Ciò che colpisce è che Bersani non difende idee, non sembra parlare a un elettorato di riferimento, non dibatte del senso che ha l’appoggio acritico al governo, ma sembra dentro un gioco di scacchi nel quale l’unica preoccupazione pare quella di non rimanere col cerino acceso in mano. “Se passa l’idea che si può allungare l’età pensionabile di un infermiere di 4 anni ma non si possono toccare notai, banche e titolari di farmacie si crea un problema serio”. In queste poche parole sta proprio tutto il problema del partito e del suo segretario. Intanto perché l’aumento improvviso dell’età pensionabile fino a livelli che a regime raggiungeranno i 70 anni è imparagonabile alle bagatelle su farmacie e notai, volute probabilmente per fare spazio a grandi studi legali e a qualche catena farmaceutica. Proprio non si può proporre un paragone a meno di non ammettere di essere privi di un’idea di società. E quanto alle banche, solo un cieco non vedrebbe che molti provvedimenti sono fatti per avvantaggiare banche e assicurazioni. E francamente non ci si potrebbe aspettare altro da un premier che è ancora advisor di una grande banca internazionale.
Non scherziamo, i problemi del Paese e di milioni di persone sono tutt’altro rispetto a questa guerriglia parlamentare sottopelle nella quale il Pd teme di fare l’agnello sacrificale rispetto a un Pdl deciso a sostenere il suo zoccolo duro di consenso. Perché il segretario non ci parla dell’articolo 18, o della legge sulle intercettazioni sulla quale sembra aver cambiato idea? Nascondersi dietro la necessità facendo finta che non esistano ricette diverse per uscire dalla crisi, girare la testa di fronte all’evidente subalternità di Monti alla Merkel, far finta che l’austerità imposta alle classi popolari sia la via d’uscita, quando è evidente che ci porta alla recessione e questo per bocca della stessa Fmi, ecco quali sono i veri problemi. Non certo un’equità astratta di rapporti dentro il Parlamento.
Ci dica almeno quali sono le “nostre idee” nonostante le quali si approva ogni cosa del governo. Perché a questo punto delle due l’una: se si vota contro le proprie idee vuol dire che non ci si crede davvero, che non si pensa possano funzionare oppure che queste non esistono, che sono una fenice il cui ciclo di morte e resurrezione si svolge solo tra i discorsi.
Kleiner Mann, was nun? E adesso pover’uomo? Forse adesso non sarebbe un male aver conservato un po’ di utopie, non essersi lasciati andare come oppiomani a una falsa concretezza che senza idee, speranze, progetti è solo un’ astrazione dentro la quale ogni evento, anche il più funesto per la società italiana è possibile. E chiedo a un segretario in imbarazzo e a una persona che ritengo intellettualmente onesta: non vi siete accorti che quel centro verso cui tendete la pargoletta mano è in realtà nient’alto che espressione della destra oligarchica locale, alleata con gli interessi di altri Paesi e con le ricette del finanzcapistalismo? Ciò che poteva tatticamente funzionare per far cadere Berlusconi oggi rischia di far cadere politicamente il Paese conservandone i vizi, ma a vantaggio di poteri esterni, altro che salvarlo.
Non sappiamo che fine farà il protagonista del romanzo di Fallada, oppresso dal sentimento del fallimento, distrutto dalle politiche di rigore del primo ministro Brüning, un tecnico dell’economia, un cattolico di destra senza una vera maggioranza, imposto dal presidente Hindenburg sotto la pressione di Francia e Inghilterra (ricorda qualcosa?). Ma non rimarrà a guardare e ad aspettare un’improbabile salvezza dalla propria condizione: scenderà in piazza e farà scoppiare l’incendio.