È difficile sul serio

Da Marcofre

Il mondo è pieno di persone che lavorano duro per arrivare da qualche parte, o per salire nella scala sociale verso posizioni più favorevoli. Che poi ci riescano è un altro paio di maniche.

Chi scrive con una sana ambizione, ben presto intuisce che ha delle ottime possibilità di non arrivare da nessuna parte. Certi numeri e successi che si leggono in giro sono amplificati ad arte, per illudere e abbagliare. Se si ama la scrittura, si SA che quello è un appuntamento che si mancherà alla grande.

Non è che si cerchi l’insuccesso. Però parliamoci chiaro. A me (e non solo a me credo), è capitato di stare un paio d’ore su una frase. Lo riscrivo: su una frase. Spostavo questo, cancellavo quello, poi modificavo quell’altro. Lo leggevo ad alta voce. Forse è meglio usare un altro sostantivo, un diverso verbo: leggiamo il dizionario e studiamoci bene l’etimologia…

C’era qualcosa che mi sfuggiva e io dovevo inseguirlo e acchiapparlo. Poi alla fine scoprirò di aver fallito miseramente, che faceva acqua comunque… Però una domanda si presenta sempre con un sorriso cattivo:
Chi te lo fa fare?

Il pubblico?
Quale?

Io non ho nessun pubblico, a parte le persone che leggono questi post. Lo avrò? Boh! Può anche darsi che uscendo di casa, finisca sotto un tram (non ci sono tram da queste parti, state tranquilli). E quel paio di ore su una frase, quale scopo avranno avuto? Nessuno. A parte la mia volontà di confezionare qualcosa di valore, tutto finirà dissolto come il fumo di un falò. Perché potrebbe NON avere alcun valore, certo.

Questa tiritera per spiegare che occorre una determinazione da pazzi per scrivere.

Senti la pressione dell’ambiente esterno che ti sussurra: “Ma che stai facendo?”.
Vedi “autori” della domenica pomeriggio che arrivano al consenso con una facilità oscena. Dappertutto gente che scrive romanzi in un mese, che si definisce scrittore come se fosse un titolo nobiliare davanti al quale inchinarsi.

E tu stai due ore su una frase? Su una frase che i lettori liquideranno con un’alzata di spalle, e lo stesso faranno gli editori? E infine pensi che pure gli incoraggiamenti ricevuti, sono frutto di un equivoco. Perché la porta alla quale bussi e non si apre, non lo fa per cattiveria; bensì con ragione. Non hai talento, non hai niente.

Sì, usi il congiuntivo. Eviti le ripetizioni. Ma quella non è una storia, quella è una pappetta che in un qualunque ospizio della Penisola rischierebbe di essere scagliata contro il muro da qualche ospite ancora in gamba e lucido.

La conclusione? Vuoi pure la conclusione?