Ho sempre rinunciato ad infierire, mi sono sempre limitato a definirla una cazzata, una delle tante che Marco Pannella produce a getto continuo, confidando nel fatto che di tanto in tanto, fra tante, una finisca per rivelarsi profetica, facendo dimenticare le altre. Quella di un Papa Ratzinger riformatore ha guadagnato il titolo di cazzata indimenticabile, ma oggi Marco Pannella la rammenta in altro modo. Dice di aver detto: «Da una personalità così complessa come questa ci si potrebbe aspettare pure l’inaspettabile». Quasi la stessa cosa? Sia, ma allora perché incazzarsi?Marco Pannella, infatti, s’incazza. Ne è prova evidente il fatto che dice di non ricordare nemmeno più il mio nome, mezzuccio che in sede polemica avrebbe il fine di svalutare l’avversario: espediente al quale solitamente si ricorre quando non si hanno validi argomenti.
Mi compiaccio, mi compiaccio, ma perché incazzarsi adesso, visto che l’ultima volta che gli ho rinfacciato quella cazzata è stato più di due anni fa?
È presto detto: oggi Benedetto XVI ha fatto visita ai detenuti di Rebibbia e la visita è stata un successone mediatico. Ancora una volta, come per la lotta contro la fame, come per la moratoria sulla pena di morte, il Vaticano arriva in coda agli strepiti di Marco Pannella, lo supera, lo impalla e gli opaca i meriti: adesso, se davvero ci fosse un’amnistia – ovviamente si fa per dire – si direbbe che è stato grazie al Papa, a quel Papa che ha fermamente escluso che le donne possano essere ammesse al sacerdozio, che al dialogo interreligioso ha fatto bene quanto la benzina sul fuoco e che di un Concilio Vaticano III ha espressamente detto non esserci alcun bisogno.
Puttana Eva, quel 18 aprile di sei anni fa Marco Pannella dimenticò di sparare la cazzata che oggi sarebbe stata profetica: non disse che Papa Ratzinger si sarebbe speso contro il sovraffollamento nelle carceri italiane. Ci sarebbe da rosicchiarsi il fegato, ad averne due etti per riconoscere i propri errori. Non è il caso di Marco Pannella, che dice di non avere alcuna voglia di polemizzare con me, di non ricordare neppure più il mio nome, ma soffre – “appunto” – per una cosuccia che gli ho rinfacciato non meno di due anni fa. E che palle!
Postilla Dimenticavo la cosa più importante: il ruttino di mio figlio è stato bellissimo.