È giunta l’ora

Da Scribacchina

E così, dopo quasi vent’anni di latitanza, stasera tornerò su un palco.
In realtà il ghiaccio l’ho già rotto due settimane fa: un cameo bassistico in uno spettacolo di cantanti. Situazione protetta e simpatica, tutto sommato, nonostante l’attrito tra quei brani pop trasudanti melodia facile e il mio solo di fretless, che già sapevo nessuno dei presenti avrebbe capito.
Quello di stasera invece sarà un live di poco meno di due ore insieme ai compari di band. Il primo della serie.
A dar retta alle voci, sembra ci sarà tanta gente.

Mi sento un po’ ridicola ad ammettere che sono felice, felicissima.
Di più: elettrizzata. Un po’ come se fossi una scolaretta in gita, con un grandissimo sorriso in viso che non riesco e non voglio nascondere.

Porterò con me l’inseparabile basso nero, quello che a novembre stava per abbandonarmi: evidentemente aveva tanta sete di musica quanta ne ho io, visto che è ancora vivo e vegeto.
Porterò anche l’ultimo arrivato, il fretless, preso la scorsa estate nel periodo dei saldi (ognuno fa shopping alla sua maniera, cari miei…).

La scelta del fretless c’entra sì e no con Jaco.
E’ una passione nata tempo fa ascoltando jazz e sognando di suonare un contrabbasso: questo strumento grande, rassicurante, che per poterlo suonare devi metterci tanta fisicità.
Devi abbracciarlo per farlo cantare.
Devi entrare in simbiosi col manico senza tasti, come un pittore entra in simbiosi con la tela vergine. Come uno scrittore entra in simbiosi con la pagina bianca, spazio senza limiti dove è possibile scrivere tutto, tutto. Puoi usare un inchiostro drammaticamente nero, o serenamente azzurro.
O passionalmente rosso.

Comunque.
Consapevole che il contrabbasso sarebbe rimasto un sogno nel cassetto, ho puntato lo sguardo sul fretless, ideale punto d’incontro tra basso elettrico e contrabbasso.
Non è uno strumento facile, arrivando dal basso tradizionale: o si odia, o si ama.

Perché lo porto stasera?
Perché ormai credo di amarlo, come si ama qualcuno che è in grado di farti stare bene. Che ti aiuta a tirare fuori il meglio di te, anche se in maniera sofferta e talvolta un po’ goffa.
Lo porto perché col fretless posso testare i miei limiti, musicali e umani.

Se poi quello che suonerò stasera non è propriamente quello che vorrei fare, poco importa: c’è tempo per migliorarsi e per cambiare.

E pensare che se due anni fa non ci fossero stati questi signori con la loro versione di Smooth Criminal, probabilmente stasera sarei altrove, in posti meno colorati.
È straordinaria, la Musica.
Straordinaria.


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