Non è una giostra di quelle del Luna Park, con il gestore che incita i ragazzini a infilare il gettone nella macchinetta a forma di lampada di Aladino o del Re Leone per avere diritto al giro successivo. Oddio, in comune con quel tipo di attrazione c’è il fattore itinerante. I baracconi girano di città in città, le automobili come quella da cui proviene tutto questo frastuono incarnano per loro natura il concetto del movimento. Ironia della sorte, il proprietario del veicolo fermo sta seduto dietro al volante con la stessa espressione che avevano i figli degli autoscontri e dei calcinculo che trascorrevano qualche settimana nelle scuole delle città in cui stanziavano temporaneamente. Ogni anno, e ogni volta erano bambini diversi, le maestre li piazzavano nel banco a fianco dei più asini della classe, quelli vicino ai quali non voleva stare nessuno, e trascorrevano lì il loro tempo proprio con quella stessa faccia, come se per imparare qualcosa bastasse respirare le particelle di sapere emesse da cartine geografiche appese, lavagne e gessetti consunti, becher e calchi in gesso di organi vitali e costosa cancelleria profumata lasciata intonsa negli astucci a più scomparti dei primi della classe.
Sicuramente è una magra consolazione, ma l’uomo che ha attirato la mia attenzione su una berlina aziendale scura e tirata a lucido probabilmente ha avuto una scolarizzazione più accurata ma ora non sa che farsene. La variante dell’uomo di affari, una specie di spin off genetico che si sta sviluppando grazie ai prodigi della tecnologia, è quella del commerciale dotato di telefono che si collega in modo miracoloso con l’impianto hi-fi dell’automobile, che è una figata perché puoi chiamare e ricevere telefonate senza nemmeno usare l’auricolare, che già ci fa sembrare abbastanza sciocchi con tutto il nostro parlare da soli a un interlocutore invisibile al prossimo. Li avrete visti pure voi, anzi sentiti. Perché spesso il volume delle conversazioni è sparato a mille con tutti i bassi che sono stati pensati per valorizzare gli armonici gravi dei conduttori degli zoo di centocinque e altre varie subumanità della radio commerciale. E spesso capita che comunque, per sostenere un confronto particolarmente complesso, sia meglio accostare per via di quella cosa che fare più attività simultaneamente è una condizione entropica al quale un maschio di razza caucasica forte di studi tecnico-ingegneristici prestati al settore vendite è tutt’altro che uso.
Il risultato dell’auto ferma con il proprietario che si dilunga a parlare e ascoltare con un sistema creato per le conference call itineranti è così un effetto proprio da attrazione ludica, con l’aggravante che la voce non amplificata si percepisce a malapena, di contro quella diffusa nell’abitacolo diventa di dominio pubblico. Tanto che se ne colgono i particolari, anzi, potrei riportarla qui per filo e per segno se non di trattasse di un cazziatone di dimensioni cosmiche, un possibile preludio a un licenziamento o almeno l’inizio di una profonda crepa professionale.
Non posso non condividere la straordinarietà del momento con le persone che, come me, sono ferme al semaforo e in attesa del verde sono state involontarie testimoni dell’ennesimo dramma professionale inasprito dalla tecnologia, che impietosa espande acriticamente ogni emozione, quelle belle e quelle brutte che invece dovrebbero essere messe a tacere, nascoste dalla vergogna. Prima ci guardiamo come se condividessimo la pena altrui, poi li osservo meglio e ritraggo tutta la mia empatia. Uno sfoggia abiti volutamente finto-trascurati, come se puntasse tutta la sua capacità di rassicurare il prossimo sul celebre logo con le sembianze di coccodrillo del borsello che indossa a tracolla. Troppo poco, penso tra me, per trasmettere opulenza al prossimo. L’impressione dell’insieme arriva già profondamente compromessa all’accessorio e a nulla serve l’ostentazione di una marca che comunemente si associa all’agiatezza economica. Dall’altra parte vedo una splendida ragazza, di quelle così belle che tengono gli occhi bassi per non pesare emotivamente su tutto il mondo che le osserva in parte con l’invidia e in parte con la brama di possesso. Infine quello che sembra più colpito dal fatto che qualcuno debba per forza sostare in un parcheggio per taxi con le quattro frecce a far conoscere i cazzi propri a tutto volume con quel sistema bluetooth. Ha una specie di smanicato a trapunta sopra un completo blu primaverile e, appena viene il verde, si lancia per attraversare la strada sputando a terra.