Mi vengono in mente questi pensieri guardando i video di Osama bin Laden ritrovati nel suo bunker pakistano.
Sono certo che qualcuno, a proposito di questa immagine da voyeur pantofolaio del capo di al-Qaida, userà per l'ennesima volta l'espressione banalità del male. Nata quasi per caso, questa espressione di Hannah Arendt ha avuto fin troppa fortuna, trasformandosi in ciò che Arendt più di tutto temeva: in luogo comune, in cliché vuoto.
A questo proposito, sarebbe anche un'espressione sbagliata. Bin Laden non è stato il grigio funzionario di una macchina mortifera, ma il suo ideologo e capo. Egli è stato un grande malvagio - e mi servo dell'aggettivo senza alcuno scopo apologetico - nel senso che ha scientemente voluto compiere il male, usare la violenza e la paura come armi politiche e religiose. Forse è stato questo che ci ha più di tutto spaventato: dopo un secolo che ci aveva abituato all'immagine degli Eichmann in giacca e cravatta (ne abbiamo avuti ancora: perché, che cosa sono i Madoff di ogni paese?), ecco tornare in primo piano un cattivo più "classico". Anche in questo bin Laden è stato un restauratore - per quanto in una realtà ampia, non chiaramente definita territorialmente, come è stato il terrorismo islamista di cui si era fatto primattore. Altrettanto "classiche" sono state le risposte escogitate per contrapporvisi: guerre calde, tortura, sospensione dei diritti. Sulla loro efficacia lascio a voi il giudizio.
Quel che mi interessava dire qui, è che sì, bin Laden non è stato un esempio di banalità del male. Ciò non toglie che non sia stato nemmeno un demonio. Bin Laden è stato un essere umano. Ed è questo quello che ci inquieta nel tanto di inumano che egli ha rappresentato: che esso sia stato, che esso continui ad essere, lato dell'umano. E dunque sempre possibile, drammaticamente vicino a ciascuno di noi. Mi vengono in mente questi pensieri guardando i video di Osama bin Laden ritrovati nel suo bunker pakistano.
Voglio dire: guardando il capo di al-Qaida che guarda i propri video, come una Norma Desmond, o, più semplicemente, come un inserzionista scemo di the Club. Come un "morto di fama", come un perdente di successo, come un ex bambino prodigio concorrente di quiz. Come Hitler, che chiuso nel suo bunker, fantasticava spostando sulle mappe eserciti che non c'erano più, progettando con Speer palazzi che non avrebbero mai costruito. Dei patetici umani, alla fine.
E avanti a loro, tremava tutto il mondo.