E dopo?

Creato il 08 gennaio 2013 da Rightrugby
La vicenda del sudafricano temporaneamente adottato inglese Hendre Fourie sta tenendo banco: 33 anni, tagliato da Sale per un infortunio alla spalla che gli ha chiuso la carriera, l'ormai ex terza linea ha perso anche il permesso di soggiorno per restare sul suolo britannico, con otto cap nel curriculum sportivo per l'Inghilterra. Deve abbandonare l'isola, secondo ciò che è previsto dalla legge. Fourie ha dichiarato di voler ripagare lo stato "per tutto ciò che ho ricevuto qui. Ho una laurea in insegnamento e quindi volevo magari insegnare ai ragazzi nelle scuole, restituire qualcosa. Questo era il mio piano". Alla fine di novembre il UK Border Agency ha spulciato la lista dei giocatori stranieri tesserati con gli Sharks, ha notato che il contratto tra Fourie e il club stava per chiudersi, concedendogli sessanta giorni di tempo per rimediare e nel mentre il suo permesso sarebbe scaduto e quindi si sarebbe trovato obbligato a lasciare la Gran Bretagna: i terroristi - titola oggi il tabloid Daily Mail - ricevono un trattamento migliore! (gli inglesi sono la pignoleria in persona, specie di fronte ad uno straniero - metti che sia latino o di un'ex colonia, non li ferma più nessuno, se sono predicatori islamici che inneggiano alla guerra santa invece si preoccupano di non turbare la quiete delle folte comunità arabe - dopo gli attentati del luglio 2005, il termine Londonistan serviva ad indicare i sobborghi della capitale dove la concentrazione era ancor più notevole e da qui sobborghi provenivano i kamikaze che si fecero saltare in metro e sui bus. Quanto al primo punto, basta capitare a Calais, nei panni di group leader di ragazzi in vacanza studio, mettersi in fila alla dogana per quindi salire sul traghetto: si avvicina l'officer, chiede i documenti al group leader, scompare con la carta d'identità in mano e intanto gli studenti sul pulmino vengono chiamati al desk di controllo e all'accompagnatore tocca ricercare l'agente per il porto per avere indietro i propri documenti e non perdere d'occhio i ragazzi. I documenti sono ovviamente in regola, ma un'altra fila di mezz'ora al desk non è negata a nessuno). 
Al di là della parentesi, la notizia interessante nella vicenda Fourie è che il sudafricano aveva un piano B, almeno dal lato teorico: fare l'insegnante dopo il forzato ritiro. In questi giorni hanno annunciato l'addio al rugby anche l'estremo gallese Morgan Stoddart (28 anni), sempre a causa di un infortunio al quale non si è riusciti porre rimedio. Succede spesso, di assistere a ritiri forzati e prima del dovuto: la danza è sport di contatto, mica il rugby, lì è collisione (Francois Pienaar dixit). Data comunicazione, cala il silenzio e affiorano i problemi. 
Diverse ricerche hanno tentato di far luce sul post e vengono riprese dalle associazioni dei giocatori. Nell'ottobre 2011 ad esempio la New Zealand Rugby Players Association ha monitorato 123 casi, metà dei quali riguardavano ex All Blacks. Molti di loro hanno dovuto fare i conti con abuso di alcol e altre sostanze, aggressioni e problemi con la legge all'interno della vita di coppia. Un terzo di chi si ritira forzatamente dalla palla ovale affronta difficoltà economiche e parecchi attraversano una fase di depressione: il loro status sociale è cambiato, smarriscono l'identità pubblica che li ha caratterizzati e subentrano ansia e stress. 

Senza dubbio incide l'aspetto finanziario, per lo più applicato all'epoca del professionismo: dai contratti che assicurano entrate al non pensare a cosa potrebbe accadere nell'eventualità in cui gli affari (la carriera) andassero male. In un'isola ad alto tasso rugbistico come la Nuova Zelanda, dei molteplici effetti se n'è occupato direttamente Steve Tew, il chief executive della federazione. E tanto Down Under quanto alle latitudini boreali le federazioni stesse preventivano corsi e sostegni per gli atleti obbligati al forfait.  

In Irlanda hanno calcolato che il 41% dei rugbisti è destinato al ritiro per infortuni e l'ex prima linea Bernard Jackman ha raccontato l'esperienza dal suo punto di vista, di un ex internazionale e di professionista ad alti livelli, ricordando un aspetto che potrebbe sfuggire facilmente: si entra in accademia a 18 anni, si abbandona l'attività mediamente attorno ai 31 e quei 13 anni passati da professionisti non svaniscono in un batter d'occhio. Confronto diretto, con un altro sport di collisione come il football americano: l'80% tra chi è uscito di scena è passato per bancarotta o comunque difficoltà economiche e divorzi nell'arco di due anni dal ritiro, mentre tra i cestisti il tempo medio è di cinque anni (dati raccolti dalla rivista Sport Illustrated nel 2009). 
"Retirement for a pro rugby player represents a major change in lifestyle and going from hero to zero", è il riassunto di Jackman. Incassare il colpo non è facile e c'è chi è bravo e chi no. E un conto è farlo avendo onorato appieno la carriera, finché è stato possibile, un altro essere costretti a salutare il lavoro che tanto piaceva perché il fisico non ha retto. 

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