mondo, e che esistono cose alle quali mi devo dedicare al di là del quotidiano e che al quotidiano
conferiscono la sua ragion d’essere; la sensazione che il mondo, in qualche modo, vuole che io
esista, la sensazione che ciascuno è responsabile di fronte a un’immagine innata, i cui contorni va
riempiendo nella propria biografia.
James Hilman (Il codice dell'anima, 1998) invita alla "redenzione" la
psicologia contemporanea, colpevole di trascurare la visione "romantica"
dell'essere in cui convivono bellezza, mistero, estasi, esperienze
straordinarie, vocazioni improvvise e inesorabile destino.
Anche la neuroscienza riconosce all'io autobiografico (il temperamento)
il merito di ricostruire un senso alla vita, di ricercare un significato
unitario alle esperienze e individuare i segni di quella "vocazione" che
porta a compimento "l'immagine di nascita", il daimon, artefice del
destino dell'anima, in cui si ricompone quell'unicità "che chiede di
essere vissuta e che è già presente prima di poter essere vissuta."
Viviamo immersi in un mito assurdo, quello
"americano/capitalistico/liberale/consumistico", che non appartiene al
nostro dna mediterraneo.
Ancora molti invidiano l'uomo- eroe che si è fatto da sé, che si è
ritagliato il destino da solo con volontà incrollabile.
A questo mito si è adeguata la psicologia accademica, scientista e
teraupeutica che continua imperterrita a "spronare" l'io- centauro a
cercare dentro di sé le redini per controllare il carro e dirigerlo
verso il sole (lo Zenit), incapace di delineare e far emergere il senso
della vocazione,
Eppure il mito di Ur, descritto da Platone (Repubblica), riverbera
immortale da secoli dentro di noi, nascosto nelle favole, nelle trame
del cinema, nelle liriche della poesia, nelle immagini dell'arte e nei
capricci dei bambini quando emerge imperiosa e urgente la volontà di
manifestarsi e di fare ciò che si desidera di più.
"Prima della nascita, l'anima di ciascuno di noi sceglie una immagine o
un disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci
guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia è il
daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del
disegno prescelto, è lui il portatore del nostro destino.".
Le favole del periodo barocco sono il veicolo privilegiato dalla
psicologia umanistica per trasmettere l'energia del mito.
Il mito ha un profondo impatto nella coscienza individuale e collettiva
(vedi gli effetti nefasti del mito americano sulla decadenza dello
spirito). Platone racconta quel mito affinché non dimentichiamo, poiché
salvando il mito (questo tipo di mito) potremo salvare noi stessi e
prosperare.
Il mito , insomma, svolge una funzione psicologica di redenzione, e una
psicologia derivata dal mito può ispirare una vita fondata su di essa.
E' possibile una diversa "formazione dell'io" fondata sul mito, sulle
favole, sul cinema, sui romanzi e sull'arte?
E' possibile avventurarci fuori di riti generati dalla religione
cattolica e dai rituali moderni per riscoprire nella selva (il
subconscio), nel bosco (l'inconscio) e nelle foreste magiche
(l'iperconscio) i semi di una rinnovata consapevolezza del ruolo
decisivo del Daimon (temperamento, vocazione, destino) nel modellare le
decisioni, le scelte e le non scelte dell'individuo?
nel vento?
La favola della " Bella Addormentata" descrive lo stato millenario di
assopimento della coscienza individuale e collettiva rispetto alle
verità annunciate dall'immagine di nascita.
Una bellissima bambina nasce nella corte del Re e subito vengono
convocate le fate madrine: Temperamento/Bellezza , la
Vocazione/Ricchezza e il Destino/Felicità
Purtroppo la terza madrina viene dimenticata e la maledizione cade sul
futuro della Principessa.
Punta da un fuso all'età di quindicianni (metafora di un lavoro
autobiografico che improvvisamente si interrompe nella giovinezza)
l'anima si addormenta per diciannove anni (il ciclo dei nodi lunari), il
tempo necessario per conquistare la sicurezza materiale, ma non la
felicità evocata dall'immagine frantumata nello specchio.
La crisi dell'anima è un sonno profondo che coinvolge tutti gli "agenti
della consapevolezza" (gli abitanti del castello rappresentano le
qualità dell'intelligenza, della sensibilità, della ragione, ecc).
Trascorso questo periodo di letargo il Daimon, nelle vesti del principe
azzurro, si riaffaccia alle porte della torre e bacia per tre volte la
Bella Addormentata.
Il primo bacio risveglia l'anima alle qualità evolutive del temperamento
spirituale (l'animus del Gatto degli stivali). Il secondo bacio rivela i
segni della vocazione creativa (Cenerentola), mentre il terzo,
rimuovendo il velenoso "mito" fondato sull'eliminazione razionale di
tutti gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione della "Bellezza
e della Ricchezza" (le matrigne cattive), trasforma i sette omuncoli (i
sette nani), metafora dei semi di consapevolezza che l'anima incontra
nelle opere generate dall'incoscio collettivo (il bosco), in una chiara
comprensione del proprio destino (Biancaneve).
Dalle favole si impara una tecnica che gli artisti del Rinascimento
fecero propria: l'immaginazione creativa posta al servizo dell'anima ha
il potere di risvegliare la coscienza dal sonno dell'omologazione.
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