. Meccanica rudimentale e sofisticata. Alta tecnologia in contrasto con tecnologia di base. Odio e amore. Vendetta e speranza.
Questi e molti altri sono gli ingredienti che rendono davvero doveroso leggere questa trilogia.
Come accennavo nella mia prima recensione, in merito a Wool ( e ancora non sapevo cosa mi aspettava!), la trama che l’autore è riuscito a mettere su è davvero impressionante. Vasta per quanto riguarda la linea temporale, intricata a livello di spazio. Gli intrecci si rincorrono come fili della corrente su tralicci che ospitano allo stesso tempo, cavi di rete, dell’acqua e del gas. Lasciatemi passare questa metafora-citazione, ma sono appena uscita dalla lettura di questo libro e ancora il mio mondo è leggermente distorto.
Le vite di molti personaggi sono legate in maniera indissolubile e anche loro se ne renderanno conto, malgrado tutto.
Insieme alla nostra Juliette (Jules o Jewel come viene chiamata) vediamo crescere nuovi e vecchi personaggi. Vediamo acquistare spessore ad alcune figure che si erano mosse fino ad ora solo come pallide ombre, e che non avresti mai detto che avrebbero avuto un ruolo importante.
Ma nel mondo costruito da Hugh ogni piccolo particolare, seppur insignificante, non va lasciato al caso.
La nostra protagonista è una donna eccezionale. Cresce durante la trilogia, conferma il suo carattere deciso. Testarda e cocciuta, non si da mai per vinta. Animata da forze come la curiosità, l’amore, la vendetta e poi infine la speranza, riesce a ottenere sempre ciò che desidera. Spesso i suoi piani non seguono il corso che lei aveva stabilito, ma prontamente la nostra eroina riesce a rimediare. Una vera meccanica della vita. Riesce e cerca sempre in ogni modo di riparare tutto.
Juliette la vediamo nascere come meccanica, divenire sceriffo e infine sindaco. Non un capo ma un leader.
E lasciatemelo dire, una guida con il peso del mondo che grava sulle sue spalle. E la nostra protagonista, come un gigante, immensa come un titano riesce a sopportare il tutto, anche se in alcuni momenti si lascia sopraffare, schiacciare e vorrebbe abbandonarsi sotto quel peso atroce.
Però l’autore manda un messaggio importante.
Per quanto la nostra protagonista sia una persona eccezionale, non sarebbe mai stata niente senza l’aiuto di altre persone consapevoli del proprio ruolo, persone che l’hanno sostenuta, aiutata, spronata, che le hanno insegnato, consigliato, suggerito.
Hugh manda un messaggio importante ed è COLLABORAZIONE. Senza quella anche il più perfetto dei mondi può collassare, senza unione di intenti e forze nessun uomo è capace di cambiare nulla.
Si rischia di rimanere isolati. E questa la differenza tra un capo e un leader. Un capo comanda e si fa valere tramite la paura e l’ignoranza dei suoi subalterni. Un leader guida, spiega, e non sfrutta la paura ma la speranza. Un leader condivide. Un capo priva.
L’autore ci da una grande lezione di vita, e dovrebbe far riflettere ogni lettore e mi permetto di dire, che in Italia forse avremmo davvero bisogno di queste consapevolezze.
E ancora l’autore fa leva su sentimenti come amore, amicizia, perdono, compassione.
Ho amato la piccola Elise, che per il suo cucciolo ha tentato ogni cosa, che con il suo libro ha portato “conoscenza”. E il suo amico Shaw, che in un mondo dove i cani sono cibo, nonostante la fame, ha custodito il cucciolo della sua amichetta “senza mangiarlo”, come afferma lui stesso. Un altro messaggio importante. La piccola Elise inorridisce dinnanzi all’affermazione di un contadino che nel bazar parla di cuccioli. Si riferisce a loro come carne tenera. Non fa differenza tra maiali o cani o altro.
Elise non comprende. Le sembra strano che quella gente mangia anche “cuccioli”.
Seppure in maniera trasversale, anche quì Hugh insegna qualcosa. Non possiamo inorridire per chi mangia cani, se noi mangiamo maiali. Culture diverse, considerano cibo cose diverse. In ogni caso rivoltante.
Poi ci parla del concetto di “famiglia”, non necessariamente come gruppo di consanguinei, ma come persone che perseguono un unico scopo, che guardano tutti al bene comune, che non sprecano risorse e non vedono l’altro come una minaccia.
Potrei continuare con tutti i messaggi positivi trovati all’interno di queste pagine. L’autore ci offre molti spunti di riflessione, e come in SHIFT, anche qui ci fa vedere il bene e il male nell’uomo, il dritto e il rovescio della medaglia. E io non posso fare a meno di confermare uno dei punti base del mio pensiero, che trovo confermato anche in questo libro: non esistono razze, ma solo individui.
Non esistono gruppi di buoni e di cattivi. Ogni nucleo può racchiudere persone che possono vantare l’appartenenza alla razza umana, in quanto esseri più evoluti sul pianeta, e altri che purtroppo sono ancora più in basso di molte bestie. Coloro che non conoscono compassione in primis.
Chiudo qui questa recensione, con la speranza che Hugh scriva un ulteriore seguito. Già, per quanto tutto si sia concluso, o quasi, ci sono ancora molte strade che potrebbero essere percorse e molte altre situazioni che meriterebbero risposte più concrete.
Cinque stelle meritate, con lode.